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Il talent di soft robotica a Livorno: vince il team italiano

L'evento, organizzato dalla scuola universitaria Sant'Anna di Pisa, sta richiamando nella città portuale un nugolo di competitori da mezzo mondo

Pubblicato:28-04-2018 11:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:49

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LIVORNO –  A Livorno esperti e appassionati si danno appuntamento al talent di soft robotica. L’evento, organizzato dalla scuola universitaria Sant’Anna di Pisa, sta richiamando nella città portuale un nugolo di competitori da mezzo mondo.

Ma l’Italia che potenzialità ha nel settore?

La ‘Dire’ lo domanda a Paolo Dario, docente al Sant’Anna e già direttore dell’istituto di biorobotica. “Dal punto di vista tecnologico- spiega- ne ha moltissime, nel senso che siamo uno dei grandi Paesi costruttori di robot. C’è una diffusa competenza, moltissime imprese che sanno costruire sia robot che sistemi integrati e vendere in tutto il mondo. Dal punto di vista tecnologico siamo fra i leader”. Diverso è il discorso sul piano economico, “bisogna chiarire una cosa- afferma-: per vendere i robot siamo messi molto bene, per sostenere lo sviluppo secondo filiere che vanno verso prodotti nuovi, profondamente innovativi, invece, siamo sicuramente i più deboli, perché il nostro sistema di finanziamento dell’investimento non è particolarmente sviluppato”.

Il professor Dario è anche particolarmente attento al dibattito che ha preso campo da anni sul possibile impatto negativo per la classe media della robotica in termini di perdita di posti di lavoro. “Nessuno sa prevedere il futuro- taglia corto-: né i profeti di sventura, né gli ottimisti a oltranza”. Tuttavia, la rivoluzione tecnologica ha due facce per il docente del Sant’Anna: il software e i robot.


Sono 15 i concorrenti del talent di soft robotica

A spiegare il funzionamento della competizione alla ‘Dire’ è Cecilia Laschi, a capo dell’organizzazione, docente di Bioingegneria proprio del Sant’Anna. “Ci sono due campi di gara, uno rivolto alla manipolazione, l’altro rivolto alla locomozione- afferma-. Quello che vogliamo dimostrare è che i robot soft possono fare, intanto, almeno quello che fanno i robot tradizionali, quindi passare sui terreni accidentati: c’è un pezzettino di campo di gara con la sabbia, ci sono degli scalini, ci sono degli ostacoli da aggirare, ma possono fare qualcosa in più”.

Ad esempio, prosegue Laschi, “nel campo di gara sulla locomozione c’è un passaggio stretto con delle dimensioni più piccole di quelle del robot, il quale quindi deve stringersi, cambiare forma, inventarsi qualcosa per passare da questo spazio più stretto”. Allo stesso modo, nell’ambito della “manipolazione ci sono compiti di presa con oggetti molto fragili come un cono gelato. Si dimostra così che il robot soft può riuscire in questi compiti, laddove un robot rigido non ce la fa”.

I campi di applicazione sono molteplici

L’alta innovazione, tuttora, sta dando un supporto valido in campo medico. “In chirurgia sono già state utilizzate un po’ le tecnologie di soft robotica- ricorda la professoressa Laschi-, per esempio costruendo degli endoscopi che possono muoversi in maniera più sicura nel corpo umano, meno dolorosa, essendo morbidi”. Inoltre, “sempre in ambito biomedico sono utili nell’assistenza alla persona, così come i robot indossabili, perché diventano una specie di tessuto che aiutano nel movimento, e per la costruzione anche di organi artificiali”.

Con queste tecnologie possono essere abilitate della capacità che la robotica tradizionale non è ancora in grado di superare

“Con le sfide che abbiamo lanciato alla comunità della soft robotics stiamo cercando di dimostrare che con queste tecnologie possono essere abilitate della capacità che la robotica tradizionale non è ancora in grado di superare: quindi, nuove sfide, nuove capacità. E tutto questo è anche grazie alle competizioni che stiamo organizzando e che hanno avuto la partecipazione di moltissimi gruppi a livello internazionale”. Lo spiega alla ‘Dire’ il dottor Matteo Cianchetti, ricercatore della scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa che, oggi, organizza un talent di soft robotica a Livorno, ai bagni Pancaldi. “Gli ambiti di applicazione spaziano molto- prosegue-: puntiamo principalmente sulle applicazioni biomediche, dalla riabilitazione alla robotica di servizio per aiutare le persone diversamente abili e gli anziani oppure alla chirurgia con nuovi strumenti che riescono a interagire con l’uomo in maniera sicura, ma efficace”.

Vince il team italiano

Il talent di soft robotica organizzato a Livorno dalla scuola universitaria superiore Sant’Anna di Pisa ha raggiunto un verdetto. Erano due le competizioni scelte dagli organizzatori per richiamare nella cornice del palazzo dei bagni Pancaldi ricercatori di rango internazionale: la prova della locomozione e la prova della manipolazione. Nella locomozione a vincere è stato il team italiano Spyro IIT, seguito da Loco Sheet dell’Università di Seul (Corea del Sud) e dagli americani di Teleoperated Stanford Vine robot. L’elemento chiave del loro successo è stata l’affidabilità tecnica e la capacità di prevalere su ogni sfida, muovendosi senza problemi sulla sabbia, riuscendo a stringersi in maniera efficace per passare da una porta stretta e salendo degli scalini con delle dimensioni ragguardevoli rispetto alla misura del robot. Alla fine è riuscito anche a spostarsi fra degli elementi instabili senza farli cadere.

Nel caso della gara di manipolazione l’ordine di arrivo ha visto Cambridge Arm del Regno Unito, i francesi di Echelon3 Inria e gli americani dell’Università dell’Illinois con Br2 manipulator. La versatilità è stato l’elemento cruciale. Se per un verso, in effetti, il robot ha dovuto esibire sufficiente forza da alzare una bottiglia pesante, dall’altra è stato in grado di afferrare un oggetto delicato come un cono gelato o un palloncino senza romperlo.

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