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Neoplasie prostata, l’imaging molecolare come strategia di gestione diagnostica delle recidive

Studi italiani al centro del SNMMI di Philadelphia

Pubblicato:27-06-2018 10:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:18
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PHILADELPHIA – La neoplasia prostatica – che ogni anno fa registrare nel nostro Paese circa 35 mila nuovi casi, confermandosi la neoplasia maschile più diffusa – è una di quelle patologie che può efficacemente usufruire dell’intervento diagnostico della medicina nucleare, soprattutto nella gestione delle recidive. Proprio su questo tema si sono concentrati oggi gli interventi degli specialisti italiani a Philadelphia all’interno del congresso internazionale della Society of Nuclear Medicine and Molecular Imaging (SNMMI), evento a cui partecipano oltre seimila specialisti da tutto il mondo coinvolti negli sviluppi delle metodiche di imaging molecolare. Ad intervenire in sessione plenaria al SNMMI di fronte ad alcune centinaia di specialisti da tutto il mondo sono stati Monica Celli (dirigente di medicina nucleare pressso l’IRST di Meldola, Forlì), Laura Evangelista (dirigente medicina nucleare, IOV-IRCCS, Padova), Fabio Zattoni (urologo presso l’Università di Udine), Matteo Sepulcri (medico radioterapista, IOV-IRCCS, Padova ) ed Alessandra Zorz (dirigente fisica sanitaria, IOV-IRCCS, Padova ), con una serie di interventi che hanno posizionato l’alta specialità degli operatori italiani, sottolineando al contempo la capacità dei nostri specialisti di lavorare in team.

“La neoplasia prostatica è unica nel suo genere”, ha sottolineato l’urologo Zattoni, “Dalla diagnosi iniziale alle successive terapie presenta molteplici aspetti spesso sfumati e ancora poco chiari. Ne consegue quindi che anche il trattamento ottimale della recidiva di malattia dopo trattamento del tumore primario, sia ancora in fase di definizione”. La ripresa di malattia dopo trattamento definitivo del tumore prostatico – sia esso chirurgico o radioterapico – si verifica nel 30-50% dei pazienti e dipende da variabili correlate non solo al tipo di trattamento, ma alla natura stessa della malattia, dal grado di Gleason Score e dalla stadiazione iniziale. Ma oggi, come precisato dall’urologo friulano, “con l’avvento delle nuove tecniche di imaging e di nuovi traccianti utilizzati nella fase di re-stadiazione della malattia, si sta definendo un nuovo sub-gruppo di pazienti che potrebbero beneficiare di un trattamento diretto delle metastasi di nuova insorgenza. Questi pazienti, definiti come oligo-metastatici, potrebbero evitare così un trattamento sistemico, con il vantaggio di essere trattati solo a livello della ripresa di malattia tramite una linfoadenectomia pelvica di salvataggio o una radioterapia mirata”.

La PET/CT con Colina

Proprio a questo livello si è inserito l’intervento di Matteo Sepulcri – oncologo radioterapista – che ha portato i risultati di un’osservazione su 40 pazienti presso lo IOV-IRCCS di Padova per la valutazione della radioterapia mirata in pazienti affetti da con cancro della prostata in fase iniziale. In particolare si è sottolineato il vantaggio diagnostico della PET/CT con Colina – radiofarmaco positrone emittente che si accumula nei tessuti neoplastici consentendo di valutarne l’estensione; ad oggi è l’unico trattamento del genere autorizzato nel nostro Paese – per la guida della pianificazione della radioterapia. “La PET/CT con Colina è la tecnica più efficace per la valutazione della ripresa biochimica di malattia nei pazienti affetti da cancro della prostata”, ha sottolineato Laura Evangelista nella sua relazione, “Il suo inserimento nell’iter diagnostico del paziente con cancro della prostata consente la rilevazione precoce della ripresa di malattia, in particolare in sede linfonodale e a distanza (osso, fegato, polmone), con una elevata accuratezza diagnostica, ed alla conseguente scelta terapeutica da parte delle prostate unit”.


La PET/CT – PSMA

Ma non c’è solo la Colina: la ricerca, infatti, è in piena attività anche nel settore dei radiofarmaci per la diagnostica. Nell’ultimo intervento della giornata Monica Celli, sempre nell’ambito delle tecniche di imaging capaci di ristadiare precocemente la recidiva biochimica di adenocarcinoma prostatico, ha infatti posto l’attenzione sulla performance comparativa della PET/CT – PSMA – che utilizza il gallio per legarsi alla proteina fortemente presente in casi di neoplasia – rispetto a quella con Colina e sui risultati di detection rate, accuratezza diagnostica e impatto clinico desumibili dai primi dati meta-analitici. L’esperienza dell’IRST di Meldola recentemente accettata per la pubblicazione sul EJNMMI ed una case series sono state presentate con un certo grado di positività, ma con la sottolineatura che allo stato attuale l’imaging basata su PSMA rimane (anche se con aspettative molto elevate) almeno per l’Italia ancora un approccio in fase di sperimentazione.

L’ampiezza e la capacità di fare il punto sullo stato di avanzamento dell’imaging molecolare delle neoplasie prostatiche da parte dei medici nucleari italiani è stata sicuramente una delle keywords della giornata a Philadelphia, visto che – come confermato da Laura Evangelista, “a livello internazionale l’esperienza italiana in questo settore è considerata di sicuro riferimento”. Ma per gli italiani della medicina nucleare non c’è solo l’expertice sulla neoplasia prostatica: altri specialisti del nostro Paese sono riferimenti internazionali nell’ambito di infezioni e infiammazioni, linfomi e ambito neurologico, alzheimer e cardiologia. Tra questi ci sono anche Alice Ferretti e Maria Cristina Marzola, premiati ieri a Philadelphia per uno studio sulla standardizzazione dei dati sui radiofarmaci. Nell’insieme, quindi, da SNMMI si ricava una performance importante per un settore, quello della medicina nucleare, che raccoglie sul nostro territorio circa 900 professionisti che sono all’opera in circa 320 centri di medicina nucleare (tra pubblici e privati) e di un’associazione di riferimento, l’AINM, presieduta da Orazio Schillaci, preside di facoltà a Tor Vergata. Una realtà ad altissima professionalità e competenza tecnologia, capace di esprimere ricerche di valore internazionale, e chiamata a governare alcune tra le più avanzate frontiere di diagnosi e cura, come la radiomica, la radiogenetica e la teranostica, settori della cura in cui medicina personalizzata, medicina predittiva e big data si incrociano in modo strutturato e non occasionale.

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