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Regione. Bonaccini spalanca le porte ai privati, pure in sanità

E' la svolta (una vera rivoluzione per l'Emilia-Romagna) che ha in cantiere la nuova Giunta regionale

Pubblicato:12-02-2015 17:01
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:06

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S. Bonaccini

S. Bonaccini

BOLOGNA – Porte spalancate al privato non solo nella gestione dei servizi sociali, ma anche in sanità. E’ la svolta (una vera rivoluzione per l’Emilia-Romagna) che ha in cantiere la nuova Giunta regionale, guidata dal presidente Stefano Bonaccini. “Bisogna arrivare a un pubblico che controlla di più e un privato che gestisce di più- è la sintesi del governatore- dobbiamo andare oltre le ideologie”. E la sua vice, Elisabetta Gualmini, aggiunge: “Il welfare si sostiene solo col privato, lo dico da 15 anni. Senza il privato si muore, quindi è una via obbligata”. Ma la vera novità riguarderebbe la sanità, dove “una vera integrazione del privato non c’è mai stata- sottolinea l’assessore regionale Sergio Venturi- siamo fermi a 30 anni fa”. Anzi, finora il privato “ha sempre avuto una funzione ancillare” rispetto al pubblico, occupandosi di “servizi non di pregio, come la lungodegenza”, o di “servizi alberghieri nelle strutture sanitarie”. Ora invece è tempo di cambiare, prepara il terreno Venturi, di “definire un nuovo patto con tutti gli attori coinvolti”, cercando di “capire dove il privato si può inserire” e studiando “forme di integrazione”. Venturi pensa ad esempio all’ipotesi di spingere i medici di famiglia verso “forme associative, come gli avvocati. Ma siamo appena all’inizio, ci sono ancora tanti passi da fare”. Il primo, manda a dire l’assessore, è “superare pregiudizi e ideologie. Il presupposto ideologico ha fatto danni- sostiene Venturi- in passato ci sono state posizioni, anche del sindacato, che hanno reso difficile questo dibattito”. Di questo si è parlato questa mattina in Sala Borsa a Bologna, in un convegno sul ruolo del privato nel welfare organizzato da Unipol e Censis.

Bonaccini pensa in particolare al privato sociale, il no profit e la cooperazione sociale. Secondo il governatore, aprire la porta ai privati nei servizi sociali e sanitari “è la strada per garantire, da un lato, un’estensione dei servizi con una qualità controllata e, dall’altro, la creazione di nuovi posti di lavoro. Perchè il terzo settore può essere un punto di forza, anche per la ripresa economica”. Per questo, fa sapere Bonaccini, “entro pochi giorni convocherò il tavolo con le parti sociali, le Università e gli amministratori per scrivere entro l’estate il patto per il lavoro”. E a quel tavolo sarà chiamato a sedersi “anche il Forum del terzo settore”. In particolare, dal convegno di oggi è stata rilanciata l’idea di un fondo territoriale, pubblico-privato, che metta insieme i fondi delle istituzioni (Regione e Comuni) e le risorse integrative delle imprese per il welfare aziendale, previste dalla contrattazione di secondo livello. Un unico calderone, cioè, dove confluiscono tutte le risorse pubbliche e private in circolazione su servizi sociali e sanitari, dando a istituzioni e privati (in co-gestione) una più ampia possibilità di intervento. Regione e Comune di Bologna sono pronti. Il fondo, sostiene Venturi, “deve essere su base regionale. Faremmo una cosa originale, che nessuno ha ancora fatto in Italia. E’ un progetto che abbiamo inserito nel programma di mandato, superando anche qualche retropensiero: non è stato semplice scriverlo”. E aggiunge: “Chi ha buone idee le tiri fuori, siamo disperatamente alla ricerca di buone idee. E non pensate che la Regione sia in grado di risolvere tutti i problemi”.

Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, sposa con convinzione l’idea del fondo territoriale e propone la Città metropolitana come area dove iniziare a sperimentarlo. “Mi auguro che questo percorso si sblocchi rapidamente in Regione- afferma il sindaco- qui non stiamo mettendo in discussione l’impianto universalistico del sistema, ma discutiamo di come garantirlo”. Se il fondo nascerà davvero, avverte però Merola, allo stesso tempo occorre “aggiornare il sistema di accreditamento, per renderlo meno rigido e meno appiattito sul costo standard, per evitare un’omologazione al ribasso dei servizi”. D’accordo con l’idea del fondo territoriale anche il presidente di Legacoop, Giovanni Monti (“Ma la dimensione non può che essere quella regionale”), e il numero uno di Unipol, Pierluigi Stefanini. “Se si lavora insieme pubblico e privato, come è doveroso e necessario e come in parte questa regione sta facendo, è il modo intelligente per essere più efficienti, ridurre gli sprechi, che ci sono, ottimizzare la spesa e renderla più efficiente e più utile per i cittadini- sostiene Stefanini- in questo quadro, è possibile stimolare anche l’intervento privato delle imprese, dei lavoratori e delle assicurazioni per contribuire a rendere il sistema più efficiente e più in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini”. Del resto, aggiunge il presidente di Unipol, “uno sviluppo intelligente del welfare può essere motore” per la crescita del Paese. Di fondi integrativi al sistema sanitario ha parlato anche Fiammetta Fabris, direttore generale di UniSalute. E un’apertura è arrivata anche dal segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, Vincenzo Colla, dando però il via a una contrattazione a livello territoriale, non solo aziendale.


di Andrea Sangermano

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