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Report del Consiglio grande e generale del 29 aprile – Seduta mattutina

SAN MARINO - Nella mattinata i lavori consiliari riprendono dall'esame del progetto di legge “Della libertà e attività

Pubblicato:29-04-2016 12:54
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:39

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SAN MARINO – Nella mattinata i lavori consiliari riprendono dall’esame del progetto di legge “Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, della contrattazione collettiva e del diritto di sciopero” (II lettura), presentato dal segretario di Stato per il Lavoro, Iro Belluzzi. Il confronto riparte dall’articolo 8 “Revoca della registrazione”. Civico 10 presenta due emendamenti, uno abrogativo e uno in subordine, che allunga il termine concesso alle associazioni per rientrare nei parametri, entrambi respinti. Poi il dibattito si concentra sui due articoli relativi al così detto ‘0,40’, ovvero la quota di servizio dei lavoratori, destinata ai sindacati: l’articolo 11 “Modalità di determinazione della quota di servizio e rifiuto del lavoratore a versarla” e l’articolo 12 “Modalità di riscossione e ripartizione della quota di servizio”.

Nel corso dell’esame dell’articolo 11 sono presentati tre emendamenti, due da parte di Civico 10 e uno da parte di Rete. Andrea Zafferani illustra le proposte del suo movimento: la prima è quella di “passare da un meccanismo silenzio/assenso a quello del silenzio/diniego, per cui il versamento deve essere scelto espressamente da parte del lavoratore”. Quindi un emendamento in subordine, spiega,“per evitare di far fare il giro delle sette chiese per disdire il contributo, prevedendo di poter inserire nella dichiarazione dei redditi eventualmente l’indicazione di dove inoltrarlo altrove”. Roberto Ciavatta chiarisce che la proposta di Rete è quasi sovrapponibile a quella di C10: “Abbiamo previsto poi al momento dell’assunzione, al lavoratore con modulistica apposita si chieda se vuole o meno versare lo 0,40. A quel punto è il datore di lavoro che trasmette il modulo agli uffici”. Milena Gasperoni, Psd, esprime la contrarietà del suo partito agli emendamenti “per rispetto ai lavoratori- manda a dire all’aula- Gli stiamo dando degli imbecilli perché non sanno quello che fanno”. Luigi Mazza, Pdcs, chiarisce che “mantenere la regola attuale non rientra nel ragionamento di difesa o meno di un lavoratore, ma nel concetto del contratto erga omnes, di un sindacato che svolge attività per tutti, che porta a un contratto erga omnes che vale per tutti”, di qui la motivazione del modello di silenzio-assenso. Ma nella stessa maggioranza i consiglieri di Ns si dichiarano in favore del primo emendamento di C10. “Non credo sia una modalità astrusa l’assenso- puntualizza Maria Luisa Berti- e non penso che diamo degli sciocchi ai lavoratori nel chiedere di doverlo esplicitare. Anche Valeria Ciavatta, di Ap, esprime accordo con la collega Berti e aggiunge di trovarsi in imbarazzo sul voto. Se da una parte quindi C10 trova qualche sostegno dalla maggioranza, dall’altra il suo alleato, Su-LabDem prende le distanze: “Noi su questo emendamento siamo contrari- puntualizza Ivan Foschi- la quota di servizio non è obbligatoria ed è un riconoscimento del ruolo sociale di tutti e tre i sindacati, senza distinzione”.Il segretario Iro Belluzzi esprime contrarietà agli emendamenti, trovandosi allineato al pensiero di Foschi: “La quota di servizio è qualcosa di più rispetto al contributo dell’attività sindacale- sottolinea- è il rispetto per tutta l’attività svolta dal sindacato, anche da parte di lavoratori non sindacalizzati”. Al termine del dibattito tutti e tre gli emendamenti sono respinti. Gli emendamenti di C10 sono respinti con 29 voti contrari,e 23 a favore, stessa sorte per la proposta di Rete con 30 voti contrari e 20 a favore.

