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Dall’Asia all’Africa appello per il Sinodo dei giovani: “Dia speranza”

Nei giorni scorsi se n'è parlato ad una tavola rotonda ospitata a Roma dall'Azione cattolica italiana

Pubblicato:27-10-2018 10:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:43

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ROMA – Il Sinodo dei giovani può lasciare “una grande eredita’”, come “processo”, “coinvolgimento”, “ascolto” e soprattutto “speranza”: a evidenziarlo, alla vigilia della pubblicazione del documento finale dell’assise vaticana, uditori e vescovi originari d’Europa, Asia e Africa. L’occasione della riflessione è stata una tavola rotonda ospitata a Roma dall’Azione cattolica italiana.

“Del Sinodo non si è scritto molto sui giornali forse perchè da noi non c’è l’abitudine a preoccuparsi seriamente dei giovani, a camminare con loro e ad ascoltarli” ha detto in apertura il presidente Matteo Truffelli, ospite dell’appuntamento. Spazio poi alle voci di chi dal 3 ottobre ha seguito e animato personalmente i lavori sinodali, come Gioele Anni, studente e giornalista, uditore dell’assise: “Penso che la grande eredità del Sinodo sarà il processo, perchè la Chiesa si è aperta ai giovani, anche usando media digitali, convocando i giovani in una riunione pre-sinodale e promuovendo il dialogo tra i giovani e i vescovi”.

Secondo Anni, intervistato dall’agenzia ‘Dire’, “c’è stato un processo di coinvolgimento e forse si è capito che non basta convocare i giovani ma che bisogna fare le cose insieme, trovando tempi e spazi per condividere la vita”. Di partecipazione e dialogo hanno detto anche i vescovi. Secondo monsignor Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno e assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica, “il Sinodo è ‘con’ i giovani e non solo ‘per’ i giovani”.


Al centro della tavola rotonda, però, anche le difficoltà degli impegni e le responsabilità della Chiesa. Secondo monsignor Andrè Gueye, vescovo della diocesi senegalese di Thies, “ai giovani bisogna dare speranza ma anche tempo per la formazione e risorse finanziarie perchè serve il lavoro“.

Temi sviluppati a colloquio con la ‘Dire’ anche da Henry D’Souza, vescovo di Ballari, giunto a Roma dallo Stato di Karnataka, nel sud dell’India. “Il nostro Paese è giovane perchè ha più di 600 milioni di persone con meno di 25 anni” ha sottolineato il presule: “Questo fatto può essere un dono e un potenziale, se ci sono un controllo e una guida adeguati, altrimenti può diventare un disastro demografico”.

Secondo monsignor D’Souza, “i giovani dell’India devono essere guidati affinchè diventino leader e vincenti, che si tratti di coltivatori, operatori sociali, imprenditori, leader religiosi, professionisti o funzionari pubblici”. Quello del vescovo e’ anzitutto un appello: “Bisogna infondere sogni nelle loro giovani menti e trasformarli nei leader di domani”.

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