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Pd, Rosati: “Congresso indispensabile, il partito torni a occuparsi di lavoro e uguaglianza”

Oggi il Pd "è un gigante dai piedi di argilla" a cui "le nuove generazioni hanno voltato le spalle"

Pubblicato:26-01-2017 08:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:50

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ROMA  –  Il congresso del Partito democratico “è indispensabile”, perché oggi il Pd “è un gigante dai piedi di argilla” a cui “le nuove generazioni hanno voltato le spalle”. Ha le idee chiare Antonio Rosati, esponente dem di lungo corso, che con l’agenzia DIRE si inserisce nel dibattito interno al Partito democratico e avverte: “Il Pd deve tornare a occuparsi molto seriamente di crescita e di lavoro, perché solo così può tornare a parlare ai giovani”. E per Roma, Rosati, riguardo la convocazione del congresso romano per il 26 marzo, dice: “Partiamo, dobbiamo solo liberarci delle nostre catene, senza paura. Lo dobbiamo a noi stessi e alla nostra gente”.

– All’interno del Partito democratico è ripartito il dibattito sulla data del voto e, soprattutto, del congresso. Qual è la sua posizione?

“Considero l’ipotesi di un congresso del Partito democratico come un tassello di una nuova fase della democrazia italiana. Quindi, per me è indispensabile aprire questo cantiere, perché anche l’ultimo Referendum ci ha consegnato un distacco fortissimo tra governati e governanti. Il Paese è in grandissime difficoltà, con tassi di crescita molto bassi, e l’Europa fatica moltissimo: abbiamo oltre 50 milioni di disoccupati. Questo viaggio congressuale non solo ci costringe ad adeguare lo Statuto alle esigenze di un partito che deve essere presente in tutti i territori, ma anche a parlare ai giovani, che sono coloro che ci colpiscono di più dal punto di vista elettorale. Le nuove generazioni ci guardano come un partito che non si occupa dei problemi del lavoro, dello sviluppo e dell’uguaglianza. Appariamo ancora casta, nella sostanza. Quest’immagine, certamente caricaturale ed eccessiva, ha però un fondamento: siamo privi di due o tre proposte che mordano e che facciano discutere di noi. E quale migliore occasione di un congresso, dove i candidati esprimono anche le loro basi programmatiche e dove gli iscritti, spezzando le correnti, possano votare? Dunque, serve un grande congresso, a tesi, che faccia sintesi per un nuovo partito progressista dell’Italia del nuovo secolo. Perche’, avverto, il Pd oggi e’ un gigante dai piedi d’argilla”.


– Tra le diverse analisi, c’è anche quella del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che propone una grande conferenza delle idee democratiche per l’Italia, al di là del congresso e del voto. Che cosa a suo avviso va rimesso al centro della discussione?

“Il presidente Zingaretti ha rilasciato una importante ed efficace intervista, dove c’e’ una cosa bella che condivido. Apprezzo molto il rilancio dell’uguaglianza, senza cui la sinistra oggi non e’. Siamo troppo soli, l’ascensore sociale non funziona più e la ricchezza si sta concentrando su poche mani. E’ una grande questione italiana, europea e mondiale. In questi ultimi dieci anni, in Europa e’ prevalsa l’idea dell’austerità, dei tagli allo sviluppo e agli investimenti pubblici e privati. L’assillo del debito ha caratterizzato l’Italia e l’Europa di questi anni. La sinistra si e’ occupata poco dei lavoratori e delle lavoratrici. I giovani hanno girato le spalle al Pd, anche con una certa rabbia, per l’assenza di un’empatia con la loro vita concreta. Perché è il lavoro il primo grande strumento di uguaglianza”.

– Tuttavia, il Partito democratico rivendica politiche sulla crescita e sul lavoro, a partire dal Jobs act.

“Il Jobs act e’ stato positivo, ma avevamo giurato che lo avremmo accompagnato a un sistema di welfare inclusivo, come in tutta Europa, la famosa ‘seconda gamba’, che desse il senso di uno Stato che non dimentica. Ecco perché sono molto critico con il ministro Poletti e rilancio un’agenzia nazionale del lavoro. Sono convinto che se chiarissimo bene questo concetto, tanti ragazzi tornerebbero a guardare a noi. L’Italia è priva di una politica industriale seria e avverto segnali di declino anche nel Lazio, se non stiamo attenti: Sky, Ibm, Almaviva e le tante piccole e medie imprese che fanno meno notizia ma che licenziano. Può durare un’Europa con tassi di crescita così bassi? No, a mio avviso, e rischierà di saltare per la vittoria di persone come Trump e Le Pen che conquistano sempre più elettorato sotto la bandiera del lavoro in versione nazionalistica. E allora penso che il Pd debba rioccuparsi molto seriamente di crescita e di investimenti”.

– Anche il Pd di Roma, dopo il commissariamento, torna a parlare di congresso. Ma anche in questo caso i punti di vista sono molteplici e diversi. Come si pone rispetto a questo?

“Ribadisco l’esigenza di un congresso che non sia necessariamente breve, ma che sia un immergersi in profondita’ dei problemi della citta’, che sono tantissimi. Roma e’ in un declino che osservo in maniera molto preoccupata. Abbiamo fatto tanti errori e li abbiamo anche pagati alle elezioni. E penso anche che la gestione di Orfini abbia avuto seri limiti, ma indicarlo come unico responsabile non e’ onesto intellettualmente. I nostri problemi hanno almeno sette o otto anni di vita, con gravissime responsabilita’ dei gruppi dirigenti di questi ultimi anni. Ora, saluto positivamente tutti gli incontri, come quello di Santa Chiara, quelli di Campo democratico o quelli promossi da Roberto Morassut, che abbiano voglia di ricostruire dignità, militanza e fiducia a un largo campo progressista romano. Per il congresso di Roma del 26 marzo dico: partiamo, dobbiamo solo liberarci delle nostre catene, senza paura. Lo dobbiamo a noi stessi e alla nostra gente. E sono convinto che raccoglieremo molto più di quanto si possa pensare. E’ proprio nella palude e nell’assenza di discussione che vincono i trasformismi e le furbizie che dominano le correnti. Si tratta di fare squadra e riprendere un lavoro collettivo per una missione comune e per riscoprire la forza e la nobilta’ della politica”.

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