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Anziani legati per ore al letto nell’ospizio San Camillo di Predappio, le frasi choc del prete

La casa di riposo era gestita da un prete di 60 anni: stamattina la Polizia ha bussato a casa sua

Pubblicato:27-09-2017 10:40
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:43

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BOLOGNA – Il sacerdote di 60 anni finito nel mirino della Polizia di Forlì, assieme alla sua “più stretta collaboratrice”, per maltrattamenti è direttore della struttura religiosa-socio assistenziale “Opera San Camillo” di Predappio. Per i due è scattata un’ordinanza cautelare emessa dal gip: sono stati sospesi dall’esercizio del pubblico servizio perchè sono ritenuti responsabili di maltrattamenti su anziani pazienti. Li legavano per ore per tenerli fermi: non solo a sedie o letti, ma anche a termosifoni e divani. La casa di cura in questione è una delle 13 sedi presenti in Italia della più famosa “Fondazione Opera San Camillo” nata nel 2008 per sviluppare professionalità e attenzione alla cura dei pazienti in ambito sanitario ed assistenziale.

FORME ABUSIVO DI CONTENIMENTO PERCHE’ “SIAMO TROPPO POCHI”

L’indagine, condotta dai poliziotti del Servizio centrale operativo (Sco) con i colleghi della Squadra mobile forlivese, “ha permesso di accertare come gli anziani pazienti fossero sistematicamente sottoposti a pratiche illegali di contenimento, come l’essere legati per ore dai polsi, dalle caviglie o dall’addome a supporti, tipo letti, sedie, termosifoni e divani, che impediva loro di potersi muovere liberamente o di andare in bagno”, spiegano dalla Polizia di Forlì. E’ stato “dimostrato come gli indagati avessero optato per forme abusive di contenimento pur di sopperire alla carenza di personale specializzato ed adibito all’assistenza socio-sanitaria”.

OGGI LA POLIZIA HA SEQUESTRATO LE CARTELLE CLINICHE

Questa mattina, nel dare esecuzione all’ordinanza del gip, sono state sequestrate numerose cartelle cliniche, perquisiti tutti i locali della struttura e sentite “numerose persone informate sui fatti così da circostanziare le modalità delle pratiche illegali utilizzate”, spiega ancora la Polizia che ha provveduto, inoltre, a far nominare un nuovo direttore per “garantire un regolare e dignitoso percorso socio assistenziale per i pazienti”.


E IL PRETE DICEVA: 15 DA CURARE… NON RESTA CHE LEGARLI

Legati al letto per intere mattine o pomeriggi, talvolta la notte, in alcuni casi anche per “qualche giorno”: a subire questo trattamento nella casa per anziani di Predappio, in provincia di Forlì, erano in particolare sette dei 30 anziani ospiti. A denunciare quanto succedeva in quella casa di riposo -e a far partire l’indagine che oggi ha portato ad un’ordinanza cautelare di interdizione per l’esercizio pubblico nei confronti del sacerdote direttore e della quarantenne che gli faceva da braccio destro- è stata una collaboratrice dell’ospizio.

Sono stati fermati loro due, in primis, e non altri operatori della struttura perché il personale, sostanzialmente, dava esecuzione a direttive che credeva regolari e già in essere.

Certo è che le indagini non si fermano qui: la stessa ordinanza del giudice per il sacerdote e il suo braccio destro è stata adottata con questi ‘parametri’ per consentire ulteriori approfondimenti. Le famiglie dei sette anziani vittime di questi ‘trattamenti’ hanno saputo tutto oggi.

L’indagine è partita appunto dalla denuncia di una collaboratrice che ha fornito per prima una prova di quanto accadeva portando un filmato. Da lì sono partiti gli approfondimenti dei poliziotti, anche con l’uso di telecamere. Ci sono voluti circa 10 mesi per documentare tutto quel che succedeva e ottenere la decisione del gip. Gli anziani che venivano immobilizzati ora saranno presi in cura dai servizi sanitari per capire quali altri ‘danni’ abbiano subito a causa del ‘regime’ della loro permanenza nella struttura; per dirla con le parole di un investigatore “sono persone, in alcuni casi incapaci di comunicare, entrate con un problema e che ora escono con un altro che dovrà essere preso in carico”.

La collaboratrice che ha dato il via all’indagine aveva provato a chiedere conto al sacerdote, direttore della struttura, di questi trattamenti “inumani” nei confronti degli ospiti. La donna spiega che c’è un ospite che in alcuni momenti ha il desiderio di uscire e che scongiura di non essere legato, dal momento che quello che lo aspetta è di fatto una “non vita”.

La donna dice al direttore: “Io voglio chiederti come funziona. Se questo per te è riabilitazione… secondo te, per non far fumare una persona la leghi a un letto? Faresti così con tua madre, tuo fratello, tuo figlio? “Sì, tu come faresti? Quando hai 15 persone da curare”, risponde il sacerdote. “Prima regola della contenzione- obietta la collaboratrice- non si può per mancanza di organico legare una persona..”. Il sacerdote: “Non è una questione di una mancanza di organico..”. La donna: “E’ una questione di umanità”.

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