All’ articolo 12, Rete e C10 presentano due emendamenti, entrambi poi ritirati, in quanto si trova un accordo con governo e maggioranza sul parziale accoglimento della proposta di Civico 10. Ovvero, la ripartizione delle percentuali della somma totale dello 0,40: il testo originario prevedeva un 20% suddiviso in parti uguali e l’80 secondo modalità che tengano conto sia del numero degli iscritti sia della quota di iscrizione al sindacato. La versione emandata prevede infine una ripartizione del 25 e del 75% come avviene per il finanziamento ai partiti.
I lavori si interrompono per proseguire con l’esame dell’articolato nel pomeriggio.


Di seguito un estratto degli interventi della mattina.

Comma 20 . Progetto di Legge “Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, della contrattazione collettiva e del diritto di sciopero”

Art. 11 “Modalità di determinazione della quota di servizio e rifiuto del lavoratore a versarla”

Presentanti due emendamenti da parte di C10, uno di Rete, tutti e tre respinti.

Andrea Zafferani, C10: “Proponiamo un emendamento che riguarda la questione della quota di servizio, lo 0,40. La proposta che intendiamo fare all’Aula è quella di passare da un meccanismo silenzio/assenso a quello del silenzio/diniego, per cui il versamento deve essere auto-scelto espressamente da parte del lavoratore. Lo facciamo specificando che il lavoratore deve segnalare l’assenso e non il rifiuto come ora. Oggi per disdire il lavoratore deve passare attraverso quattro uffici- Iss, ufficio tributi, sindacati..- perdendo tempo, denaro e subendo disagi. Noi vorremmo cambiare l’approccio. Poi un emendamento in subordine è quantomeno per evitare di far fare il giro delle sette chiese per disdire il contributo, prevedendo di poter inserire nella dichiarazione dei redditi eventualmente l’indicazione di dove inoltrarlo altrove”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Il nostro emendamento è sovrapponibile al primo emendamento presentato da C10. Anche noi intendiamo favorire una pratica secondo cui il lavoratore decide lui se versare o meno la quota di servizio. Es. con la riforma Igr si è stabilito il meccanismo delle deduzioni Smac, nessuno si è immaginato di imporre questo meccanismo, ma si è mandata una comunicazione ai lavoratori. Perché c’è un principio: la paga del lavoratore è sua. Nel caso dello 0,40 siamo in una situazione opposta, se il lavoratore non la disdice, la paga. Molti lavoratori non sanno neppure che potrebbero disdirla e chi sa di poterlo fare si trova nella necessità di prendere dei giorni di permesso e da qualche tempo a questa parte si prevede pure un pagamento per la disdetta. E’ un meccanismo talmente irrazionale che può avere solo una giustificazione: fare in modo che meno lavoratori possibili disdicano. Noi crediamo che il sindacato stesso tuteli gli stipendi dei lavoratori e che si preveda che nessuno vada a prelevare senza un assenso dei lavoratori. Abbiamo previsto poi che al momento dell’assunzione, al lavoratore con modulistica apposita si chieda se vuole o meno versare lo 0,40. A quel punto è il datore di lavoro che trasmette il modulo agli uffici”.

Mimma Zavoli, C10: “La proposta nostra e di Rete va alla base della consapevolezza della persona che decide di versare e aderire alle attività di un sindacato. Dovrebbe essere un concetto nuovo, più moderno, che toglie la cristallizzazione che per certa parte lo status quo rappresenta e che potrebbe generare certezze più forti e sicurezze che tolgono la spinta motivazionale delle organizzazioni sindacali. Credo sia assolutamente stimolante poter essere più incisivi rispetto l’attività di pertinenza”.

