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Migranti, genitori disoccupati? I figli non giocano a calcio

Succede all'Afro-Napoli United, formazione di Prima categoria campana formata da giocatori napoletani e africani.

Pubblicato:30-09-2015 12:24
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:35

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calcioI genitori sono disoccupati? I figli non possono giocare a calcio. Succede all’Afro-Napoli United, formazione di Prima categoria campana formata da giocatori napoletani e africani. A guidarle è l’appassionato presidente e fondatore Antonio Gargiulo, promotore di questo che è un vero e proprio progetto di integrazione.

La prima squadra da quest’anno è iscritta in Prima categoria, un successo dopo circa 6 anni di attività. Ma, sempre quest’anno, la possibilità di avere giovanissimi ha consentito alla società di creare una squadra giovanile, iscritta alla Juniores regionale.

“Ma ci hanno chiesto una documentazione numerosa e particolare- racconta a Diregiovani.it il presidente Gargiulo- Ci hanno chiesto il permesso di soggiorno del minore e lo stato di famiglia. E non solo, anche il certificato di residenza e il permesso di soggiorno dei genitori. E hanno voluto anche lo stato del lavoro dei genitori in Italia. La Questura ha già accertato la regolarità della loro posizione, non capisco perché si voglia la certificazione“.


calcioQuesta richiesta ha tenuto fuori 4 dei ragazzi che avrebbero invece dovuto giocare in Juniores: “Se i genitori sono disoccupati o comunque non hanno più un lavoro, non possono essere tesserati per la Figc“. La richiesta è stata inoltrata alla Lnd della Campania: “Dalla Federazione ci hanno risposto che è una direttiva Fifa. Ma, mi chiedo- sottolinea Gargiulo- dicono no al razzismo e poi fanno queste cose?”.

Il problema non riguarda solo chi ha i genitori senza lavoro: “Anche per coloro i cui genitori dovessero averlo un impiego, ora servirebbero altre carte, altro tempo da perderci.

All’Afro-Napoli i 4 ragazzi che sono rimasti fuori hanno in media 16-17 anni. “Abbiamo la possibilità – conclude il presidente – di tesserare altri 7 giovani, hanno 18 anni e per loro non dobbiamo richiedere lo stato lavorativo dei genitori. Ma per noi se anche uno rimane fuori è una sconfitta”.

di Adriano Gasperetti – giornalista professionista

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