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Festival della robotica, le macchine ruberanno il lavoro all’uomo?

Alla seconda edizione del Festival internazionale della Robotica, in programma a Pisa dal 27 settembre al 3 ottobre, si analizzano le interazioni tra robotizzazione e mercato del lavoro

Pubblicato:27-09-2018 14:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:37
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casco operaio morti bianche
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PISA – Il grande timore nel dibattito pubblico europeo e americano è che i robot possano divorare milioni di posti di lavoro nei prossimi 10 anni. Al festival internazionale della robotica che inizia proprio oggi a Pisa si tenta di offrire una chiave di lettura più razionale.

L’occasione viene offerta dal talk inaugurale al teatro Verdi con alcuni docenti universitari e massimi esperti coinvolti dall’evento. Come Giuseppe Turchetti, economista dell’istituto di management del Sant’Anna.


“Su questo slogan che si sente, ovvero che i robot rubano i posti di lavoro, una risposta definitiva non c’è– fa presente- tantissimi studi avvalorano una tesi piuttosto che un’altra”.

Uno studio molto citato è quello del 2013 di alcuni ricercatori dell’università di Oxford secondo il quale entro 20 anni il 47% dei posti di lavoro negli Stati Uniti sarà messo a repentaglio dalle macchine.

“Altri studi- aggiunge- sono più paurosi e arrivano al 50-60%”. Ma ci sono altre analisi che raggiungono delle conclusioni radicalmente differenti. “L’Ocse, nei suoi Paesi di riferimento, contiene questo livello al 9%“.

Una panoramica rovesciata, inoltre, si ricava da un dossier della federazione internazionale della robotica: “Dal 2010 al 2015, secondo un loro studio, l’industria americana dell’auto ha acquistato 60 mila robot in più ed esattamente in quel quinquennio il settore ha visto crescere i posti di lavoro di 250 mila unità“. Forse, ammette, “la fonte è un po’ di parte, ma i numeri che ha messo insieme sono veri”.

Il professor Turchetti riferisce anche una riflessione che sta prendendo campo nel dibattito economico: “Se si utilizza molto la robotica viene ridotto il costo del lavoro e questo diminuisce la necessità di delocalizzare le produzioni. Anzi, osserviamo dei casi di rilocalizzazione”.

Mettendo insieme queste considerazioni, ribadisce di conseguenza Turchetti, “nessuno può dire in scienza e coscienza quale sia il saldo netto sul mercato del lavoro, anche perché il settore ha una evoluzione molto rapida”.

Ci sono, ad ogni modo, dei benefici indubbi da cogliere. Decisivo, su questo versante, diventa la qualità della formazione del capitale umano: “Il tema è come riuscire a creare nuove competenze nelle future generazioni dall’asilo, dalla scuola per arrivare all’università per consentir loro di sfruttare al meglio le opportunità”.

I benefici della robotica, inoltre, possono uscire dall’ambito dei Paesi più sviluppati e giungere sin verso il Sud del mondo, territori maggiormente esposti all’indigenza e alla precarietà delle condizioni sanitarie. Il sistema accademico pisano cerca di offrire un esempio. “Da diversi anni lavoro con università e centri di ricerca africani per portare l’ingegneria biomedica e i dispositivi utili e sicuri in questi Paesi- spiega Arti Ahluwalia, direttrice del centro Enrico Piaggio dell’Unipi-. Il nostro scopo non è tanto quello di costruire dei macchinari e andarcene, ma dar loro la possibilità di realizzare i dispositivi da soli“.

L’ambito è quello di una collaborazione aperta e sicura per i pazienti, prosegue il ragionamento: “La speranza è di avere in prospettiva sistemi sempre migliori e più efficienti, a basso costo”.

In ambito medico è la chirurgia la branca medica maggiormente esposta al cambiamento legato all’automazione. Tanto da far pensare che i giovani camici bianchi, supportati in misura crescente nelle dissezioni e nelle suture da macchinari computer assistiti, perderanno un po’ il backround tradizionale della chirurgia.

A porre l’accento su questo fatto è la professoressa Franca Melfi del dipartimento di patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica dell’università di Pisa, che tuttavia non sottace i progressi. E a tal proposito menziona come vera novità attesa nei prossimi due anni un ingresso significativo dei big data, che “incrementeranno le stesse opportunità di condurre le simulazioni“.


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