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Mele, pere e arance non abitano più in Italia: -33% dei frutteti e +500% del prezzo in tavola

 "Rischia di sparire il frutteto italiano che si è

Pubblicato:28-07-2015 08:09
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:28

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FRUTTA “Rischia di sparire il frutteto italiano che si è ridotto di un terzo (-33%) negli ultimi quindici anni con la scomparsa di oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti, che rischiano di far perdere all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea”. Questo l’allarme lanciato stamani dalla Coldiretti, attraverso una nota diramata in occasione della Giornata dell’ortofrutta al Padiglione Coldiretti ad Expo.

“La superficie coltivata a frutta in Italia- spiga Coldiretti- è passata da 426mila ettari a 286mila, un crollo netto del 33% in 15 anni. A determinare la scomparsa delle piante da frutto è stato il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che non riescono più a coprire neanche i costi di produzione. Il taglio maggiore ha interessato i limoni, con la superficie dimezzata (-50%), seguiti dalle pere (-41%), pesche e nettarine (-39%), arance (-31%), mele (-27%), clementine e mandarini (-18%). Complessivamente la superficie italiana investita ad ortofrutta supera appena un milione di ettari, l’8% della superficie agricola utilizzata (Sau) a livello nazionale e produce il 26% della produzione agricola italiana (Plv). La produzione ortofrutticola italiana oscilla mediamente attorno ai 23 milioni di tonnellate, di cui il 46% in volume di ortaggi in piena aria il 29% di frutta, il 12% di agrumi, il 7% di ortaggi in serra, il 6% di patate, lo 0,5% di leguminose. Il disboscamento delle campagne italiane è il risultato di una vera invasione di frutta straniera con le importazioni che negli ultimi 15 anni sono aumentate del 37% ed hanno quasi raggiunto i 2,1 miliardi di chili ma anche di un progressiva riduzione dei consumi da parte delle famiglie”.

“Questo trend drammatico che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole, ma anche dal punto di vista ambientale e per la salute dei consumatori- ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che- occorre intervenire per promuovere i consumi sul mercato interno e per sostenere le esportazioni, che in quantità sono rimaste pressoché le stesse di quindici anni fa. Ci sono infatti segnali positivi di ripresa dell’economia che non vanno sottovalutati, come l’inversione di tendenza nei consumi di frutta in Italia che non si registrava dall’inizio della crisi, mentre opportunità possono venire anche dall’estero per il tasso di cambio favorevole”.


Un altro dato negativo. “Dal campo alla tavola i prezzi della frutta moltiplicano fino al 500%, dalle pesche pagate al produttore 0,30 euro e rivendute al consumatore a 1,80 euro alle susine, per le quali l’agricoltore si vede corrispondere 0,40 euro per poi ritrovarle sui banchi dei supermercati a 1,40 euro, dai meloni che da 0,40 euro schizzano a 1,40 euro al chilo, all’uva da tavola che si trova in vendita a 2,50 euro rispetto agli 80 centesimi dati a chi la coltiva, che non riesce più a coprire neppure i costi di produzione. ‘E’ in atto una vera speculazione che sottopaga la frutta al di sotto dei costi di produzione agli agricoltori e non permette a molti cittadini di garantirsi il consumo di un prodotto indispensabile per la salute in questa stagione- ha aggiunto Moncalvo- nella forbice dei prezzi dal campo alla tavola c’è margine da recuperare per garantire un reddito sufficiente agli agricoltori e acquisti convenienti per tutti i cittadini’. A rischio ci sono il territorio nazionale reso unico dalla presenza dei frutteti, la salute dei cittadini ed un importante indotto economico ed occupazionale. Sono oltre 345.883 le unità lavorative impegnate ogni anno nel settore, cui se ne aggiungono altre 28.621 che lavorano nell’industria della trasformazione, secondo una analisi della Coldiretti”.

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