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All’Expo Calabria protagonista: oggi ospite d’eccezione ‘sua maestà’ il vino – VIDEO

L'approccio al mondo della vitinicoltura calabra si snoda attraverso un percorso che include gusto, passione, ma anche storia, tradizione e cultura.

Pubblicato:26-09-2015 16:49
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:34

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MILANO – Seconda giornata della ‘settimana del protagonismo’. Riflettori accesi sulla Calabria. Ospite d’eccezione ‘sua maesta’ il vino. L’approccio al mondo della vitinicoltura calabra si snoda attraverso un percorso che include gusto, passione, ma anche storia, tradizione e cultura. D’altronde, per usare le parole della ricercatrice Stefania Mancuso, “è  necessario valorizzare le risorse del nostro territorio creando un’osmosi tra passato, presente e futuro”. Ed è proprio dal passato che parte il viaggio nell’universo dei vitigni calabresi, virgulti di una terra “che dall’antichità ha sempre rappresentato un centro nevralgico del commercio nel Mediterraneo”, come sottolinea ancora la ricercatrice dell’Università della Calabria.

Uno studio di tipo archeologico ha scoperto come nell’antichità ci fosse un grande consumo ma anche una grande produzione di vino, questo grazie al ritrovamento di alcune anfore greco-italiche, alcune prodotte nell’area, “testimonianza del fatto -aggiunge la Mancuso- che in questa regione già dall’antichità si produceva del vino, in quanto tali anfore non viaggiavano mai vuote, e dunque se prodotte in Calabria venivano con ogni probabilità riempite con vini del posto”.

Se si considera l’aspetto pionieristico della Calabria anche per quanto riguarda i vitigni autoctoni – 250 circa, stando alle stime attuali, con il 75% dei 12.000 ettari coltivati appannaggio dei vitigni locali- si comprende come il vino in questa terra abbia sempre assunto grande fascino. Non a caso il vino e’ rappresentato dalla divinità Dioniso e con le varie raffigurazioni del simposio “che stanno lì a raccontare- come spiega Stefania Mancuso- quali e quante tradizioni ci fossero dietro all’attività di produzione, ma anche alla cultura del consumo”.


Particolarmente famoso è il ritrovamento archeologico denominato ‘Casa del Drago’ a Monasterace, abitazione risalente al IV secolo a.C. in cui è particolarmente indicativa dal punto di vista architettonico la collocazione dell’andrón, sala appunto dedicata al consumo del nettare d’uva. Dunque la villa nell’antichità era luogo di produzione e luogo di consumo, e la Calabria in questo incarna realmente un luogo archetipo: “Altro indizio che ci ha portato a pensare- aggiunge la Mancuso- che in Calabria il vino si producesse da tempi antichissimi è quello che ci ha portato a ritrovare anfore rivestite e impermeabilizzate con pece. La pece -continua- è un prodotto esclusivo della montagna silana, dunque è facile pensare come assieme al contenitore si producesse anche il contenuto”.

Non solo ricerche di tipo archeologico ma vere proprie analisi chimiche sui materiali ritrovati, questo grazie al lavoro di un’altra ricercatrice dell’Università della Calabria, Alessandra Pecci: “In base alle analisi chimiche e alla ricerca archeologica, avvalendoci di dati storici, possiamo anche risalire ai luoghi di produzione e stabilire con una certa precisione che sono gli stessi luoghiove ancor oggi si produce”.

Insomma, l’unicità dei vitigni calabresi ha reso questa terra un avamposto molto importante in cui i contadini hanno mantenuto saldi gli antichi usi, ottenendo come risultato quello della creazione di vini- come il Gaglioppo, il Greco nero di Sibari, la Guarnaccia, il Magliocco- dalle proprietà uniche. Dopo anni difficili ora dunque la sfida per le aziende calabresi è conquistare i mercati nazionali e internazionali, ma “non tanto come prodotto- dice Giacomo Giovinazzo, direttore dell’area delle filiere produttive- ma come identità territoriale. I nostri vini- continua- per la non eccessiva grandezza delle nostre aziende, non possono essere vini da grande distribuzione, ma vini da intenditori”.

In conclusione, utilizzando le parole del responsabile dell’ufficio vitivinicolo regionale, Carmine Maio, possiamo dire che “dopo anni in cui era di moda bere vino proveniente da grandi circuiti internazionali, anni in cui il vino calabrese è stato snobbato proprio perché le sue caratteristiche uniche mal si sposavano con il trend del momento, ora la regione sta recuperando importanza, affacciandosi al mercato interregionale ma anche a quello internazionale. Diciamo- conclude- che finalmente ci si è resi conto dell’importanza vitivinicola calabrese, tant’è che grosse aziende piemontesi hanno avviato già collaborazioni importanti con le nostre piccole aziende per affiancarci nella promozione. È una bella rivincita, se si considera che la vite è nata proprio qui, in Calabria, all’epoca della Magna Grecia”.

di Nicola Mente – giornalista

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