Milena Gasperoni, Psd: “Esprimo contrarietà agli emendamenti, per rispetto ai lavoratori. Gli stiamo dando degli imbecilli perché non sanno quello che fanno. Questa è una quota di servizio, il sindacato per contrattazione deve essere retribuito e torniamo sulla questione del finanziamento dei sindacati che deve essere fatto dai lavoratori che sanno bene cosa è lo 0,40 che nella busta paga è evidenziato. Non diamo degli sciocchi ai lavoratori. In questa legge lo 0,40 viene inserito per esigenza di completezza e di ordine di tutta la materia. Poi il discorso di Zafferani per le sette chiese: è un giro che deve essere fatto comunque, sia per aderire che disdire, non cambia le cose. Sono rimasta molto stupita, e non piacevolmente, che questa proposta in alcune riunioni fatte con le associazioni categoria e le forze politiche sia stata proposta da un’associazione. Perché non sono i lavoratori a proporla? Vogliamo in questo Paese abbassare il livello di sindacalizzazione? Tutti gli emendamenti sono da rigettare, la norma è giusta ed è un modo per tutelare il lavoratore che vuole contribuire all’attività sindacale”.

Ivan Foschi, Su-LabDem: “Noi su questo emendamento siamo contrari, la quota di servizio non è obbligatoria, si tratta di stabilire se porre l’onere del lavoratore nel disdire o meno il contributo. E’ qualcosa che lo espone al datore di lavoro. Se molti lavoratori non hanno disdetto questa quota eventualmente non la ritengono così decisiva e la ritengono un peso abbastanza contenuto. La quota di servizio è un riconoscimento del ruolo sociale di tutti e tre i sindacati, senza distinzione. Si può discutere invece sull’emendamento all’articolo successivo rispetto le modalità di ripartizione, la quota di servizio è altra cosa rispetto a finanziamenti volontari e deve essere mantenuta com’è”.

Maria Luisa Berti, Ns: “Rimango abbastanza stupita rispetto all’intervento di Gasperoni. Ci credo nell’utilità del sindacato, ma indipendentemente dalla quota di servizio. E non credo che senza questa particolare elargizione che il lavoratore dà al sindacato, questo non sia in grado da solo di svolgere la propria funzione. Io credo nel sindacato e che per esistere non abbia bisogno della quota in queste modalità. Non credo sia una modalità astrusa l’assenso e non penso che diamo degli sciocchi ai lavoratori nel chiedere di doverlo esplicitare. Il lavoratore ha tutto il dovere di esprimere se vuole o no versarla, io -e anticipo anche il collega Cenci- voterò favorevolmente l’emendamento”.

Roger Zavoli, Upr: “Anche io attribbuisco molta importanza al sindacato. Auspico ci siano scelte sempre più responsabili e consapevoli. Lancio una provocazione: alziamo la percentuale, ma ciò non toglie che la scelta debba essere responsabile e consapevole. Il versamento dello 0,40 deve essere volontario e voterò l’emendamento”.

Federico Pedini Amati, Indipendente: “Anche io penso che il contributo sindacale debba essere su base volontaria e non formulato sul silenzio assenso. Il nostro è l’unico Paese al mondo dove ci si comporta così, dove automaticamente un lavoratore è iscritto ad un sindacato. Ci vogliamo evolvere e fare in modo che i lavoratori possono decidere in qualsiasi momento di iscriversi? Accolgo la provocazione di Zavoli, alziamo la percentuale, ma lo decido io! Devo poter decidere cosa fare rispetto l’iscrizione, se no domani facciamo una norma per cui tutti i sammarinesi, da domani, sono iscritti alla bocciofila, e se non lo vogliono devono compilare un modulo per uscirne. Una domanda: tutti i sindacalisti pagano lo 0,40? Ce lo siamo mai chiesti? Mi dicono di sì, ma questo è un Paese strano, l’unico al mondo che obbliga il lavoratore ad essere iscritto al sindacato”.

Valeria Ciavatta, Ap: “Credo nella funzione delle organizzazioni sindacali, sono stata nel sindacato anche con incarichi e spesso mi considero più ‘sindacalista’. Ho stima del suo ruolo, delle conquiste e delle funzioni dei sindacati. Il mio disagio ed imbarazzo dipende dal fatto che ho questa convinzione e che non sono mai stata d’accordo con lo 0,40 da quando è stato istituito il contributo obbligatorio. Avendo bazzicato sindacati di altri Paesi, so che siamo un unicum in questo senso e quando abbiamo aderito alla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, San Marino ha dovuto fare delle riserve proprio per la libertà sindacale perché poteva non essere riconosciuta per come il sindacato era trattato dalle normative: per lo 0,40 e per i requisiti richiesti per la loro costituzione. Morale della favola non mi riconosco neanche negli interventi di chi propone l’emendamento soppressivo, ma credo di più nel discorso di Maria Luisa Berti, anche se sotto profilo del voto sono in imbarazzo. Poi si propone di ri-votare norme già in vigenti per metterle in discussione.. la si riporta per tenere tutto ordinato? Questo è un testo politico, non tecnico”.

