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Report del Consiglio grande e generale del 27 aprile – Seduta pomeridiana

SAN MARINO - Nel pomeriggio si conclude il dibattito al comma 19 “in merito alle recenti attività intraprese

Pubblicato:28-04-2016 09:41
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:38

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SAN MARINO – Nel pomeriggio si conclude il dibattito al comma 19 “in merito alle recenti attività intraprese dalle autorità italiane nei confronti di persone fisiche e giuridiche residenti a San Marino nell’ambito dell’operazione denominata ”Torre d’Avorio”. I lavori proseguono quindi con il comma 20, progetto di legge “Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, della contrattazione collettiva e del diritto di sciopero” (II lettura).

Di seguito un estratto degli interventi del pomeriggio.

Comma 19 – “Riferimento del Governo in merito alle recenti attività intraprese dalle autorità italiane nei confronti di persone fisiche e giuridiche residenti a San Marino nell’ambito dell’operazione denominata “Torre d’Avorio” e successivo dibattito”.


Matteo Zeppa, Rete: “Spiace constatare che questo dibattito vede la presenza solo di un Segretario di Stato. Anzi due, uno è arrivato adesso. L’indagine “Torre d’Avorio” si concatena alla voluntary disclosure. Veniamo oggi in Aula sapendo del comunicato congiunto, sapendo che tutto sembra messo a posto, ma non sappiamo cosa deve fare chi ha ricevuto le raccomandate. Lo doveva dire il Segretario. Non siamo stati bravi. Manca la politica estera, manca la capacità di confrontarsi con altre legislazioni, oltre a quella italiana. Un governo che non sa tutelare i propri cittadini che governo è? Sono state congelate le posizioni? Non lo so. Lo doveva dire lei, Segretario. Cosa ha offerto San Marino all’Italia per far sì che le situazioni venissero congelate, come pare sia successo?”.

Enrico Carattoni, Psd: “Le riforme che abbiamo fatto sono importanti. Le nostalgie di chi dice che una volta si stava meglio si possono evitare. La colpa non è da ricercare in questo governo, ma nei comportamenti che nel 2007, 2008 e 2009 ci hanno portato in black list, con un rapporto con l’Italia compromesso. E’ necessario un sempre più forte e influente rapporto politico fra le amministrazioni. La creazione del tavolo tecnico è fondamentale. Serve ripensare alle relazioni politiche bilaterali e multilaterali. Non possiamo affrontare queste complicate questioni con la politica estera che si faceva 20 anni fa. E’ stato fatto un lavoro silenzioso ma efficace, l’Aula deve essere cosciente di questo e ringraziare le istituzioni che hanno lavorato per questo obiettivo”.

Augusto Michelotti, Su-LabDem: “Nell’immaginario collettivo nostro e dei confinanti cosa rimane di questa vicenda? La solita storia. Ci considerano ancora uno Stato canaglia, nonostante gli sforzi fatti per arrivare al giudizio contrario. E’ su questo che bisogna puntare in maniera decisa. Si ripete il solito copione, che va cambiato in maniera decisa e ferma. Siamo stati attaccati, dobbiamo reagire in maniera forte e decisa. Dobbiamo far capire a chi dirige queste manovre che il Paese sta cambiando. Siamo cambiati ma sembra non se ne sia accorto nessuno”.

Federico Pedini Amati, indipendente: “Mi sarei aspettato un atteggiamento più vigoroso da parte del Segretario agli Esteri. Fino al punto di richiamare l’ambasciatore sammarinese in Italia. Non mi sognerei mai di attaccare la Guardia di Finanza, che fa il suo lavoro. Ma in questo caso non si tratta di fare un lavoro legato a fare emergere evasori fiscali. Quando arrivano in un altro territorio migliaia di lettere, ciò mi lascia molto perplesso. Questo è un attacco frontale al nostro Stato. Il problema è politico. Come fa l’indagine “Torre d’Avorio” ad avere tutta questa mole di dati? Chi li ha forniti alla Procura di Forlì? Pongo la domanda ai Segretari agli Esteri e alle Finanze. Pare esserci un server in comune, e su questo vorrei essere smentito, a disposizione dell’Italia e di San Marino, dove si vanno a recepire le notizie sui residenti italiani e nel nostro territorio. Se così fosse, abbiamo venduto la nostra sovranità”.

