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VIDEO | Vaccini, auto-richiamo pediatri: “Dobbiamo comunicare meglio”

"Se non siamo convincenti, facciamo correre rischi inutili": l'appello dal 75esimo congresso italiano di pediatria, dove si fa anche il punto sui casi di 'resistenza' all'obbligo nelle scuole dell'Emilia-Romagna

Pubblicato:30-05-2019 12:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:20

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BOLOGNA – I medici devono sforzarsi di comunicare meglio, anche sull’importanza dei vaccini. Questo risolverebbe almeno un pezzo del problema legato a chi rifiuta l’obbligo vaccinale. A sostenerlo sono sia i genitori dei bambini immunodepressi sia gli stessi pediatri. Un appello lanciato dal 75esimo congresso italiano di pediatria, in corso in questi giorni a Bologna. “Non tutti i medici sono capaci di comunicare bene- ammette Antonio Del Vecchio, membro del consiglio direttivo della Società italiana di pediatria e responsabile del polo materno-infantile di Bari, intervistato dall’agenzia Dire- sui vaccini tutti i pediatri sono d’accordo, ma dobbiamo migliorare la comunicazione. Se non siamo convincenti, facciamo correre rischi inutili. Il bambino non vaccinato è a rischio come quello immunodepresso”.

Secondo Del Vecchio, infatti, oltre alle malattie ‘classiche’ da cui ci si difende con il siero, ci sono anche “tante altre cose in agguato”. Ad esempio, spiega, “facciamo un uso incredibile di antibiotici e questo genera resistenza nei batteri, causando malattie che potrebbero essere evitate”. Allo stesso modo, richiama Del Vecchio, “è importante che anche le donne in gravidanza si vaccinino“, perchè “i neonati fino ai sei mesi di età non sono coperti” e per questo sono fondamentali “gli anticorpi materni”. Ma su questo “siamo ancora a un livello molto basso”, evidenzia il problema Del Vecchio.

Il pediatra loda quindi la legge sull’obbligo vaccinale. “Grazie a Dio è stata fatta- dice Del Vecchio- ne avevamo bisogno. Sono stati messi in imbarazzo i dirigenti scolastici, che devono dire ai bambini di non entrare a scuola e per loro è il momento peggiore. Ma ci è servito. Molti non si vaccinavano non per convinzione, ma per ignoranza, inerzia o a causa di falsi miti“.


Sulla stessa linea Francesca Testoni, responsabile di Ageop. “Ci sono persone che hanno pregiudizi sui vaccini- sottolinea nel corso del forum con la Dire- con cui non si troverà mai un punto di incontro. Mi è capitato di partecipare a incontri pubblici e per i free-vax ero io il loro interlocutore, perchè sono vista come laica. La comunità scientifica è ‘squalificata’ in partenza”. Proprio per questo, sostiene Testoni, “queste persone vanno obbligate, con sanzioni, altrimenti non si ottiene nulla“. Per chi invece “è in bilico, magari per paura, serve più comunicazione- aggiunge la responsabile di Ageop- e i dottori in questo hanno qualche problema”.

Testoni rimarca poi un altro tipo di problema sui vaccini. “La situazione non è omogenea sul territorio nazionale- afferma- serve una legge chiara e univoca per tutti. La politica deve essere strumento della scienza e non interpretarla, magari con opinioni fantasiose. E non si può demandare ai singoli istituti scolastici la responsabilità di una situazione che andrebbe gestita in modo uniforme e chiaro a livello nazionale”, manda a dire la responsabile di Ageop.

https://youtu.be/oJPKDgyWkpU

USR: IN EMILIA-R. POCHI ESCLUSI, MAI USATE FORZE ORDINE

In Emilia-Romagna “abbiamo accompagnato le situazioni con garbo” e oggi “sono poche decine i casi di esclusione” da scuola per il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale. A fare il punto della situazione è Stefano Versari, direttore dell’Ufficio scolastico regionale, intervistato dall’agenzia Dire nell’ambito del 75esimo congresso italiano di pediatria, in corso in questi giorni a Bologna. In Emilia-Romagna “abbiamo il 15% di alunni di origine straniera e di questi il 40% è di prima generazione- sottolinea Versari- quindi abbiamo la necessità prima di tutto di informare”. Poi c’è una “minoranza che ha le proprie convinzioni” sui vaccini, “ma che è tenuta comunque a rispettare le leggi”.

Infine, aggiunge Versari, “c’è una minima parte di persone che ha deciso di portare comunque i figli a scuola, nonostante siano stati esclusi. Noi però non chiamiamo le Forze dell’ordine“, assicura il direttore dell’Usr. In questi casi, spiega, “si notifica l’esclusione a casa e, se la famiglia accampa un diritto che non esiste, è nostra cura segnalare il caso al Tribunale dei minori. Non è bello arrivarci, ma la situazione è questa”. Del resto, allarga le braccia Versari, “quando la famiglia parte da un pregiudizio, non c’è niente da fare”.

Per spiegare meglio il concetto, il numero uno del ‘provveditorato’ fa questo esempio: “Abbiamo il caso di una scuola elementare, dove non è prevista l’esclusione, in cui per non fare incontrare due bambini non vaccinati con una bambina immunodepressa, questi tre alunni sono stati messi non solo in classi diverse, ma anche in corridoi diversi, con tempi diversi di entrata e uscita e per l’utilizzo della palestra. Capite che non si riesce a gestire un servizio scolastico in questo modo”. Versari non fatica ad ammettere che qualche grattacapo, a livello di gestione, la legge sull’obbligo vaccinale l’abbia dato. Ma, a maggior ragione, si augura che la norma non cambi.

“In Emilia-Romagna abbiamo un sistema già ben informatizzato- sottolinea il direttore dell’Usr- ma la norma ci ha creato comunque qualche difficoltà. L’anno in cui saremo davvero a regime sarà il 2019-2020”. La legge, afferma Versari, “ha portato qualche trauma ma è stata giusta, legittima e sacrosanta. Ora che ci siamo stabilizzati, restiamo così. Continui interventi potrebbero turbare il sistema”, che ora a quanto pare funziona. “La metodologia tiene- elenca Versari- i tempi vanno bene e tutti i Tar concordano sulla bontà della legge. Se poi qualcuno ritiene che non vada bene, può sempre ricorrere al giudice. Ma se fossi in loro non lo farei”, perchè tutte le sentenze riconoscono che “la legge è finalizzata all’interesse personale e collettivo“, rimarca il numero uno dell’Usr. Che poi aggiunge: “C’è un diffuso richiamo al principio di legalità, che però viene disconosciuto quando la legalità riguarda ambiti in cui non ci va bene”.

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