Paolo Crescentini, Ps: “Il Ps voterà l’emendamento dei colleghi di C10, riteniamo lo 0,40 non debba essere obbligatorio per tacito assenso ma per volontà del lavoratore.Tutti siamo dell’idea che il sindacato debba esserci, ma deve essere anche messo nella condizione per lavorare per tutelare i lavoratori. Segretario, invito a prendere in considerazione l’emendamento, faccia vedere che è un segretario di sinistra che si schiera dalla parte dei lavoratori”.

Marco Podeschi, Upr: “Segnalo che oggi ognuno di noi può fare un addebito in banca per il pagamento semestrale o annuale di somme di denaro, non capisco perché si copi una vecchia legge per dare in automatico il versamento anche se esiste questa possibilità. Voi parlate di ridurre burocrazia, ma quando firmo un contratto devo dare l’assenso alla privacy, allora perché non posso firmare una Rid che mi fa devolvere ogni mese un contributo al sindacato? Poi quando voglio la disdico. Oggi funziona così in tutte le associazioni, ma stranamente con i sindacati bisogna dare lo 0,40 per default. Se volete guardare al futuro, lo dico a qualche collega di maggioranza e qualcuno di minoranza, fatelo davvero. Dov’è la sburocratizzazione?”.

Luigi Mazza, Pdcs: “Non sono ai stato sindacalista e il più delle volte sono stato antisindacale per il semplice fatto che sono stato dalla parte delle imprese. La mia quindi no può essere difesa delle barricate del sindacato. Io ero contrario al contributo sindacale obbligatorio, ma in questo caso può essere comminato il concetto ‘erga omnes’: ovvero faccio attività di sindacato per tutti, anche per chi non è iscritto. Ritengo positiva la comunicazione del dissenso, qualcuno che dica ‘io non voglio versare lo 0,40 anche se lavora per me’. Sono per mantenere la regola attuale che non credo rientri nel ragionamento di difesa o meno di un lavoratore, ma nel concetto del contratto erga omnes, di un sindacato che svolge attività per tutti, che porta a un contratto erga omnes che vale per tutti”.

Nicola Selva, Upr: “Sono sempre stato iscritto al sindacato e ritengo debba avere risorse per svolgere le sue attività, ovvero tutelare i diritti dei lavoratori. Il diritto dei lavoratori è anche la libertà di scelta, che può esprimersi nel pagamento dello 0,40 che non è messo in discussione. Nessuno vuole togliere il finanziamento come qualcuno vuole farlo passare. Se vogliamo cambiare, dobbiamo iniziarlo oggi, non salvando le corporazioni e con i vecchi sistemi di fare politica”.

Elena Tonnini, Rete: “Si parla di una trattenuta senza il consenso del lavoratore sul proprio stipendio, che va a finanziare un ente privato che sicuramente non ha uno 0.40 come unico finanziamento. Il destino del sindacato non è legato allo 0.40, si tratta di far decidere ai lavoratori con consapevolezza. Noi chiediamo di togliere l’automatismo. E non vedo il problema: nel momento in cui il sindacato lavora bene, il lavoratore darà il suo consenso a sostenere il suo lavoro. Il punto è fare in modo che il lavoratore possa formulare il proprio consenso. Ci auguriamo che gli emendamenti di C10 e Rete possano passare”.