Luca Lazzari, indipendente: “Ho difficoltà a capire cosa accade. C’è un salto di logica. Altri lo hanno evidenziato. Si dice che i rapporti con l’Italia sono ottimi, ma San Marino subisce un attacco alla sua economia. Gli effetti sono gravissimi.

San Marino subisce un’azione punitiva indiscriminata. Fatta dal corpo di polizia di uno Stato verso la popolazione di un altro Stato. Fra le migliaia di posizioni che dovranno essere verificate solo una parte minima darà qualche esito. Qui c’è un altro salto di logica. Perché la Gdf dovrà impegnarsi in un’operazione mastodontica quando gli effetti saranno minimi? L’ipotesi di uno scoordinamento sul piano tecnico amministrativo a me sembra non tenere. Secondo me qui il nodo è di tipo politico.

Probabilmente la Gdf è stata obbligata a usare le reti a strascico per catturare qualche pesce grosso. Ma ha anche coinvolto pesci piccoli, i sammarinesi onesti e laboriosi”.

Marino Riccardi, Psd: “Ritengo che questi non siano argomenti sui quali fare battaglie politiche. Ci sono altre occasioni per attaccare il governo. Maggioranza e opposizione devono essere dalla stessa parte per difendere la Repubblica.  Quanto successo non ha precedenti e va al di là di quanto si possa fare in uno Stato di diritto. Forse in contrasto con le leggi internazionali. Non si può pescare nel mucchio senza avere indizi precisi. Il danno è stato d’immagine. C’è terrorismo psicologico per le nostre attività economiche. Non ci può essere un continuo attacco alla nostra economia. L’economia è cambiata, è sana, deve lavorare in tranquillità.

Il governo si è mosso bene, con tempestività, con incontri immediati a Roma al tavolo tecnico. C’è stato anche un incontro politico tra i rispettivi ministri a Washington. Il risultato per il futuro è la costituzione di un tavolo misto: quando ci sarà qualcosa da reclamare ciascuna parte potrà utilizzarlo.

Se quello che si è fatto negli ultimi 20 giorni fosse stato fatto qualche mese fa, probabilmente si poteva attutire il colpo”.

Nicola Selva, Upr: “L’operazione mette sotto la lente di ingrandimento i rapporti con la vicina Italia, non è cosa da poco, è necessaria da parte del governo una presa di posizione netta di fronte questa situazione. Comunque non voglio fare polemica e strumentalizzare, questa vicenda deve servire per fare una grande riflessione su un’azione condivisa da attivare per riscattare maggiormente la nostra statualità. Serve maggiore capacità di politica internazionale, giuridica e di comunicazione, sono queste le tre attività da mettere in campo. Il governo ha preso posizione, ma forse, rispetto la velocità di comunicazione attuale, è stata tardiva”.

