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VIDEO | Giornata delle malattie rare, in Italia ne soffre un milione di persone

Le patologie sono circa 7.000. Spiega tutto Andrea Bartuli, responsabile dell'unità di Malattie Rare e Genetica Medica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù

Pubblicato:28-02-2019 09:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:10

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ROMA – Quando una malattia può dirsi rara? Quante persone deve colpire per definirsi tale? Quali sono le tipologie ad oggi conosciute e diagnosticate? In base ai dati diffusi dal Registro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19mila i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la Penisola.

Il 20% delle patologie riguarda pazienti in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni), tra i quali le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%) e le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione, del metabolismo e disturbi immunitari(20%). Mentre nei pazienti in età adulta, le frequenze più alte appartengono al gruppo delle malattie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) e delle malattie del sangue e degli organi ematopoietici(18 %). Insomma una tematica che solleva quesiti a cui la scienza e l’informazione cercano di rispondere grazie anche ai progressi registrati. Per non abbassare la guardia e sostenere i malati e le loro famiglie che ogni anno, il 28 febbraio in tutto il mondo si celebra la Giornata delle malattie rare.


La Dire ha intervistato Andrea Bartuli, responsabile dell’unità di Malattie Rare e Genetica Medica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma per approfondire quanto di nuovo c’è e fare un focus sulle malattie rare che colpiscono i più piccoli e come e se è possibile prevenirle.

– Che cos’è una malattia rara?

“La definizione di malattia rara è epidemiologica, ovvero una malattia per essere rara non deve colpire più di un bambino ogni 2000mila. Questa incidenza chiaramente risente, a seconda dei Paesi e delle caratteristiche genetiche della popolazione per cui alcune condizioni sono rare in certi Paesi e non lo sono in altri. In più questo dipende anche dalla capacità di diagnosticarle. Per esempio un tempo la celiachia era considerata rara, mentre ora è diagnosticata molto facilmente poichè è estremamente diffusa nella popolazione”.

– Quante tipologie esistono?

“Le malattie rare sono numerosissime e il loro numero viene aggiornato continuamente, arriviamo a stimarne tra le 7 e le 8mila tipologie. Molte di queste peraltro sono malattie molto rare e si registra un’incidenza di un bambino ogni milione. Diciamo che l’80% delle malattie rare è rappresentato da 350 patologie circa”.

– Che tipo di incidenza si registra nella popolazione italiana?

“L’incidenza varia molto a seconda della condizione. Possiamo dire che circa 400mila bambini sotto i 16 anni si considerano affetti da malattie rare in Italia. Tra questi, quasi la metà, sono in cerca di una diagnosi, che ‘inseguono’ per un periodo di tempo da uno a cinque anni. In Italia si contano circa un milione di persone affette da malattie rare”.

– Le malattie rare colpiscono in età infantile oppure possono manifestarsi anche in età adulta?

“Prevalentemente si manifestano in età infantile, circa il 60% delle malattie rare si palesano infatti nei primi anni di vita e molte tra queste patologie sono peraltro invalidanti”. – Quali sono le patologie rare più frequenti in età pediatrica? “La frequenza è legata molto alla capacità di individuarle e la facilità nel porre dunque una diagnosi. Condizioni ad esempio come la fibromatosi, che si manifesta con delle macchie caffelatte visibili, è una condizione sicuramente molto frequentemente diagnosticata però accanto a questa ci sono condizioni che si manifestano invece con quadri clinici estremamente variegati come le rasopatie che stiamo scoprendo essere tutt’altro che rare”.

– Quali sono gli esami a cui si può sottoporre il piccolo paziente?