Vladimiro Selva, Psd: “Vorrei che chi ascolta il dibattito non pensasse che oggi lo 0,40 sia un obbligo, questo è assolutamente falso. Chi non vuole versarlo può farlo per legge, c’è una procedura che ha un costo di due euro, passando all’ufficio del lavoro si prende un modulo e si fanno 3 fax. Se questo è il problema, la complessità della procedura, chiederei di far fare il fax all’ufficio del lavoro, è una sburocratizzazione per chi volesse rinunciare allo 0,40, ovvero su mille euro, sono 4 euro di contributo. Gli emendamenti di Rete e C10 sono diversi: C10 propone di invertire il meccanismo, secondo il ‘mi devo muovere per aderire’, questa inerzia la sposto a sfavore del sindacato. L’emendamento di Rete è diverso perché propone il ‘devi andare dal datore di lavoro a dire che vuoi versare dal sindacato, ma al momento dell’assunzione’. Se è buona fede, ritiratelo. C’è quello di C10. Almeno se deve passare, passa qualcosa che non espone i lavoratore di fronte al datore quando vuole aderire all’attività sindacale”.

Franco Santi, C10: “Mi dispiace notare come ci sia resistenza da parte di una parte degli amici del quadro politico di questo Paese rispetto l’approccio che proponiamo. E’ una partenza debole. E’ come se avessimo timore di abdicare rispetto la forza straripante rappresentata dal ‘mondo cattivo’ dell’impresa che non vuole contrattazione. E’ un venire meno di un terreno dialettico alla pari. La medesima legittimità a combattere per i propri diritti deve essere una presa di coscienza consapevole di tutti gli attori, compreso il sindacato che deve coinvolgere i lavoratori. L’emendamento è un tassello per stimolare questo tipo di approccio”.

Enrico Carattoni, Psd: “Anche io non vengo dal mondo di sindacato e non ho avuto modo di confrontarmi con questa organizzazione. Ma credo ci sia un motivo per cui a San Marino il contributo sindacale sia diverso, rispetto quello ad associazioni e partiti. A San Marino il ruolo dei sindacati, tutti, è istituzionale. La qualità della contrattazione collettiva per un sindacato che deve fare gli interessi di tutti, non solo dei suoi iscritti, è importante e la qualità va garantita in modo migliore che con la propaganda”.

Massimo Cenci, Ns: “Anche io condivido l’importanza di evitare la propaganda. Anche io sono a favore dell’attività dei sindacati e condivido che debbano avere le risorse per operare al meglio. Però qui mi sembra di aver capito che il dibattito su questo articolo si sta delineando nel pro-contro di un sindacato rispetto a un altro. Vorrei tornare invece agli emendamenti. Selva dice giustamente che è un contributo volontario, allora ci vuole la volontà di qualcuno che il contributo sia dato. Per questo non mi sembra sbagliato il discorso degli emendamenti. Si è detto che c’è una procedura semplice per recedere dal contributo, allora non vedo il problema se si può usare per l’assenso. Invito ad uscire dai contrasti, valutiamo semplicemente cosa c’è scritto sugli emendamenti”.

Manuel Ciavatta, Pdcs: “Quando abbiamo introdotto l’Igr i lavoratori si sono visti in busta paga dei cambiamenti in difetto e si sono subito domandati la ragione. Stessa cosa a me è successa quando sono andato a vedere gli elementi che diminuivano la mia busta paga. A fronte di questa consapevolezza potevo andare negli uffici per togliere lo 0,40, ma non l’ho fatto. Lo 0,40 può non essere pagato, ma il criterio del silenzio-assenso serve ad agevolare certe prassi e a diminuire la burocrazia su aspetti consuetudinari, come la tutela dei sindacati ai lavoratori a prescindere. Il criterio del silenzio-assenso di per sé è positivo. Alcuni Paesi lo fanno sulla donazione degli organi e spero sia una posizione da portare avanti anche qui perché agevola molti passaggi. Poi si può discuter sui permessi sindacali e il risparmio dei costi del sindacato, che è rilevante e maggiore di quelli della politica, ma è altro rispetto questo articolo”.