Augusto Casali, Indipendente: “Sono rimasto stupito dai toni tranquilli dei membri di governo e soprattuto quando un terzo segretario ha detto che l’Italia ha fatto bene. Se questo è lo spirito, credo che difficilmente si otterranno risultati. Tutti quanti possiamo essere d’accordo nel dire che l’operazione Torre d’Avorio ha provocato grave danno di immagine ed economico al Paese. Mi viene da chiedere se tutto quanto fatto all’unanimità del Consiglio, dal 2008 in poi, nel svolgere un’operazione di allineamento legislativo rispetto alla comunità internazionale e per impostare un’economia più reale e trasparente, non conti nulla. E’ come se non avessimo fatto niente perché il rapporto con l’Italia non è quello che si sperava. Non possiamo dire che è un fatto del passato perché le lettere sono di oggi e non possiamo accontentarci di qualche pacca sulle spalle. Ho sentito dire che c’è stata rapidità di intervento, ma non ho avuto questa sensazione. Se poi il risultato è stato un tavolo tecnico dico che siamo messi male perché il problema è politico. Bisogna mettere le tende a Roma e pretendere un trattamento di pari dignità. Dobbiamo stare dalla stessa parte per quale tipo di politica? E’ necessario svincolarci dall’abbraccio esclusivo con l’Italia. Le nostre ragioni devono essere conosciute anche dagli organismi internazionali qualora ce ne fosse bisogno”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Mi sono chiesto cosa potesse fare di più il governo dopo l’arrivo della bomba ‘Torre d’Avorio’ ma credo che l’attacco della Gdf non debba essere interpretato con ‘quello che si sarebbe dovuto fare dopo’, ma ‘prima’. Ieri proprio mentre usciva un comunicato congiunto, c’erano controlli sulla superstrada che ferava i camion. Bello parlare di internazionalizzazione, ma il dato di fatto resta che siamo qua, un’enclave dentro un altro Stato. Quindi due sono gli atteggiamenti necessari di trasparenza vera: dobbiamo essere più avanti dell’Italia per lo scambio di informazioni e per inattaccabilità, ma a quel punto io pretendo dalle mie istituzioni orgoglio e fierezza quando siamo ai tavoli. Se siamo in regola non andiamo a chiedere favori. Andate con orgoglio a chiedere il rispetto della nostra statualità, non andate a fare i portavoce dei tecnici”.

Franco Santi, C10: “Torre d’Avorio non è una bomba esplosa a marzo, ma è una vicenda che ci portiamo dietro da tanti mesi, legata alla strategia di un Paese che ha messo in campo- non solo con San Marino- con lo scopo preciso di far rientrare capitali nel proprio territorio. Credo che ci fossero già tutti gli elementi per attivare  un’azione forte da parte del nostro governo con il governo italiano per chiedere  un tavolo politico che risolvesse questa situazione. E su questo ritardo il mio giudizio è molto negativo. La responsabilità il governo se la deve prendere tutta, perché in sei mesi non si è fatto nulla. Visti poi i risultati raggiunti in breve tempo ultimamente- e che speriamo al più presto diventino più concreti attraverso qualcosa di scritto e firmato- perché il governo non si è attivato prima?”.

Mario Lazzaro Venturini, Ap: “Da qualche intervento mi pare di aver capito che l’offensiva della Gdf sia dovuta al fatto che non siamo ancora a posto, malgrado i riconoscimenti avuti, qualcuno ha detto che che l’offensiva è fuori dalle regole internazionali, altri hanno detto che sì, è fuori dalle regole, ma noi non siamo a posto. Preferirei attenermi ai fatti e a quello che vedo. Tra qualche anno quando ricorderemo i periodi più burrascosi del rapporto italo-sammarinese non potremo fare a meno di fare due riferimenti fondamentali: le nostre precise responsabilità e l’accanimento italiano nei nostri confronti. In questi anni ci siamo cosparsi abbondantemente il capo di cenere e non potevamo fare molto altro, sapevamo d avere sbagliato, abbracciando uno sviluppo che aveva lasciato spazio alle distorsioni. Potevamo solo assicurare gli interlocutori che saremmo cambiati. Nonostante questo, nel 2008-2010, in piena bagarre, qui nell’Aula l’opposizione, il Psd, attaccava il governo del Patto indicandolo come incapace. Si pretendeva che l’allora segretario agli Esteri, Mularoni, risolvesse tutto in quattro e quattr’otto. Nonostante l’offensiva italiana fosse catalogabile come accanimento, credo che la nostra reazione timida fosse dovuta al senso di colpa perché per anni ne avevamo fatte di tutti i coloro.  Oggi però siamo in una condizione diversa. Il governo di fronte all’offensiva ‘Torre d’Avorio’ ha però adottato una linea morbida. E’ sempre difficile per un Paese come il nostro, con i suoi limiti, adottare la linea migliore, ma io avrei preferito un intervento più forte da parte del governo, dato che le condizioni sono diverse dal passato. Non mi sento di mettere in croce nessuno, ma dal mio punto di vista un’azione più tempestiva, forte e di tipo politico credo fosse necessaria. Poi magari mi sbaglio e otterremo comunque ottimi risultati, ma mi sento di fare presente questo. Si sarebbe dovuto poi mettere in campo un’azione di maggiore informazione e assistenza verso i cittadini colpiti dalla comunicazione della Gdf”.

