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Veleni nell’acqua, Zaia fissa nuovi limiti: “Sono i più bassi d’Europa, come in Svezia”

Il limite sarà di 90 nanogrammi per litro, e per la zona rossa scenderà a 70

Pubblicato:25-09-2017 13:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:43

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VENEZIA – La Regione Veneto, unica in Italia, fisserà dei limiti per le sostanze Pfas nell’acqua potabile e la concentrazione ammessa sarà uguale a quella prevista in Svezia, ovvero la più bassa in Europa. Anzi, nell’area rossa della contaminazione i limiti saranno persino più restrittivi. Lo annuncia il governatore del Veneto Luca Zaia, oggi in conferenza stampa a Palazzo Balbi, Venezia. I limiti proposti dal direttore Arpav e presidente della commissione Pfas, Nicola Dall’Acqua, saranno infatti pari a 90 nanogrammi per litro per la combinazione delle sostanze Pfas a catena lunga, che sarebbero poi quelle ritrovate nelle falde venete e nel sangue degli abitanti di quattro province, e che oggi non vengono però più utilizzate dagli stabilimenti industriali. Le indicazioni di Dall’Acqua, che nei prossimi giorni diventeranno una delibera regionale ed entreranno quindi in vigore, si spingono oltre, prevedendo un limite massimo di 30 nanogrammi per litro per i Pfos e di 60 nanogrammi per litro per i Pfoa, le due sostanze considerate più pericolose per l’essere umano. Nella zona rossa, cioè quella in cui la contaminazione da Pfas è maggiore, il limite di Pfoa scenderà a 40 nanogrammi per litro, portando il limite per gli Pfas a 70 nanogrammi per litro, il valore più basso in Europa e probabilmente del mondo. “Non per fare differenze tra i cittadini, ma perché chi abita nella zona rossa ha un concentrazione nel sangue più alta perché ha assorbito le sostanze negli anni passati, quindi ci sembra giusto garantire un livello più basso”. Certo, l’ideale sarebbe fissare un limite pari a zero, ma questo non si può fare perché non esistono gli strumenti adatti per effettuare le verifiche né, tantomeno, per filtrare l’acqua a quel livello.

“METTEREMO PALETTI ANCHE PER I PFAS A CATENA CORTA”

E lo dice una Regione che negli ultimi quattro anni ha investito più di due milioni di euro in macchinari, scelta che ha permesso ad Aprav di essere l’unico ente in Italia in grado di effettuare le analisi necessarie. Non per niente, i documenti ministeriali parlano sempre di “assenza virtuale”, precisa Zaia, cioè “assenti finché non inventeremo la tecnologia in grado di dirci che tipo di sostanze ci sono”. Oltre ai limiti per i Pfas a catena lunga, il Veneto fisserà anche un limite di 300 nanogrammi per litro di Pfas a catena corta, che sono poi le sostanze che vengono utilizzate adesso dalle industrie. Da questo punto di vista “siamo avanguardia assoluta”, afferma Zaia, perché nessun altro Paese in Europa ha un limite per questo tipo di sostanze e perché “non è nemmeno stato appurato se fanno male”. E sul punto, infatti, potrebbe nascere qualche problema.

“L’AREA PREVENZIONE NAZIONALE DOPO 4 MESI CI HA DETTO DI ARRANGIARCI”

Facendo un passo indietro, la decisione di fissare i limiti regionali è stata presa in seguito alla lettera arrivata lo scorso 18 settembre dal direttore generale dell’area prevenzione nazionale, Raniero Guerra, secondo cui la questione Pfas è un problema veneto e quindi non c’è necessità di fissare dei limiti nazionali come invece chiesto dalla Regione il 12 maggio e poi, ancora, ad agosto. “Quattro mesi per rispondere che ci dobbiamo arrangiare” attacca Zaia, “allora noi ci siamo arrangiati e in quattro ore, non in quattro mesi, abbiamo fatto una riunione e dato a Dall’Acqua l’incarico di disporre i nuovi limiti“. Quelli presentati oggi, appunto. Ma la mancanza di un limite nazionale per i Pfas a catena corta potrebbe esporre la Regione a ricorsi per “eccesso di potere“, spiega l’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin. Ciò, in effetti, è già accaduto in passato, quando la Regione ha fissato limiti allo scarico e alcune aziende hanno presentato ricorso al tribunale delle Acque, che in un caso lo ha accolto. Ora la situazione dovrebbe essere diversa, perché i limiti fissati sono per le acque potabili e “in Veneto tutti i gestori dell’acqua sono pubblici”, spiega Zaia. Certo, la Regione dal canto suo dovrà mettere dei soldi, perché filtrare l’acqua per rispettare i limiti avrà un costo di “almeno una milionata”, pertanto i consorzi di bonifica dovranno essere aiutati. La gestione dell’emergenza Pfas avrà quindi ulteriori costi per la Regione, ma “sono tutti soldi che metteremo in conto ai responsabili dell’inquinamento una volta che saranno condannati“.


DOMANI LE MISURE VERRANNO PRESENTATE ALLE ALTRE REGIONI, MA VENETO POTREBBE RIMANERE UNICUM

Nel frattempo, i nuovi limiti per l’acqua potabile potrebbero avere il vantaggio immediato di “far saltare la necessità di rifornire con autobotti” gli abitanti dell’area rossa in attesa del nuovo acquedotto che li rifornisca di acqua pulita. Domani Dall’Acqua presenterà la misura veneta alle Arpa delle altre Regioni, che in assenza di una norma nazionale potranno decidere se fissarne di propri o ignorarli. Se così, fosse, ad avere i limiti in Europa ci sarebbero la Svezia, con 90 nanogrammi per litro, la Germania, con 100 nanogrammi per litro, ed il Veneto, con 90 nanogrammi per litro che scendono a 70 nella zona rossa. Nel frattempo il Partito democratico ha annullato la conferenza stampa prevista alle 12.30 in cui la sottosegretaria al ministero dell’Ambiente Barbara Degani, la senatrice Laura Puppato, il capogruppo in Consiglio regionale Stefano Fracasso e i consiglieri Andrea Zanoni e Cristina Guarda avrebbero dovuto fare il punto sulla vicenda Pfas. Si è trattato di “un problema organizzativo che si sapeva già da sabato”, si giustifica Fracasso, “poi la comunicazione è partita in ritardo ed è arrivata alla stampa solo questa mattina”. Ma Zaia, saputo in diretta della cancellazione, coglie la palla al balzo e attacca. “Secondo voi perché l’hanno cancellata? Bugie se ne possono dire poche”.

di Fabrizio Tommasini, giornalista

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