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In Sudan la democrazia sanitaria al Salam Centre di Emergency

Sono passati dieci anni da quando Emergency ha aperto il suo presidio cardiochirurgico a Khartoum in cui sono stati compiuti finora settemila interventi

Pubblicato:28-06-2017 17:21
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:28

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Sono passati dieci anni da quando Emergency ha aperto il suo centro a Khartoum, in Sudan. E’ un presidio cardiochirurgico in cui sono stati compiuti finora settemila interventi.

Qui il punto di di Rocco Bellantone per www.lookoutnews.it

Khartoum (SUDAN) – Alcuni sono fuggiti dalle guerre in Afghanistan, Yemen o Iraq. Altri sono scampati alle violenze in Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria o Somalia. Altri ancora hanno affrontato lunghi viaggi arrivando fin qui in cerca di cure, spinti molto più “semplicemente” dalla povertà.


Nei suoi primi dieci anni di storia, celebrati lo scorso aprile, il Salam Centre di cardiochirurgia aperto da Emergency a Khartoum, capitale del Sudan, Emergency ha curato pazienti provenienti da 28 Paesi.

L’80 per cento è di origine sudanese, il resto ha oltrepassato i confini di quella fetta di mondo in continua espansione dove conflitti, soprusi e disparità socio-economiche impediscono ai più di entrare gratuitamente in una struttura sanitaria e ritagliarsi una speranza di vita.

Nel 2007 l’avvio del progetto del Salam Centre era stato accompagnato dallo scetticismo di buona parte dell’opinione pubblica internazionale. Perché, si chiedevano in molti in Italia e non solo, costruire una struttura di cardiochirurgia in un continente, l’Africa, in cui si muore per molto meno? Perché, poi, farlo in un Paese governato da un regime che solo negli ultimi anni ha ripreso ad aprirsi al mondo? Dieci anni dopo bastano poche cifre, su tutte i più di 7mila interventi cardiochirurgici effettuati, per rispondere a quegli interrogativi e dimostrare che al Salam Centre l’aurea dell’iniziativa provocatoria e visionaria mossa unicamente dall’ideologia è stata presto scavalcata da un pragmatismo sanitario “laico”.

Un approccio che nel muovere quotidianamente questa enorme macchina – uno staff formato da 450 operatori di cui 400 di nazionalità sudanese, che lavorano in un’area di 12mila metri quadri ricavata nel quartiere meridionale di Soba sulle rive del Nilo Azzurro – mette sempre al centro il paziente, seguito nella cura dalla prima diagnosi della patologia fino al suo richiamo in struttura anche anni dopo l’intervento.

alessandro_salvati_emergency_sudanAlessandro Salvati è il “medical coordinator” del Salam Centre di Khartoum. Arrivato qui da Roma otto anni fa per una missione di sei mesi, ne ha fatto la sua nuova casa.

“Si è sempre pensato – spiega – che la cardiochirurgia fosse qualcosa per le elite, fattibile soltanto nei Paesi industrializzati. Il Salam Centre è stato invece fondato proprio per dimostrare che è possibile fare una cardiochirurgia eccellente anche in Paesi in via di sviluppo come il Sudan, ottenendo dei risultati superiori rispetto ad altre parti del mondo. Il nostro obiettivo, qui come nelle altre aree di crisi del mondo in cui opera Emergency, è costruire delle strutture sanitarie, farle lavorare in linea con i più alti standard internazionali e, in parallelo, formare gli operatori nazionali al fine di affidare a loro un giorno la gestione di questi centri”.

Al Salam Centre finora sono stati più di 77mila i pazienti visitati in triage (ossia con l’assegnazione di un codice di gravità, ndr), 60mila dei quali per visite cardiologiche. Per questo tipo di patologie l’età media dei pazienti in Occidente è di 60-65 anni.

In Sudan invece è di 24,5 anni, con il 25 per cento dei ricoverati sotto i 14 anni.

Sono pazienti affetti nell’80 per cento dei casi da valvulopatia di natura reumatica, malattia che in Europa è stata debellata da decenni.

In pratica, il diffuso mancato rispetto di basilari norme igieniche, sommato all’assenza di strutture sanitarie in grado di fornire un’adeguata profilassi, lascia campo libero allo streptococco betaemolitico di gruppo A. Si tratta di un agente infettivo della comune faringite streptococcica che spesso porta alla febbre reumatica con coinvolgimento cardiaco. L’innesco di questo cortocircuito è la causa di patologie cardiovascolari nei bambini e adolescenti africani di età compresa tra i 5 e i 15 anni.

In Africa subsahariana sono circa 30 milioni le persone affette da questo genere di malattie (in Sudan 1 ogni mille abitanti) e di queste circa 300mila muoiono ogni anno. In un pezzo d’Africa grande 11,5 milioni di chilometri quadrati – tre volte le dimensioni dell’Europa – abitato da più di 300 milioni di persone, il Salam Centre è l’unica struttura che offre assistenza cardiochirurgica gratuita.

Oggi in attesa nella guest house del centro ci sono persone arrivate a Khartoum da Burundi, Ciad, Eritrea, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Etiopia e Uganda.

I loro percorsi sono diversi. C’è chi c’è l’ha fatta a raggiungere il presidio di Emergency autonomamente. Altri, la maggior parte, hanno invece potuto effettuare il viaggio grazie agli accordi di cooperazione stretti dal loro Paese di origine con il governo sudanese.

“Molti di loro – prosegue Salvati – sono giovanissimi. In molti casi, arrivano da noi in condizioni gravissime, motivo per cui vengono operati in urgenza. Sono affetti da reumatismo articolare, quindi da malattia reumatica cardiaca allo stadio terminale in quanto fin da piccoli non sono mai stati curati per le infezioni contratte. Senza profilassi, la malattia reumatica ha subito ripetuti attacchi che hanno finito per raggiungere il cuore degenerando in cardiomegalia, scompenso cardiaco, stenosi mitralica, infezioni da endocardite. Sono patologie debellate da decenni in Occidente che però, specie in Africa, continuano a provocare migliaia di vittime”.

Il termine chiave per sintetizzare il lavoro svolto qui a Khartoum e nel resto del mondo dall’associazione umanitaria fondata nel 1994 da Gino Strada e dalla moglie Teresa Sarti è free-of-charge, termine inglese alla base di una storia italiana di democrazia sanitaria. “Tradotto – conclude Salvati – significa un percorso di cura completamente gratuito destinato a tutti, senza alcun tipo di distinzione: dall’accoglienza in guest house alla prima visita cardiologica, dall’intervento chirurgico ai controlli post operatori fino alla terapia medica che prosegue fuori dall’ospedale. Emergency non fa interventi spot di poche settimane ma risolutivi sul lungo termine. Noi non ci dimentichiamo dei pazienti. La nostra missione è seguirli a vita, fin quando avranno bisogno di noi”.

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