Francesca Michelotti, Su-LabDem: “Rivolgo domande a tutti i consiglieri. Davvero pensavate di avere lasciato alle spalle il passato? Come siamo stati ingenui a crederlo. La Gdf ci ha ricordato che il sistema non si è liberato dagli elementi tossici. Lungi da me mettere in discussione l’operazione della Gdf. Anche se l’entità del danno è stata eccessiva, al di là del numero di persone colpite dalla fishing expedition. Pensiamo infatti al danno di immagine inferto ad un sistema che sta difficilmente risalendo la china. Qualcuno ha detto che San Marino deve fare la voce grossa. Faremo il ‘ruggito della formica’ Tuttavia potremmo emettere un fastidioso ronzio della zanzara, ma anche quello occorre saperlo fare. Come? Seppellire il nemico con lettere di protesta, disturbare l’avversario nel week end, mettere le tende fuori casa a Roma, Ravenna, Bologna… prenderlo per sfinimento. Ma non ho visto questa lungimiranza, nemmeno ho visto rivolgersi all’Ocse contro la pratica della fishing  expedition per ottenere una pronuncia super partes per capire se siamo davvero delle vittime, è una verifica da fare oggi. Non possiamo dimenticare che con l’Italia c’è un cordone ombelicale, e in questo percorso gioca un ruolo decisivo l’accordo con l’Ue e anche puntare a prospettive più ampie. Mi spiace segretario Valentini, ma la vostra visione di politica estera è banale, anche il comunicato congiunto è riduttivo, ci aspettavamo di più. E’ vero che conta come ne usciamo, ma conta anche come evitare di entrarci di nuovo. E’ un problema che il governo deve affrontare subito”.

Alessandro Mancini, Ps: “Oggi abbiamo le carte in regola e un’azione di questo tipodella Gdf diventa difficile da sostenere. Non mi è piaciuto nel riferimento del governo il fatto che sia stato un fulmine a ciel sereno, non lo è stato. E’ passato quasi un anno a seguito di una nota della segreteria Finanze che chiedeva un incontro urgente con il ministro Padoan sull’inizio di questa operazione, il problema era già noto. Critico il governo per non aver gestito nel migliore dei modi  e dei tempi quello che era venuto fuori un anno fa. Riconosco che l’ultimo incontro tecnico ha portato i primi risultati, così come quello di un tavolo permanente. Ma se ci fosse stato un anno fa, mi viene da pensare che certe questioni oggi non le avremmo avute. Dall’agosto dell’anno scorso c’è stata un po’ di superficialità. La politica estera deve dare una marcia  in più a una questione tecnica. Oggi deve iniziare la vera missione per evitare che non succedano più cose come queste, dall’altra bisogna recuperare il livello di sovranità che forse abbiamo perso. In questo caso una denuncia all’Ocse credo sarebbe stata opportuna. Abbiamo bisogno di leve, se riusciamo ad avere più forza con gli altri Paesi andiamo a recuperare quella forza che l’Italia vuole sminuire”.

