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Caso Khashoggi, la fidanzata: “L’Ue faccia giustizia”

ROMA - "Il mio fidanzato, Jamal Khashoggi, è entrato nel consolato del Regno dell'Arabia Saudita a Istanbul il 2 ottobre

Pubblicato:24-10-2018 10:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:42

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ROMA – “Il mio fidanzato, Jamal Khashoggi, è entrato nel consolato del Regno dell’Arabia Saudita a Istanbul il 2 ottobre per ottenere i documenti ufficiali necessari riguardo il nostro matrimonio in Turchia. Non ne è mai uscito. In seguito a una forte pressione da parte dell’opinione pubblica, la scorsa settimana l’Arabia Saudita ha ammesso che i suoi agenti segreti hanno ucciso Jamal”. Inizia così la lettera ottenuta dall’agenzia ‘Dire’, redatta da Hatice Cengiz, la fidanzata del giornalista saudita Jamal Khashoggi, e indirizzata al presidente della Sottocommissione diritti umani al Parlamento Europeo, Antonio Panzeri. La missiva è stata inviata in occasione della discussione che ieri si è tenuta sul tema a Strasburgo.

“Prima di tutto – dichiara Cengiz – vorrei cogliere l’occasione per ringraziare il governo della Turchia, insieme ai media di tutto il mondo, per il loro impegno a far luce su quanto è accaduto a Jamal. Se non fosse stato per il loro duro lavoro e sacrificio, l’Arabia Saudita avrebbe negato di conoscere qualsiasi informazione a proposito del fatto e si sarebbe attenuta alla sua versione iniziale secondo cui Jamal avrebbe lasciato il consolato pochi minuti dopo il suo arrivo. Molte domande, tuttavia, rimangono senza risposta”.

L’Arabia Saudita, scrive Cengiz, “continua a sostenere che Jamal sia morto a causa di una ‘lotta a pugni’ all’interno della missione diplomatica. Questa ricostruzione non può essere presa sul serio. Secondo i resoconti dei media, lo squadrone della morte, composto da 15 membri, ha atteso l’arrivo di Jamal al consolato saudita a Istanbul con il solo scopo di commettere un omicidio premeditato. Il fatto che un esperto di autopsie e una controfigura di Jamal fossero tra gli operatori sauditi conferma questa conclusione”.


Allo stesso tempo, si legge ancora nella lettera, “la comunità internazionale merita di sapere da chi gli assassini di Jamal hanno ricevuto istruzioni. Dobbiamo trovare la risposta a questa domanda non solo per sostenere la causa della giustizia, ma anche per garantire che il Regno dell’Arabia Saudita non commetta reati simili in altre parti d’Europa in futuro. Non è una sorpresa che negli ultimi giorni ci sia stato uno sforzo sottilmente velato per allontanare i più alti livelli del governo saudita, in particolare il principe ereditario Mohammad bin Salman, dalla questione dell’omicidio del mio fidanzato. Nel frattempo, rimango sotto la protezione della polizia 24 ore su 24 perché gli assassini di Jamal e i loro capi rimangono in libertà”.

La compagna del giornalista ricorda ancora: “150 anni fa, il filosofo britannico John Stuart Mill affermò che ‘l’unica cosa necessaria per il trionfo del male è che gli uomini buoni non facciano nulla’. Le sue parole suonano vere fino ad oggi. Non è un segreto che gli assassini di Jamal provengano da un paese con vaste risorse finanziarie e abbiano eseguito gli ordini di alcuni uomini potenti con totale disprezzo per i diritti umani e per il diritto internazionale. Eppure i loro soldi e la loro forza non possono assolverli dai loro crimini. L’omicidio di Jamal è stato il più clamoroso abuso dell’immunità diplomatica e la più pericolosa violazione del protocollo diplomatico da quando il dittatore libico Muammar Gheddafi aveva fatto assassinare Musa al-Sadr, filosofo e leader religioso libanese-iraniano, durante una visita ufficiale nel 1978”.

“A questo proposito- aggiunge- ha creato un precedente molto pericoloso: se la comunità internazionale non riesce a punire la leadership saudita e assicurare alla giustizia gli assassini di Jamal, l’Arabia Saudita e altri stati canaglia continueranno a colpire giornalisti, attivisti e critici in Europa e altrove. Dopotutto, la storia ci insegna che appagare gli individui pericolosi con posizioni di potere tende ad avere conseguenze molto gravi”.

Cengiz ha quindi osservato in conclusione: “Bisogna far luce su quello che è successo nel consolato saudita a Istanbul quel pomeriggio fatale e garantire che gli assassini di Jamal e i loro mandanti rispondano delle loro azioni non ridarà vita al mio fidanzato. Questo farà in modo che la sua morte non sia stata vana, dal momento che Jamal è stato un sostenitore della democrazia, dei diritti umani e della libertà nel corso di tutta la sua vita. Oggi vi imploro di servire la causa della giustizia chiedendo risposte al Regno dell’Arabia Saudita per quanto riguarda l’omicidio premeditato di Jamal Khashoggi. Invito il Regno dell’Arabia Saudita a fornire alla comunità internazionale e al mondo tutta la verità e nient’altro che la verità, senza ulteriori ritardi. Infine, voglio ricordarvi che l’Europa ha la responsabilità di parlare e di agire concretamente contro questa ingiustizia per proteggere i nostri valori condivisi e il nostro modo di vita dai nemici della libertà”.

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