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Migranti, Forenza: “Quattro ore per entrare in hotspot, Viminale spieghi”

Eleonora Forenza di Potere al popolo presenterà una richiesta scritta al Viminale

Pubblicato:30-08-2018 16:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:30

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Eleonora Forenza

ROMA – “Una situazione kafkiana” quella che stamani Eleonora Forenza, eurodeputata di Potere al popolo, e membro del gruppo Sinistra unitaria europea – Sinistra verde nordica (Gue/Ngl), avrebbe vissuto all’hotspot di Messina, dove per quattro ore le è stato impedito di incontrare i migranti. Poi, lo shock delle loro storie, che confermano mesi di inchieste e denunce di torture e soprusi nei centri di detenzione in Libia. All’agenzia ‘Dire’ Forenza ricostruisce l’accaduto: “Per quattro ore mi è stato impedito di svolgere le mie prerogative parlamentari – tra cui rientra la garanzia di visita ispettiva anche senza preavviso nelle strutture statali, tra cui anche in carcere, nei reparti del 41 bis – Qui invece ho trovato una situazione kafkiana, con la prefettura che ha negato l’accesso prima ai miei accompagnatori (un avvocato e un mediatore) e poi a me, chiedendo l’autorizzazione del ministero dell’Interno”.

“Ho ascoltato storie terrificanti”

All’hotspot di Messina, l’intenzione era l’incontro con alcuni dei migranti – per lo più eritrei – arrivati qui dopo essere rimasti bloccati in mare per giorni sulla nave della Guardia costiera italiana Diciotti. Dopo ore di attesa, alle 13.30 si aprono i cancelli dell’hotspot. “Lì ho ascoltato storie terrificanti” dice l’europarlamentare.

“Un ragazzo, mentre era prigioniero in Libia, è stato picchiato con un tubo, mentre era tenuto appeso per i piedi. Intanto, i torturatori facevano ascoltare le sue grida ai familiari per telefono, per estorcere loro 5mila dollari. Altre persone hanno riferito di essere state riportate in Libia dalla Guardia costiera libica e che 37 di loro sono state vendute nel porto di Al-Khoms (circa 100 chilometri a est di Tripoli, ndr). Altri per un anno non hanno potuto lavarsi né cambiarsi i vestiti”.


“Molti migranti vogliono essere parte civile nel processo contro Salvini”

La cosa che ha più colpito Forenza “è la grande preoccupazione che queste persone nutrono nei confronti di chi è rimasto in Libia: primo, per gli scontri tra milizie in corso a Tripoli. Secondo, vorrebbero che a nessun altro capiti di essere tenuto sotto sequestro” a bordo di una nave nel Mediterraneo. Per questo “molti di loro hanno deciso di costituirsi parte civile nel processo contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini. A tale proposito, mi hanno domandato come sia potuto accadere. E’ stato difficile per me rispondere, ecco perché sono convinta che questo interrogativo debba rimanere vivo nell’opinione pubblica italiana”.

“Chiederemo un pronunciamento del Viminale”

Quindi l’eurodeputata elenca le azioni che intende portare avanti: “Presenteremo una richiesta scritta al ministero degli Interni. Non è possibile limitare le prerogative dei parlamentari, ecco perché chiederemo che ci sia un pronunciamento del Viminale. O gli hotspot sono in un vuoto normativo, su cui la prefettura è libera di intervenire, o invece la normativa esiste e va osservata. Abbiamo poi contattato gli avvocati di Asgi e LasciateCientrare, che si sono messi a disposizione per aiutare i migranti a costituirsi parte civile nel processo a carico di Salvini, e anche per fornire loro le informazioni necessarie affinché siano consapevoli dei loro diritti, tra cui quello di restare sul suolo europeo, e di non essere deportati in Albania”.

Infine, in sede europea, annuncia Forenza, “continueremo a chiedere il superamento del Regolamento di Dublino, che si è dimostrato inefficace. Quindi lavoreremo per l’istituzione di corridoi umanitari in Europa, e che sia reso effettivo il meccanismo di redistribuzione”.

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