Gerardo Giovagnoli, Psd: “Causa prima dell’inchiesta è stata la permanenza dal 2009 al 2014 della Repubblica in black list. Questo status può portare ancora oggi effetti negativi. Se dal 2009 ad ora non si fosse proceduto con tutto quel corpus normativo, con tutti gli accordi con l’Italia per uscire dalla black list ed entrare in white list, oggi non saremmo a raccontare che vi è stato un comunicato congiunto, con cui le autorità italiane riconoscono i nostri passi in avanti. Quello che si poteva fare con l’operazione politica messa in atto da governo e dagli incontri tecnici della segreteria per le Finanze: due gli obiettivi, nell’immediato risolvere il più possibile i tanti casi che ancora avrebbero dovuto procedere per i controlli della Gdf e il fatto che per il futuro non debbano più esserci casi in cui l’amministrazione italiana sia in grado di arrivare a inviare richieste di informazioni, senza una preventiva attivazione dei canali diplomatici. Il danno sulla competitività c’è stato  e su quello bisogna porre rimedio. Sono giuste le considerazioni di lamentela verso quanto accaduto. Eppure se non ci fosse stata l’azione tecnica, ma intrinsecamente politica, e che continuerà, non ci sarebbero già le notizie che sappiamo di inversione di tendenza sul caso ‘Torre d’Avorio’”.

Luca Beccari, Pdcs:  Dove sta la vera anomali di questa vicenda? Questa non è tecnicamente una fishing expedition, si dice cosa non corretta quando si esorta a ricorrere agi organismi internazionali. Bisogna partire da un’anomalia che sta a metà tra il tecnico e il politico. Il problema sta nel fatto che nell’accedere ai dati chi fa i controlli in Italia non ha considerato minimamente che tra San Marino e Italia c’è una naturale connessione. Che, per esempio, una riminese può essere sposata con un sammarine. Credo che il comunicato di ieri non sia assolutamente la risoluzione dei problemi, ma è un importante punto di svolta su un temi generalmente di forte contenzioso tra tutti gli Stati. C’è un riconoscimento di una sostanziale condizione diversa di San Marino dal passato e che esistono i presupposti per risolvere il contenzioso su altri tavoli. Il dibattito ch eho ascoltato va a finire su sintesi un po’ banali. Io ho vissuto l’andare ai tavoli bilaterali, quando potevamo solo promettere di cambiare e dopo il comunicato di ieri la percepisco la differenza. Ma qui siamo arrivati ad un punto dove non esiste più una logica in quello che diciamo”.

Repliche

Gian Carlo Capicchioni, segretario di Stato alle Finanze: “Credo che nel dibattito tanta ipocrisia ci sia stata in diversi interventi. Vorrei capire e vorrei essere aiutato a capire le azioni in cui, secondo qualcuno, il governo ha mancato o ha adottato una linea talmente morbida che non ha portato risultati. Sicuramente ‘se si andava giù  Roma’…sì ma qualcuno deve farci entrare e e farsi ascoltare. Credo che dobbiamo invece avere la consapevolezza di chi siamo, cosa vogliamo e che peso ha la nostra economia per poter andare giù e battere i pugni sul tavolo. Non credo sia la strada percorribile e che dà i risultati. La strada è sicuramente quella della politica, noi abbiamo chiesto subito un incontro politico, la nota inviata al Mef attraverso la nostra Ambasciata non è certo una nota all’acqua di rose, subito ha avuto poi riscontro a livello politico .Il Mef ha capito la portata dell’azione della Gdf e che per il nostro Paese ha un impatto devastante e si è reso subito disponibile a confrontarsi. L’esigenza del ministro è stata quella di voler approfondire la cosa prima sul piano tecnico. Si è avuta la consapevolezza di aver fatto un’aggressione al nostro Paese da parte della Gdf. Tutto è migliorabile. Certo. Ma su questo aspetto mi sento di aver lavorato in maniera pronta, corretta e leale nei confronti del nostro interlocutore esterno che ha risposto immediatamente sulla problematica. C’è chi dice che abbiamo lasciato soli i nostri cittadini e residenti, anche questo non corrisponde al vero, abbiamo dato assistenza  e indicazioni. Credo che poi se si istituisse un punto di riferimento, questo debba comunque dirottare all’ufficio tributario per certificare l’effettiva residenza e allora serva a poco. L’ufficio di riferimento c’è già. Ribadisco che l’azione messa in campo dal governo e l’apertura di tavoli tecnici hanno prodotto e produrranno effetti positivi e il comunicato congiunto sta a sancire che le cose sono cambiate da un mese a questa parte e cambieranno per i futuro. Il tavolo tecnico per il futuro ci permetterà di intraprendere azioni per il futuro con l’Italia. Non abbiamo offerto nulla per ottenerlo, consigliere Zeppa, abbiamo solo chiesto perché l’azione messa in campo la riteniamo inaccettabile e deve essere affrontata insieme per fare in modo che casi del genere non si ripetano. Stiamo lavorando con il Mef per un’azione condivisa che vada a definire per il futuro azioni e rapporti in maniera preventiva. Crediamo di avere fatto del nostro meglio”.

