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Il giorno dei funerali di Pietro Ingrao

All'arrivo la piazza aveva intonato per Ingrao Bandiera rossa

Pubblicato:30-09-2015 11:44
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:35

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ROMA –  Al termine della cerimonia funebre per Pietro Ingrao il musicista Ambrogio Sparagna ha suonato e cantato ‘Bella ciao’ e ‘Amara terra mia’. Esperto di musica popolare e direttore dell’Orchestra della Taranta, Sparagna era amico di Ingrao. Alle note di Bella ciao, tutte le autorita’ presenti si sono alzate in piedi, compresi i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e il presidente del consiglio Matteo Renzi.

Il feretro di Pietro Ingrao ha lasciato piazza Montecitorio accompagnato dagli applausi e dai pugni chiusi della piazza che ha intonato ‘L’Internazionale’.


Il feretro di Pietro Ingrao era arrivato questa mattina in piazza Montecitorio per i funerali di Stato dove è stato accolto da centinaia di persone che hanno intonato ‘Bandiera rossa’.

IL RICORDO DI SCOLA: IL SUO ‘NO’ PER I FIGLI DEI CONTADINI – Pietro Ingrao ed Ettore Scola. “Ero innamorato di lui”, spiega il regista nel personale ricordo al funerale in piazza Montecitorio. Scola torna con la memoria alla sua gioventu’: “All’epoca del liceo, tra i capi della sinistra Ingrao era quello che sentivo più vicino, un po’ perche’ era di soli 15 anni più grande, e poi perche’ era meridionale come me e come lui io sarei stato uno svogliato studente di giurisprudenza. Ingrao lo conoscevo allora per gli scritti e la passione per il cinema. Poi venne la politica. Il sentimento che mi legò da allora a lui e’ stato l’innamoramento. E ho scoperto con gli anni che era un sentimento tanto diffuso”, dice il regista. Scola ricorda un comizio del 1979, ad Avellino. “Accompagnai Ingrao per la campagna elettorale delle europee di Bassolino, in Irpinia, la mia terra”. Al comizio la piazza era gremita da un paio di migliaia di conterrani. Dietro il viale dei Platani traboccava di gente che non aveva trovato posto. “Ingrao parlo’ di solitudine, fatica, umiliazione. Immagino’ il contadino che tornava dai campi tenendo per mano il figlio piccolo”. Per strada padre e figlio incontrano il padrone che rincasa a cavallo. Il padre si toglie la coppola e anche il piccolo sta per scoprirsi il capo. “‘No'”. A quel punto nella piazza “echeggio’ il ‘no’ gridato da Ingrao. ‘Tu'”, disse Ingrao, “non dovrai chinarti davanti al padrone perché tuo padre lotta per il tuo diritto alla dignità del lavoro’. Ricordo quelle parole e quei volti- dice oggi Scola- che lo ascoltavano piangendo”. Il regista conclude: “In quel momento capi’ perche’ Ingrao aveva rinunciato ad essere poeta, cineasta e scrittore. Quel bambino con la coppola glielo aveva impedito. Lo aveva portato verso un’altra poesia. La politica. E oggi siamo allegri per questa bella giornata di festa”.

(La cronaca dettagliata della giornata nel notiziario DIRE in abbonamento)

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