BOLOGNA – Per i fotografi, i fotoamatori e gli instagramers c’è tempo dall’1 al 30 settembre per partecipare alla quinta edizione di Wiki loves Monuments, “il più grande concorso fotografico digitale al mondo che valorizza attraverso il web i patrimoni artistico-culturali locali”, come segnala Apt Servizi Emilia-Romagna. Promosso da Wikipedia, tra i 10 siti attualmente più visitati al mondo, e coordinato da Wikimedia Italia, il concorso è aperto a cittadini e turisti che, chiamati a giocare il ruolo di fotoreporter, vogliono contribuire a documentare ricchezze culturali, storiche di un territorio specifico. Tutte le immagini in concorso diventeranno così patrimonio condivisibile, comune e universale grazie alla loro circolazione in rete con licenza di creative commons. Sono in tutto 680 i monumenti “liberati”, ovvero resi fotografabili quest’anno in tutta la regione.
L’Emilia-Romagna partecipa questa volta con l’adesione di 88 istituzioni tra Comuni (65), Province (due), Fondazioni (cinque), parrocchie e diocesi (cinque), istituzioni private tra cui musei, gallerie, castelli, associazioni e comunità (la lista completa è disponibile online). Dopo essersi aggiudicata l’edizione 2015 di Wiki Loves Monuments, con lo scatto di Casone Serilla realizzato dal bolognese Vanni Lazzari (prima classificata delle 294 immagini finaliste in Italia sulle oltre 12.000 immagini caricate online da 947 uploaders), l’Emilia-Romagna quest’anno aggiunge nell’ambito della sua partecipazione un contest speciale, che mette al centro dell’obiettivo ben 73 monumenti “stellati“. Si tratta delle eccellenze culturali e artistiche contrassegnate da un asterisco nella “Guida d’Italia”, la guida “Rossa” edita dal Touring club italiano, partner di Apt, segretariato regionale del Mibact e Unione Città d’Arte. Dunque, l’iniziativa diventerà una sorta di “contest nel contest”, che attribuirà tre premi ai primi tre classificati.
di Luca Donigaglia, giornalista professionista
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it