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A Reggio Emilia detenuti (e agenti) al gelo, senza termo e acqua calda. La Garante: “Invivibile”

REGGIO EMILIA - Per una volta detenuti e agenti condividono la stessa 'sorte': nel carcere di Reggio Emilia

Pubblicato:27-11-2015 15:43
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:38

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REGGIO EMILIA – Per una volta detenuti e agenti condividono la stessa ‘sorte’: nel carcere di Reggio Emilia la temperatura è “assolutamente insufficiente, sia negli spazi detentivi che negli uffici e nella caserma dove alloggia il personale della polizia Penitenziaria”. E “la situazione ha già superato ogni livello di sostenibilità e pare del tutto evidente l’insussistenza dei requisiti minimi di vivibilità all’interno degli spazi detentivi”. A lanciare l’allarme è la Garante delle persone private della libertà personale della Regione, Desi Bruno, che ieri ha visitato la struttura insieme al direttore, Paolo Madonna, e alla comandate del personale della Polizia penitenziaria Manon Giannelli, ed ha effettuato diversi colloqui con i detenuti.

Come riferisce la figura di garanzia dell’Assemblea legislativa, “le persone gravemente malate sono costrette a coprirsi con più coperte”, “in alcuni spazi detentivi il funzionamento dell’impianto di riscaldamento risulta del tutto inattivo” e infine “non c’è acqua calda all’interno delle camere di pernottamento, ma solo nelle docce comuni situate all’esterno”. Secondo Bruno, quindi, “già si sono configurati i profili di una detenzione caratterizzata da trattamenti inumani e degradanti”. E tutto ciò accade perché, riferisce la direzione del carcere, “la ditta appaltatrice della fornitura di energia termica ed elettrica che pilota l’impianto a distanza, da Vicenza, regola la temperatura dei caloriferi al minimo”.

carceri-detenutiGià le detenute, attraverso una lettera collettiva, avevano segnalato l’inadeguatezza delle condizioni di vita nelle sezioni detentive proprio in ragione del fatto che “gli ambienti sono freddi oltre ogni ragionevole grado di sopportazione“, prosegue Bruno, il cui ufficio provvederà ora a “produrre una segnalazione urgente per tutte le autorità competenti affinché possano essere intrapresi tutti gli interventi più opportuni per porre fine alla non più tollerabile situazione in essere“.


Anche perché, rimarca la garante, la struttura della città del Tricolore non denota altre particolari criticità. Rimane infatti il trend legato alla significativa riduzione del numero delle presenze, con 174 detenuti (di cui sei donne) e 110 i condannati in via definitiva, non si ravvisa alcun profilo di sovraffollamento ed è pienamente operativo il regime “aperto”, per il quale i detenuti possono passare almeno otto ore al di fuori delle camere di pernottamento. Appaiono migliorate inoltre le condizioni igienico-sanitarie e strutturali (sono stati effettuati da tempo i lavori di riparazione del tetto al fine di eliminare le infiltrazioni di acqua dal soffitto), anche se permangono zone ancora interessate da infiltrazioni, e sta procedendo la riqualificazione di alcune sezioni detentive anche attraverso lavori in economia effettuati da parte della popolazione detenuta. E’ poi l’imminente avvio di un’attività interna, grazie ad una coop sociale e una ditta esterna, che impiegherà otto detenuti. Infine, conclude Bruno, “grazie ad una puntuale definizione operativa di progetti fra direzione del carcere ed enti locali, un buon numero di detenuti è impiegato in lavori di pubblica utilità all’esterno”: manutenzioni di alloggi pubblici, cimiteri e verde cittadino.

di Mattia Caiulo, giornalista

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