“Una malattia rara può manifestarsi con un quadro clinico caratteristico e quando questi corrispondono a quelli da ‘manuale’ cioè che possiamo leggere sui libri, è più facile identificarle. Quando scopriamo che un gene è responsabile di quella condizione possiamo concentrare gli studi, genetici ovviamente, proprio su quel gene e avere conferma della diagnosi. Però stiamo vedendo e scopriamo ogni giorno di più, grazie alle nuove tecniche diagnostiche, che le manifestazioni cliniche di una stessa condizione sono estremamente variabili. Quindi spesso non riusciamo subito a individuare quella malattia, quel gene ma grazie alle nuove tecniche di ‘Next generation sequencing’ è possibile analizzare estese porzioni del Dna o addirittura tutto il Dna e riconoscere anche quelle condizioni che hanno delle manifestazioni cliniche particolarmente inusuali. Le tecniche possono variare poi dall’identificazione, semplicemente guardando il paziente e vedendo la condizioni di cui il bambino è affetto fino alla necessità di andare a verificare, tramite studi genetici mirati o addirittura tramite tutto lo studio del Dna quando non si riesce individua direttamente il gruppo di sintomi clinici manifestate dal piccolo paziente”.

– Il Bambino Gesù ha all’attivo un percorso clinico dedicato a chi è affetto da malattie rare. Di cosa si tratta e come si accede?

“Il Bambino Gesù è inserito in una rete regionale dedicata alle malattie rare che riconosce le eccellenze nelle diverse condizioni, eccellenze cliniche, nella capacità diagnostica e soprattutto nella presa in carico. Infatti, il senso di questo percorso è dare risposta alle richieste dei genitori che sicuramente si aspettano una diagnosi al fine di veder modificata la storia naturale della malattia nonchè migliorare la qualità della vita e favorendo l’inserimento del bambino nell’ambito scolastico, sociale e lavorativo. Per cui per gruppi omogenei di malattie rare o per singole malattie rare, particolarmente numerose come incidenza, sono stati attivati dei percorsi legati a piani diagnostici-terapeutici e riconosciuti validi a livello nazionale. Tali percorsi sono anche condivisi con le associazioni dei pazienti che diciamo assolvono al ruolo di ‘garanti’ all’interno dell’ospedale sia per i pazienti che per le famiglie. Esiste poi anche una struttura dedicata ai bambini con malattie rare non diagnosticate. Colgo l’occasione per ricordare che tutti i bambini presi in carico da una struttura di terzo livello come la nostra, ai quali entro i 6 mesi non viene diagnosticata una patologia specifica sono a tutti gli effetti da considerare pazienti affetti da malattie rare. Questi bambini necessitano di team multidisciplinari formati da genetisti, specialisti di branca, laboratoristi e pediatri che lavorando assieme al fine di condividere al meglio le competenze e per raggiungere ipotesi diagnostiche nonché mettere in atto protocolli diagnostici definitivi. Tutto questo si realizza nel nostro ospedale sia per via telematica che attraverso l’ambulatorio ‘Malattie rare non diagnosticate’ che ha un suo indirizzo email con la possibilità per i genitori di accedere direttamente agli specialisti o attraverso l’ambulatorio multidisciplinare dove ‘fisicamente’ il gruppo discute i casi di pazienti che sono ‘orfani’ di diagnosi. Ma anche dalle unità operative dell’ospedale, che hanno a loro volta monitorano molti pazienti ricoverati oppure inviati dagli ambulatori o dai genetisti dell’ospedale”.

– E’ stata presentata una nuova macchina per le analisi del genoma. Quali sono le caratteristiche peculiari e i vantaggi rispetto alle precedenti?

“Questo strumento permette di analizzare molto rapidamente e a costi bassi il Dna di un paziente, sia nelle parti legate alla codifica delle proteine e quindi alle funzioni di gene sia nelle parti non codificate che ancora non conosciamo bene come funzione all’interno del Dna. Questo studio a tappeto fornisce una enorme quantità d’informazione sul Dna di un individuo che consente, se ‘letto’ da un esperto, di individuare le alterazioni delle sequenze che possono essere la causa di condizioni cliniche a volte anche acute e quindi anche la necessità di intervenire anche rapidamente. Un aspetto quest’ultimo ulteriormente garantito da questa macchina che svolge il proprio lavoro in 72 ore al contrario di procedure che prima erano molto lunghe”.

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