Luca Santolini, Civico 10: “Non riesco a non rispondere all’ultimo intervento di Luca Beccari. E’ stato l’unico che ha provato ad alzare i toni nel dibattito, che era stato pacato e rispettoso. L’ha fatto in maniera non corretta. Quando fa la lezioncina tecnica guardando le opposizioni, dicendo che ci sono stati interventi che hanno dato messaggi sbagliati in merito all’operazione, dovrebbe ricordarsi che i primi a parlare di fishing expedition è stato il governo con un comunicato stampa. Lo ha ribadito peraltro Marco Gatti nel suo intervento”.

Pasquale Valentini, Segretario di Stato agli Affari Esteri: “Non ci sarebbe stato il comunicato congiunto se non ci fossero ottimi rapporti fra i due Paesi. Se fra i due Paesi non ci fossero stati certi rapporti non ci sarebbe stata la possibilità di agire per una soluzione condivisa”.

Federico Pedini Amati, indipendente: “Ho sentito dire dal Segretario Capicchioni, e ciò mi lascia perplesso, che nel 2009 San Marino avrebbe messo a disposizione 20mila transazioni bancarie rispetto alla situazione del sistema bancario sammarinese. Se ho capito male le chiedo di smentirmi. Non sapevo che nel 2009 erano stati forniti dei dati di transazioni a istituzioni in Italia”.

Ivan Foschi, Sinistra Unita: “Ho sentito due linee diverse in maggioranza. Beccari ha idee differenti rispetto a Capicchioni. E’ una pratica che tolleriamo, oppure no?”

Marco Gatti, Pdcs: “Il database fungeva da garante dei dati. E’ stato fatto attraverso un decreto, votato in Consiglio Grande e Generale”.

Andrea Zafferani, Civico 10: “L’Aula dovrebbe confrontarsi su quali punti centrali vogliamo portare all’incontro. Dobbiamo essere tutti protagonisti, lo dico soprattutto al governo, che non dovrebbe agire in autonomia, ma interagire con l’Aula. Nel momento in cui avrete la certezza dell’incontro politico, ci sia un confronto con tutte le forze politiche. Come governo dovete imparare a non fare tutto di testa vostra. L’operato può essere giudicato, come in questo caso, insufficiente”.

Marco Podeschi, Upr: “Nei Paesi evoluti maggioranza e opposizione parlano informalmente dei temi importanti per il Paese. Non mi sarei scandalizzato se lei e i colleghi del Congresso ci aveste convocato per comunicarci informalmente cosa stavate facendo”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Il MEF ci fa sapere che loro si aspettano da San Marino 2 miliardi, prima della chiusura della voluntary disclosure. Come hanno fatto a quantificare? Avevano tutti gli elementi. Padoan sulla stampa ci dice che ne faranno un’altra. Dal 2009 al 2014 tutte le informazioni vengono utilizzate per dirci: ‘Ci aspettavamo di più, vogliamo di più’. Il Segretario ci porti il documento con gli accordi presi a Roma, perché voglio capire come si è arrivati a questa svolta”.

