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‘Welfare Italia’, con Unipolsai si parla di previdenza e integrazione /VD

Due tavole rotonde che hanno caratterizzato l'intera giornata di confronti

Pubblicato:24-10-2016 17:24
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:12

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ROMA  – Nell’ambito del programma pluriennale del Gruppo Unipol “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali”, si sono tenuti due tavoli di lavoro che hanno visto la partecipazione dei principali stakeholder attivi sui temi del welfare. Il primo dal titolo ‘Per l’equità e la sostenibilità: plafond unico e welfare integrato. Le proposte del Governo sulle pensioni vanno in questa direzione?’, con la presentazione del contributo scientifico di “Itinerari previdenziali”. Il secondo ‘Strategie, finanziamento e gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali: le opportunità e le barriere dell’integrazione pubblico-privato’, con la collaborazione scientifica di Università Bocconi.


BRAMBILLA (ITINERARI PREVIDENZIALI): NON SPENDIAMO POCO, MA MALE

“Mettendo insieme tutto il nostro welfare nazionale, quindi le pensioni, l’assistenza sociale e quella sanitaria, il welfare degli enti locali, di fatto su circa 830 miliardi di spesa complessiva ne spendiamo il 53%”. La fotografia e’ di Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, intervenuto a Roma al laboratorio ‘Welfare, Italia’ del gruppo Unipol.

Quindi “non e’ vero che spendiamo meno, ma probabilmente lo facciamo non cosi’ bene e non riusciamo a centrare gli obiettivi rispetto alle fasce che ne hanno veramente bisogno”, aggiunge. “Questo perche’ non siamo capaci di fare una verifica fiscale”: il risultato e’ “un welfare molto costoso ma scarsamente alimentato da contributi e tasse”.

Ma chi deve essere più preoccupato tra lo Stato, che deve pagare, e i pensionati, che devono incassare? “Se c’e’ una categoria che non si deve preoccupare e’ proprio quella dei pensionati- evidenzia Brambilla- La gestione delle pensioni e’ in sostanziale pareggio: tanti sono i contributi che entrano, tante sono le pensioni che escono. Il problema vero e’ l’assistenza: abbiamo 103 miliardi di euro per l’assistenza sociale, ormai più del 55% dell’intera spesa pensionistica che pero’ non hanno le stesse regole delle pensioni e sfuggono ai controlli”. La spesa “non e’ regolamentata ed e’ indirizzata a persone che non hanno mai pagato i contributi e che alla fine prendono più di chi invece li ha pagati”. A rimetterci, conclude Brambilla, sono “le giovani generazioni, che gia’ non hanno una prospettiva molto robusta”.



PATRIARCA (PD): PRIVATO TROVI NUOVI STRUMENTI

“Un welfare complementare e integrato passa per una strada diversa da quelle battute finora. Non possiamo avere un sistema privato che semplicemente duplica quello pubblico, in piccolo, ma bisogna trovare una dimensione specifica ai nuovi e pressanti problemi, pensiamo per esempio all’invecchiamento e alle disabilita’. Bisogna ripensare gli strumenti”. Cosi’ Stefano Patriarca, consigliere economico della presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuto a Roma al laboratorio ‘Welfare, Italia’ del gruppo Unipol.

Ci sono bisogni che il sistema pubblico non puo’ più sostenere, ad esempio l’anticipo dell’eta’ di pensionamento. E’ questo il caso della cosiddetta ‘Rita’, la norma sulla rendita integrativa, inserita quest’anno nella legge di Stabilita’”, aggiunge. Per quanto riguarda il sistema integrativo sanitario, “dovra’ essere potenziato in materia di normativa fiscale”. Per Patriarca “bisogna puntare “all’efficacia e non alla semplice imitazione del welfare previdenziale pubblico”. Ma ci sono degli ostacoli. Le maggiori resistenze dipendono da “una mentalita’ ancora non troppo moderna da parte degli investitori finanziari italiani, rispetto agli altri Paesi. Non hanno il passo sull’inventare nuovi prodotti”. Sempre in legge di Stabilita’, conclude Patriarca, c’e’ una “ipotesi di inventiva, ovvero l’Ape (l’accordo di anticipo pensionistico), fatto tramite il sistema privato”. Insomma, “speriamo in nuove idee”.


BOIDI (UNIPOLSAI): ACCELERAZIONE SU ASSICURAZIONI DOPO MISURE GOVERNO

Come e’ cambiato il modello delle assicurazioni vita e previdenza negli ultimi anni? “Sicuramente l’approccio integrato nel corso degli anni ha avuto un’accelerazione anche grazie alle novita’ e agli aggiornamenti introdotti dal nostro governo”. Lo dice Alberto Boidi, responsabile ‘Vita’ di UnipolSai, intervenuto a Roma al laboratorio ‘Welfare, Italia’ del gruppo Unipol. “C’e’ una necessita’ e una relativa possibilita’ di essere informati su quelli che sono veri tabu’- aggiunge- perche’ il cittadino nasce e vive in uno stato sociale ma non ne conosce le regole. Oggi bisogna lavorare in questo senso e su un concetto di welfare integrato in cui assistenza e previdenza vadano nella stessa direzione creando sinergie. Magari usando strumenti innovativi come un plafond unico al posto dei canali separati che abbiamo oggi”. Questo consentirebbe di creare “dei veri e propri pacchetti in funzione dell’eta’, della famiglia, dell’ingresso nel mondo del lavoro, andando a scegliere quale parte utilizzare”.