Gerardo Giovagnoli, Psd: “Questo articolo è il più politico di tutti perché delinea un modello e la conclusione di una serie di ragionamenti fatti oltre 50 anni fa e che non vediamo noi l’esigenza di cambiare. Non è che si prendono posizioni differenzi, rivoluzionarie o comuniste, si conferma un modello che funziona da molti decenni, quello di ritenere l’attività del sindacato una funzione particolare, quella di concludere dei contratti erga omnes. Questo modello richiede nella nostra visione uno sforzo di inversione di volontà. Vedo in chi sostiene emendamenti una volontà punitiva nei confronti dei sindacati. E la visione di un modello meno strutturato per cui i sindacati devono essere sostenuti solo da chi ci crede. Noi invece riconosciamo al sindacato un ruolo incarnato dalla disposizione iniziale di silenzio-assenso. Nell’altro caso ci sarebbe stata invece una inerzia invertita e che richiederebbe uno sforzo ai sindacati che potrebbero trovarsi con meno risorse. Il Psd è contro tutti questi emendamenti”.

Matteo Zeppa, Rete: “Chiederei al consigliere Manuel Ciavata la differenza tra imposta e quota di servizio, è un confronto il suo che non esiste. Ho sentito toni di chi presenta emendamenti per fare in modo che siano i lavoratori a scegliere. Ho sentito tacciare chi presenta questi emendamenti come “contro il sindacato”, parole che tornano al mittente come chi ha detto che si vuole paragonare i lavoratori a degli imbecilli. Al di là di tutto, ha detto bene il consigliere Valeria Ciavatta, nel momento in cui vuoi salvaguardare qualcosa, non è ordinario andare a sindacare come è strutturato il finanziamento del sindacato. E’ ovvio che alcuni emendamenti su alcuni articoli siano fatti e rivendico la libertà di poterli fare. Ci credo eccome nell’attività sindacale. Si sta facendo questione di lana caprina su dei soldi. Io che credo nel sindacato, credo che chi lo faccia lo deve fare al di là dello 0,40 che il lavoratore volontariamente deve dare. Come si fa a venire in Aula a dire che chi fa gli emendamenti lo fa in modo provocatorio, per dare contro il sindacato?”.

Iro Belluzzi, segretario di Stato: “A Valeria Ciavatta , nel momento come segreteria di Stato abbiamo scelto di fare un testo unico coordinato che parla di una certa materia, ci ha fatto fare scelta una obbligata. La Reggenza stessa ha chiesto nel suo intervento di fare norme uniche, coordinate. Allora troviamo il modo attraverso cui scelte del passato ancora condivise non debbano essere sottoposte a votazione. Perché il silenzio-assenso? Sottolineo la praticità e velocità su cui si può scegliere di non versare più lo 0,40: bastano 2 euro e recarsi all’ufficio del lavoro. Mi adopererò all’eliminazione del fax e alla trasmissione per rete informatica agli uffici competenti. La quota di servizio è qualcosa di più rispetto al contributo dell’attività sindacale, è il rispetto per tuta l’attività svolta dal sindacato, anche da parte di lavoratori non sindacalizzati. La scelta presuppone strutture in cui il sospetto che il lavoratore sindacalizzato possa arrecare danno al datore di lavoro, lo vedo come elemento di non garanzia per il lavoratore stesso”.

Andrea Zafferani, C10: “Volevo ri-sottolineare un argomento, ovvero che la proposta non è contro il sindacato ma mira a non creare un meccanismo dove tante persone, per le difficoltà di disdetta della quota, finanzino il sindacato senza crederci. Vogliamo fare in modo che il sindacato si riavvicini ai lavoratori e si conquisti fiducia per essere finanziato. E lo facciamo molto meglio con il meccanismo di silenzio-dissenso. Anche se si crede nel meccanismo di silenzio-assenso, il modo con cui prevedere la disdetta non è irrilevante. Podeschi ha spiegato molto bene un meccanismo semplice per evitare il giro di 4 uffici e perdere tempo. Ma non riuscite nemmeno a fare questo”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Sta diventando molto fastidioso ch a d ogni emendamento si venga additati come qualcuno contro il sindacato. Chiederei la cortesia e il rispetto costituzionale verso la buona fede di chi presenta gli emendamenti. Vi chiedo la cortesia di andare a vedere cosa ho fatto io nel sindacato. E’ stato detto che i lavoratori non sono imbecilli e chi voleva togliere lo 0.40 lo ha già fatto. Allora cosa cambia? Noi vogliamo cambiare il principio: la paga del lavoratore non si tocca senza il suo assenso. Vorremo un sistema normale come in tutte le parti del mondo. In molti mi hanno detto ‘siamo d’accordo, ma forse ci controllano il voto’. Ognuno voti perché ci crede”.

