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Pd, avanza ipotesi ‘oltrista’. Pressing renziano sul leader: “Ora decidi”

Il Pd prova a rialzarsi e indice l'assemblea nazionale per il 7 luglio. Ma è rebus sul da farsi

Pubblicato:27-06-2018 05:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:18
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ROMA – Il Pd prova a rialzarsi e indice la data del congresso. Cresce il pressing su Matteo Renzi. “Tocca a lui dire cosa intende fare”, dicono i parlamentari renziani. E’ ufficialmente convocata la riunione dell’assemblea nazionale che dovrebbe segnare il rilancio dei Dem dopo la ‘scoppola’ delle elezioni amministrative, in cui sono passate di mano città storicamente amministrate dalla sinistra. Il 7 luglio “per le dimissioni del segretario e conseguenti adempimenti”‘ l’assise si riunirà con l’obiettivo di rimettere in piedi una prospettiva compatibile con l’avanzata di M5s e Lega e con la prospettiva di un voto la prossima primavera, voto già convocato per le europee, ma che potrebbe cadere anche per il rinnovo del Parlamento.

Nel partito e nei gruppi parlamentari, confessa chi ha vissuto le varie fasi della sinistra dalla Bolognina in poi, uno spaesamento simile non s’era mai visto. Al punto che anche tra i parlamentari renziani, che costituiscono la maggioranza nei gruppi, cresce il pressing nei confronti del leader. Gli equilibri attuali, in qualche modo espressi dalle indicazioni di Andrea Marcucci e Graziano Delrio alle presidenze, conducono a Renzi. L’ex premier ieri era atteso al Senato, dove ha fatto un’apparizione fugace senza portare chiarezza. Il ragionamento che circola anche tra i suoi lo invita a farlo in tempi brevi: mano a mano che i giorni passano, la truppa si assottiglia e in molti, piuttosto che stare fermi nel limbo, scelgono la strada indicata da altri esponenti.

Dario Franceschini, ad esempio, sostiene la necessità di darsi una mossa. “L’unica cosa che non si può fare- dice l’ex ministro della cultura- è far finta di niente e stare fermi. Sarebbe più lineare andare subito al congresso”, ammette. Ma se si ritenesse che in questa fase non ci siano le condizioni giuste per una discussione di questa portata, si potrebbe “spostare l’assise di qualche mese, al 2019, e prima eleggere Martina segretario. Questo però dopo aver tenuto un’Assemblea che sia veramente capace di aprirsi per avviare subito una ricostruzione del partito anche a livello territoriale”.


Uno schema che in qualche modo raccoglie anche l’invito espresso da Romano Prodi ad andare “oltre il Pd” per ricostruire una prospettiva di centrosinistra. Nelle more del congresso, il segretario Martina – eletto questa volta davvero e non con le incertezze della scorsa assise- nello schema di Dario Franceschini si farebbe garante di un’apertura ad altre forze politiche appartenenti al campo del centrosinistra e alle formazioni sociali. La traccia suggerita dall’ex ministro della cultura raccoglie consensi. Piace ad esempio alla sinistra interna, anche perchè prevede una fase di ascolto, un congresso per tesi, che in molti reputano necessario, dopo l’incertezza degli ultimi tempi.

Resta da capire cosa farà Matteo Renzi. I suoi premono perchè prenda una decisione, consapevoli che difficilmente si adatterà a fare la minoranza interna, ma anche infastiditi dalle voci che lo danno pronto a collaborare con Lucio Presta in un docufilm, forse per Disney, sulle bellezze d’Italia. L’ipotesi che circola con più insistenza è che diventi il nuovo leader di un partito accanto al Pd. Ma lui finora ha sempre smentito. Se passerà lo schema Franceschini- in una riunione dei big che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni- Matteo Renzi dovrà decidere se stare dentro o fuori il partito che ha guidato per due volte.

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