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Economia, il professor Latouche: “La decrescita ha successo tra i giovani, loro non ancora assuefatti”

I giovani, che "sono nati in mezzo alla società dei consumi, sono tossicodipendenti della crescita. Ma, proprio perché sono giovani, non sono ancora così assuefatti"

Pubblicato:27-01-2017 11:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:50

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VENEZIA – La prima volta che si è parlato di decrescita è stato nell’aprile 2002, ed allora “era uno slogan provocatorio”. Lo ricorda il professor Serge Latouche, presentando il suo ultimo libro “La decrescita prima della decrescita“, edito in Italia da Bollati Boringhieri Editore (202 pagine, 16 euro), nella sala Peppino Impastato della sede padovana di Banca Etica, dove questa mattina si svolge la tavola rotonda dal titolo “Quali regole per una finanza al servizio della sostenibilità”.

“Volevamo che la gente dicesse: sono pazzi questi, come si fa ad auspicare la decrescita”, continua Latouche, spiegando che in effetti la provocazione serviva a “far stupire la gente”, e che “la parola non si deve prendere alla lettera“, perché “decrescere per decrescere sarebbe stupido”. Ma, del resto, anche “crescere per crescere, senza una misura”, non ha senso. Infatti, “una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito“, e “lo capirebbe anche un bambino di cinque anni, ma Matteo Renzi no“, scherza il professore. Ma, al di là dell’insostenibilità della crescita senza fine, bisogna considerare anche il fatto che non si tratta di una condizione auspicabile. Perché “sviluppa le disuguaglianze” e, mentre “due terzi dell’umanità muore di fame, l’altro terzo è composto da gente obesa e stressata“. Fuori dalla società dei consumi, quindi, vivremo meglio. E sarà così, perché “dobbiamo prendere coscienza che la società capitalista è una piccola parentesi della storia dell’umanità. Nata poche centinaia di anni fa, prima o poi finirà”. Se “il concetto di decrescita è utopia, la crescita infinita è ancora più utopica”. Infatti, “tutti i pensatori della storia sono contro la dismisura”.

La cosa sorprendente, sostiene Latouche, è vedere come il concetto di decrescita abbia avuto molto successo tra i giovani. “Sono nati in mezzo alla società dei consumi, sono tossicodipendenti della crescita. Ma, proprio perché sono giovani, non sono ancora così assuefatti“. La direzione, quindi, è quella di un progressivo allontanamento dall’ideale della crescita fine a se stessa, sulla base del concetto di sviluppo che viene dalla teoria evoluzionista. Se la crescita è “la trasformazione quantitativa di un organismo durante il tempo, bisogna considerare che il seme diventa una pianta, non un seme gigante. E questo è lo sviluppo, ovvero la trasformazione qualitativa del fenomeno quantitativo della crescita”. La società cresce, ma si sviluppa. E così accadrà alla società dei consumi, che si svilupperà trasformandosi qualitativamente. Come? “La decrescita non è un’alternativa, ma una matrice di alternative“, conclude Latouche, che nel suo libro ripercorre il pensiero di chi parlava di decrescita prima che il fenomeno diventasse, complice anche la crisi economica, uno dei principali temi del dibattito sociologico.


di Fabrizio Tommasini, giornalista

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