Art. 12 (Modalità di riscossione e ripartizione della quota di servizio)
Rete e C10 presentano due emendamenti, poi ritirati, in quanto si è trovato accordo con governo e maggioranza sul parziale accoglimento della proposta di Civico 10.
Andrea Zafferani, C10: “L’articolo parla della suddivisione dello 0,40 ai sindacati, previsto per il 20% in parti uguali e l’80% in proporzione a un meccanismo non identificato. La legge infatti fa riferimento alla necessità di un accordo tra le organizzazioni sindacali per determinare il modo in cui l’80% venga suddiviso. Un accordo molto difficile da raggiungere e, in assenso di accordo, varrà la norma transitoria che prevede che chi fa pagare una cifra maggiore come quota di iscrizione avrà anche la parte maggiore dello 0.40, creando il paradosso che chi farà parìgare di più ai lavoratori venga premiato. E’ un meccanismo che temiamo sarà applicato sempre, perché dubito che in queste circostanze si possa raggiungere un accordo per meccanismo diverso. E’ tutto interesse di chi ha l’abitudine di far pagare una quota alta mantenere la fase transitoria. Noi proponiamo intanto di cambiare le percentuali, usare il 25% in parte uguali e 75% in proporzione, come avviene per il finanziamento ai partiti. Poi rispetto la parte variabile noi chiediamo sia suddivisa sulla base del numero di iscritti”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Ritiriamo l’emendamento sovrapponibile con quello di C10, sosterremo quello, rimane l’emendamento sul comma che stabilisce che le associazioni dedichino un 1% dello 0,40, circa 18 mila euro, per coprire i costi dell’elaborazione della suddivisione dei costi. Riteniamo sia una somma risicata e cje non copra tutte le spese. Rimarco che la modalità individuata di suddivisione tra sindacati non abbia mai avuto spiegazione e che non si capisca la logica che porti alla valutazione anche la quota di iscrizione”.

Elena Tonnini, Rete: “Difficile capire la logica, se non quella di favorire chi oggi ha dei vantaggi. Ma è una modalità distorsiva, che si tenda ad alzare la quota di iscrizione proprio per ottenere maggiori vantaggi dal finanziamento. Con il nostro emendamento vogliamo alzare da 1 al 5% il corrispettivo all’Iss, altrimenti si rischia di non coprire le spese, sarebbe un ulteriore costo che si può evitare”.

Ivan Fosch, Su-LabDem: “Non comprendo appieno le ragioni dell’articolo del governo e condivido il ragionamento proposto da C10. Capisco il discorso che le iscrizioni devono essere reali e non simboliche, ma se l’iscrizione è valida, non si può fare distinguo tra chi ha versato di più e chi meno. Sembra un bizantinismo, rileva iscrizioni di serie A e di serie B e pare che ci siano iscrizioni virtuali e iscrizioni valide solo perché si è pagata quota più sostanziosa. Meglio allora stabilire un criterio unico a monte e decidere cosa sia iscrizione e cosa non lo sia e sulla base degli iscritti stabilire la proporzione. Diversamente mi sembra un sistema troppo arzigogolato”.

Milena Gasperoni, Psd: “Seguendo la filosofia dell’autonomia sindacale e la tutela dei più piccoli, senza la volontà di fare provvedimenti contro qualcuno, questo articolo stabilisce la ripartizione della quota dello 0,40 secondo un principio di grande equità. Se uno è un sindacato grosso o piccolo, il 20% viene comunque suddiviso equamente in modo uniforme, il restante 80% viene distribuito a seconda del numero degli iscritti, cosa diversa da quello che si fa oggi, in base al numero degli iscritti. E’ questa equità a tutela di una base minima del sindacato”.