Mario Venturini, Alleanza Popolare: “Ai tempi dell’iniziativa contro Delta – Cassa di Risparmio il Paese era prostrato e non ha reagito. Adesso siamo in condizioni diverse, siamo un Paese affidabile. Ecco perché prevedevo un percorso diverso. Io avrei preteso un incontro con il ministro del MEF perché avrei immediatamente voluto una dichiarazione che diceva che il Paese è affidabile. Sarei poi andato all’OCSE per chiedere un’interpretazione rispetto a quanto fatto dall’Italia”.

Gian Franco Terenzi, Pdcs: “Le situazioni pregresse andavano azzerate. Il problema è stato posto quando è stato fatto l’accordo e c’è stata l’uscita dalla black list?

Conclusioni

Giancarlo Capicchoni, Segretario di Stato alle Finanze: “Sull’azione posta dal governo, è stata immediata e decisa. Il ministro ha ritenuto di rinviare l’incontro dopo alcuni confronti di carattere tecnico – politico sul tema. Potevamo fare di più per costringerlo a venire al tavolo? Può darsi. A Terenzi: quando è stato fatto l’accordo è stata sottolineata la problematica del pregresso, ma non c’è stato il riscontro che ci si attendeva. Da parte dell’Italia non è stata accolta la nostra richiesta, che andava nella direzione di sanare il periodo precedente all’accordo”.

Comma 20. – Progetto di legge “Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, della contrattazione collettiva e del diritto di sciopero” (II lettura)

Relatore di maggioranza, Andrea Belluzzi, Psd: “Il percorso di discussione di questa normativa ha visto emergere la contrapposizione tra due distinte concezioni del modo di intendere e regolare le relazioni industriali. Da una parte chi ritiene che nella libertà di associazione possa stipulare contratti con efficacia erga omnes chi ha la maggiore dimensione per numero di iscritti e quindi chi ha capacità di rappresentare il maggior numero di lavoratori, dall’altra chi invece ritiene che la democrazia rappresentativa possa, oggi, essere superata, in favore di una democrazia “diretta”, dove il referendum – dopo la negoziazione – è l’unico strumento che possa portare all’adozione di un contratto collettivo erga omnes.
L’articolo 25 è quello oggetto di maggiori interventi sostanziali, alla luce dell’ulteriore confronto con le parti sociali. Viene ridotto il livello di rappresentatività richiesto alla parte datoriale per poter validamente sottoscrivere il contratto collettivo di settore, nell’ipotesi in cui non sia soddisfatto dalla associazione datoriale, o loro coalizione, il requisito dell’occupare almeno il 50% +1 dei lavoratori del settore. La formula, simmetrica a quella prevista per le Organizzazioni, prevede che se tutti i datori iscritti alle diverse associazioni datoriali occupino almeno il 50% +1 dei lavoratori del settore, l’associazione i cui datori iscritti abbia un numero di dipendenti pari al valore corrispondente al 66% dei lavoratori operanti presso tutti i datori iscritti alle diverse associazioni datoriali, potrà validamente sottoscrivere il contratto.
L’articolo 32 specifica che l’approvazione della maggioranza dei dipendenti del datore o dei datori di lavoro firmatari per l’estensione degli effetti del contratto collettivo aziendale deve conseguire a procedura referendaria sindacale democratica e trasparente. Va da sé, come indicato nel progetto di legge, che il Comitato Garante dovrà vigilare affinché il referendum sul contratto collettivo di settore nonché su quello integrativo aziendale sia aperto il confronto con gli interessati da parte tutte le organizzazioni sindacali e associazioni datoriali e che tutti i destinatari possano conoscerne i contenuti e prendere parte al voto”.

