NEWS:

KET-Lab, la tecnologia è in circolo

Il KET-Lab è un laboratorio interdisciplinare da 1600 metri quadri ospitato nella sede dell'Agenzia spaziale italiana

Pubblicato:27-05-2016 13:11
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:47

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

Bentornati a ScientificaMente, l’appuntamento settimanale dell’Agenzia DIRE dedicato allo Spazio e alla scienza. Il nostro approfondimento è su KET-Lab, il laboratorio italiano per il trasferimento tecnologico



Dallo Spazio alla vita di tutti i giorni: le tecnologie innovative messe a punto per affrontare l’esplorazione oltre atmosfera sono utili anche per i ‘terrestri’, a patto che il mondo della ricerca e quello delle imprese mettano in comune le loro conoscenze e capacità. In Italia succede al KET-Lab, un laboratorio interdisciplinare da 1600 metri quadri ospitato nella sede dell’Agenzia spaziale italiana, nato dalla collaborazione con il consorzio Hypatia.

Le parole d’ordine sono multidisciplinarietà, condivisione e sviluppo industriale. I progetti su cui lavorano 21 giovani ricercatori e 50 collaboratori vanno dalla medicina alla tutela dell’ambiente e all’energia e finora hanno fruttato 2 brevetti e altri 3 in attesa di approvazione.


ket lab celle solari

Le porte del KET-Lab si sono aperte in occasione dell’evento ‘La primavera dell’innovazione’. L’anima del laboratorio poggia su “un meccanismo circolare che si basa su tre direttrici, mettendo a sistema il trasferimento tecnologico– spiega il direttore del consorzio Hypazia, Lorenzo Scatena- La prima direttrice e’ il contatto tra mondo della ricerca e impresa, c’e’ poi la parte legata alla realizzazione di spin-off, e infine la circolazione libera di proprieta’ intellettuale”.

ketlab_stampante3D_metalliTra le tecnologie attualmente in uso all’interno del KET-Lab c’è la stampante 3D per i metalli. Funziona così: i metalli, sotto forma di polveri, creano uno strato di pochi micron, poi tramite laser, si salda la polvere e si inizia a creare il pezzo meccanico, si rideposita sopra altra polvere e così via fino a che il pezzo non cresce in modo verticale. E’ in corso anche un progetto per realizzare celle solari estremamente leggere e molto economiche, che diventeranno le dirette concorrenti di quelle al silicio, a cui mirano a sostituirsi.

I centri come il KET-Lab sono una prassi consolidata in Europa, anche se una novità per il nostro Paese. “Strutture come queste – ha spiegato Aude de Clercq, dell’ufficio di Trasferimento tecnologico dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – sono fondamentali alla nostra missione di trasferimento industriale delle tecnologie sviluppate per raggiungere i traguardi spaziali. Aiutare ad andare oltre il settore spaziale è un modo di aiutare la collettività

Laboratori ‘aperti’ e multidisciplinari portano con loro l’esigenza di “un cambiamento di mentalita’” per l’Italia, specifica il presidente di Hypazia, Flavio Lucibello, per cui “le persone si devono fidare del sistema” e mettere in comune le loro conoscenze e abilita’. E qualche passo avanti è stato fatto. L’esperienza di KET-Lab è appena all’inizio

 

Le news di questa settimana

Gli enormi antenati dei buchi neri

Meno di un miliardo di anni dopo il Big Bang esistevano buchi neri giganteschi, dei veri mostri dello Spazio, che non possono essersi formati per il collasso di una stella perché nati in tempi troppo brevi e, soprattutto, troppo grandi. La teoria è che si siano formati per il collasso del gas primordiale. La scoperta è tutta italiana: se ne sono occupati ricercatori dell’Inaf, dell’Asi e della Normale di Pisa usando i telescopi Chandra, Hubble e Spitzer. Era tanto che gli scienziati cercavano la prova dell’esistenza di buchi neri formati in maniera indipendente dal collasso di una stella e ora l’ipotesi al vaglio è che possano essersi formati anche prima della nascita delle stelle. E c’è anche una domanda che si fa largo, inquietante: cosa sarebbe successo se il collasso del gas primordiale avesse dato origine ripetutamente a buchi neri fino a ‘divorare’ tutta la materia che si andava formando?

Violenti tsunami su Marte (oltre 3 miliardi di anni fa)

Onde alte dai 50 ai 120 metri, milioni di chilometri quadrati di terraferma sommersi dall’acqua: è questo lo scenario apocalittico che ha interessato Marte 3 miliardi di anni fa. A generare i devastanti tsunami non furono terremoti, come invece avviene sulla Terra, ma l’impatto di meteoriti, i quali sollevarono le onde di quel vasto oceano che, all’epoca, bagnava l’emisfero nord di Marte. Gli scienziati lo hanno scoperto analizzando il suolo del pianeta rosso, il quale presenta sedimenti e canali. Questo ha permesso di disegnare le coste dell’epoca. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Scientific Reports, ha tolto ogni dubbio riguardo l’esistenza del grande oceano marziano.

Contratto record per il telescopio E-ELT

L’E-ELT diventerà il più grande occhio del mondo rivolto al cielo. Il suo specchio primario misurerà 39 metri di diametro e la sua area di raccolta della luce sarà più grande di quella di tutti i telescopi ottici esistenti. Il suo sistema di ottica adattiva fornirà immagini circa 15 volte più nitide di quelle di Hubble. Verrà costruito nel nord del Cile, in un sito già attrezzato allo scopo. Per la sua realizzazione è stato firmato un contratto da 400 milioni di euro per contro dell’Eso, il più congruo mai stipulato per l’astronomia da terra. Il contratto prevede la progettazione, la produzione, il trasporto, la costruzione, l’assemblaggio in loco e la verifica della cupola e della struttura portante del telescopi e coinvolge l’Italia. E’ stato infatti il consorzio ACe, composto da Astaldi, da Cimolai e dal sub-contrattista incaricato EIE Group, ad aggiudicarsi la possibilità di costruire la cupola e la struttura portante del telescopio.

‘Agrospazio’, le coltivazioni vanno in orbita

Terra e Spazio collaborano per l’avanzamento tecnologico, di cui beneficeranno tanto gli astronauti quanto i cittadini. L’idea nata dal progetto ‘Agrospazio’, esposta al convegno internazionale organizzato al tempio di Adriano, a Roma, da FederLazio con la collaborazione scientifica di Aero Sekur, dell’Agenzia spaziale tedesca (Dlr) e dell’universita’ di Tucson in Arizona, è quella di utilizzare le conoscenze dei sistemi piu’ avanzati per la produzione di cibo sulla Terra indirizzandole alla produzione di cibo nello Spazio, delineandone le ricadute scientifiche e gli avanzamenti tecnologici che permettono di migliorare i benefici indotti nel mondo produttivo agricolo e per i cittadini. Di fatto, quello che impariamo per riuscire a coltivare piante nello Spazio sarà utile per migliorare le coltivazioni a Terra. L’agricoltura spaziale ci tornera’ invece utile per andare su Marte, per stabilire una base permanente sulla Luna o per produrre cibo per gli astronauti mentre sono in orbita. Uno scambio continuo e produttivo di tecniche che avrà ricadute positive anche dal punto di vista industriale.

di Antonella Salini, giornalista professionista

 

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it