Mimma Zavoli, C10: “Non è così evidente che questa articolazione proposta dal governo tuteli anche le formazioni sindacali più piccole, dall’allegato si capisce che le cose non sono a loro tutela. Riteniamo gli iscritti abbiano tutti la stessa dignità e lo stesso peso, queste divisioni che rafforzano chi ha già una forza rappresentata in un numero di iscritti maggiore, non è così garantista e va in qualche modo a cozzare sulla volontà espressa di tutelare le formazioni più piccole”.
Manuel Ciavatta, Pdcs: “Sono d’accordo con proposta di Zafferani sulla suddivisione dei valori, potrebbe essere un aspetto, in caso di condivisione dell’Aula, che non mi dispiacerebbe fosse accolto. Sulla questione della ripartizione del 75%, la questione nasce proprio dal valore della quota. Non è giusto ripartire in base il numero di iscritti se non fisso una quota minimale, è un criterio di ragionevolezza, se uno chiede zero o un centesimo a fronte di chi chiede una quota utile al sostentamento del sindacato che, credo, vada invece premiato. Chi oggi chiede di togliere lo 0,40, deve considerare che serve garantire comunque risorse con cui il sindacato si possa mantenere. C’è una contraddizione di termini. L’elemento nella sostanza è corretto, chiedo all’Aula di valutare se rimettere in discussione questione del 25 e 75%”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Si continua a dire che si deve garantire l’auto-sostentamento del sindacato. Ma vogliamo lasciare a lui la decisione di come si finanzia?”

Marco Podeschi, Upr: “Il problema è come vogliamo intendere in prospettiva il modello sindacale. Ma rimarco che qui siamo ad una legge dello Stato con cui definiamo le modalità di finanziamento di un gruppo. E se domani una forza sindacale volesse organizzarsi in modo diverso, flessibile, non lo potrà fare perché la legge è rigida. E’ un modello passato”.

Federico Pedini Amati, Indipendente: “E’ avvilente che si chiede a vario titolo ai cittadini di comportarsi in modo il più possibile democratico, poi altri apparati possono comportarsi in modo diverso per mantenere il massimo risultato, per mantenere una categoria che incide pesantemente sulla politica. E’ un fatto, l’ambito sindacale rispetto la formazione di questo Consiglio ha inciso e inciderà in futuro con normative con non sono eque: quello che sta meglio trae più vantaggio. Il presupposto dovrebbe essere che il sindacato nasce per tutelare il lavoratore, invece facciamo sindacati di serie A, b, c”.

Iro Belluzzi, segretario di Stato per il Lavoro: “L’emendamento sulla ripartizione delle quote di servizio di C10 governo e maggioranza intendono accoglierlo. Il 25% ripartito in modo equo e 75% in funzione degli iscritti, con ritiro dell’emendamento di C10. E va inteso con questa norma che anche nuove organizzazioni sindacali possano nascere, destinando una quota di servizio, ovvero 370 mila euro a disposizione di tutte le organizzazioni sindacali a prescindere dagli iscritti. E’ una bella dote per chi vuole fare sindacato. Poi la parte più importante va suddivisa in base agli iscritti. Si confondono due posizioni diverse, una che vuole creare le condizioni perché i sindacati possano nel tempo finanziarsi anche in maniera diversa. Un singolo sindacato può decidere di far pagare l’iscritto conteggiato ai fini della registrazione anche un centesimo, a quel punto non va a ripartirsi allora la quota di servizi ma possono essere altre le modalità di finanziarsi, per esempio attraverso servizi offerti. E’ già una modalità moderna, considerando che ha già una base del 25%”.

Andrea Zafferani, C10: “Abbiamo concordato di lavorare sulle percentuali 25 e 75 anziché 20 e 80, ritirando il resto. Continuiamo però ad essere convinti che sia assurdo in assenza di accordo che chi paghi di più abbia più finanziamento, non ci avete convinti. Ma c’è un emendamento che presenterà Rete sull’articolo 38, la norma transitoria, che ci consentirà di ragionare di nuovo su questa assurdità. Ritireremo quindi quel pezzo di emendamento per discuterne più avanti”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Ritiro emendamento”.

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