Ma quali sono le maggiori difficolta’ nel proporre strumenti assicurativi? “A parte quella economica generata dalla crisi, i problemi sono sul piano culturale. Noi ci troviamo di fronte a degli interlocutori che non conoscono nel profondo il tema: questo genera diffidenza e difficolta’ nostra nel proporre servizi”. C’e’ poi un secondo aspetto e riguarda “la capacita’ di risparmio e la sua allocazione non verso un investimento ma verso il futuro. I giovani- conclude Boidi- non pensano ad andare a crearsi da subito coperture previdenziali o per la non autosufficienza”.


DEL VECCHIO (BOCCONI): INTEGRAZIONE PUBBLICO-PRIVATO NON PIÙ OPTIONAL

“L’integrazione tra pubblico e privato non e’ più un optional: bisogna partire da qui. Nel sistema sanitario abbiamo 115 miliardi di spesa pubblica e 30-35 di privata: e’ evidente che al crescere dei bisogni non possiamo più permetterci il lusso di considerare questi due canali in modo separato”. A dirlo e’ Mario Del Vecchio, direttore dell’Osservatorio Consumi privati in Sanita’ alla Sda Bocconi, intervenuto a Roma al laboratorio ‘Welfare, Italia’ del gruppo Unipol. Gli ostacoli che impediscono la corretta fusione tra i due sistemi sono “alcune visioni ideologiche ma anche problemi reali- aggiunge- che riguardano come regolare l’integrazione e fare in modo che uno dei due attori non sfrutti l’altro”. Dal tavolo di confronto di oggi quali soluzioni sono arrivate? “Devo confessare che stiamo pensando alle soluzioni ma per il momento e’ meglio far dialogare i diversi attori e capire quali categorie logiche dobbiamo usare”. Tre le questioni da affrontare. “Il primo problema e’ come mettiamo insieme le risorse, come fare a costruire un salvadanaio globale. Poi dobbiamo affrontare il tema di chi lo usa e di chi ha la responsabilita’ di rompere il salvadanaio”. Infine, “dobbiamo capire chi concretamente da’ una risposta ai bisogni come quello di un anziano non autosufficiente o che abbia bisogno semplicemente di qualcuno che gli faccia la spesa”. La chiave e’ organizzare, conclude Del Vecchio, per “impedire che ci sia una pluralita’ di soggetti che intervengono. Oggi l’obiettivo e’ ragionare e avvicinare le parti”.


FABRIS (UNISALUTE): NUOVA FRONTIERA ASSICURAZIONI E’ LONG TERM CARE

Non solo il mondo delle assicurazioni, ma “tutto il mondo della sanita’ sta cambiando, perche’ la spesa non ha grandi possibilita’ di sviluppo, il plafonamento delle risorse e’ ormai uno degli elementi con cui stiamo facendo i conti da alcuni anni, e la spesa privata continua a crescere soprattutto nelle regioni ad alto reddito”. Cosi’ Fiammetta Fabris, direttrice generale di UniSalute, intervenuta a Roma al laboratorio ‘Welfare, Italia’ del gruppo Unipol. “Il nostro elemento di innovazione e’ quello di provare a trovare un percorso diverso, anche per arrivare allo sviluppo della sanita’ integrativa organizzata”, aggiunge. L’intento e’ quello di “trovare in alcune aree specifiche di collaborazione con il pubblico per portare un modello misto ma con una forma nuova: un privato protetto da una compagnia di assicurazione che riesce a garantire continuita’ alla spesa, trasformandola da corrente in programmata”. Nei prossimi anni la frontiera e’ quella della Long term care? “Si’, il socio-assistenziale e’ uno dei settori più scoperti- conferma Fabris- La stima parla di una cifra tra i 30 e i 40 miliardi di euro nel sommerso, fonte di organizzazione diretta e privata. Su questa il pubblico sta denunciando la sua impossibilita’ di gestione e copertura, soprattutto considerando gli elementi sociali come la limitazione delle nascite e l’allungamento della vita- conclude- con conseguente modifica dello stato di salute e forme di cronicita’”.


SILEONI (ISTITUTO LEONI): CONFUSIONE SU COMPETENZE E’ MOLTO ALTA

“I privati cittadini pagano molto di più di quanto si riscontra nella diminuzione della spesa pubblica sanitaria. La riprova della insostenibilita’ si ha tutti i giorni, quando paghiamo il ticket per un’analisi e paradossalmente ci conviene pagarlo per intero nel privato. Questo vuol dire che alle tasse bisogna aggiungere ulteriori spese per un servizio completo”. A dirlo e’ Serena Sileoni, vicedirettrice dell’Istituto Bruno Leoni, intervenuta a Roma al laboratorio ‘Welfare, Italia’ del gruppo Unipol. Sulla fornitura di servizi e prestazioni, divisa tra Stato, Regioni e Comuni, “la prima cosa utile e’ far capire chi sta facendo cosa. Al momento la confusione di competenze sia legislative che amministrative e’ molto alta e temo che anche con la riforma costituzionale il problema non sara’ risolto- conclude- perche’ riguarda soprattutto le amministrazioni”.

 

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