Relatore di maggioranza, Roberto Ciavatta, Rete: “La legge sulla rappresentatività dovrebbe risolvere la situazione creatasi a San Marino negli ultimi anni: la legge del 1961 che regolava la contrattazione collettiva stabiliva, in una situazione molto differente da quella odierna, unicamente il principio che il contratto di lavoro avesse validità erga omnes, cioè dovesse venir applicato da tutti i datori di lavoro per tutti i lavoratori dipendenti del settore di pertinenza. Nel 1961 la situazione era molto differente rispetto ad oggi. Seppur esistessero due sigle sindacali, esse operavano assieme, avendo costituito la CSU. A ogni contrattazione, dunque, si riusciva (non senza fatica) a sottoscrivere un unico contratto di lavoro, che aveva validità erga omnes.
Ora spesso ci si trova di fronte a più di un contratto, e se CSU ha nel tempo prediletto accordi con ANIS, dunque con le grandi attività per lo più industriali, USL ha prediletto accordi con le sigle riconducibili allo IUS, di dimensioni più esigue ma numericamente maggiori.
Il nostro tessuto economico si fonda sulle piccole attività, all’interno delle quali i rapporti tra datore e lavoratori sono spesso più ‘familiari’. Non entriamo qui nel peso, in termini di imposte, versato tanto più dalle piccole attività rispetto alle grandi. Il valore medio di lavoratori per ogni impresa solo in due settori è superiore a 5. Sono il manifatturiero (11 lavoratori per impresa) e quello finanziario (12,6 lavoratori per attività). Escludendo le attività senza dipendenti, le medie passano a 15,12 nel manifatturiero, e 19,31 nel settore finanziario.
Va sottolineato che in questi due settori la media di occupazione femminile è estremamente ridotta (nel manifatturiero 1 lavoratore su 4). Le donne sono maggiormente occupate in settori in cui il numero di occupati per attività non è superiore a 3/4. Possiamo quindi presumere che una legge, come questa, che basa i rapporto di forza in termini di maggior numero di occupati, sia penalizzante per la rappresentanza delle lavoratrici donne.
Un malinteso che si ripete in tutta la legge: il calcolo del peso delle associazioni viene stabilito non dal numero di datori iscritti (con almeno un lavoratore a carico), ma dal numero di lavoratori dipendenti che occupano. La legge, in tal modo, favorisce le associazioni al cui interno sono iscritte le grandi imprese, che però sono una piccolissima percentuale delle attività a San Marino.
Un articolo problematico è il 25, che tratta dell’erga omnes attribuendola solo ai contratti sottoscritti dalle organizzazione sindacali e associazioni che rispettino certi requisiti. E’ immediatamente evidente che le associazioni datoriali sono valutate in base al numero di occupati. Un contratto viene stipulato da due parti contraenti, ognuna delle quali deve trovare un equilibrio accettabile per sé. Per quale motivo qualche decina di grandi imprenditori deve poter costringere alle sue condizioni il 90% dei colleghi di dimensioni inferiori?”

Iro Belluzzi, Segretario di Stato al Lavoro: “Uno degli elementi che voglio mettere al centro di quanto fatto è la scelta di mantenere in essere l’erga omnes, il contratto di lavoro con valenza di legge. Ciò risulta essere più necessario rispetto alla libera contrattazione. Il governo e la maggioranza pongono al centro il bene comune dei lavoratori e dei cittadini. Ci sono 18mila impiegati nel comparto privato. In un momento come questo le tutele devono essere garantite dai governi. Il dibattito è ampio anche in Italia, dove si dibatte per un contratto nazionale di settore. Si pensa di regolamentare il tema della rappresentatività. Non è una materia semplice da affrontare.

C’è un percorso iniziato nel 2009 che sta dando i suoi frutti. Il PIL è aumentato. Il messaggio che si vuole dare alla cittadinanza è che negli ultimi tre anni gli occupati sono aumentati. Un altro elemento: l’economia di San Marino si è salvata anche grazie all’eterogenericità del sistema economico. Ma ricordo che chi ha permesso di recuperare i 737 posti di lavoro persi nel 2015 sono state importanti aziende come la Colombini, l’ASA, la SIT”.

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