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Amatrice un anno dopo, tra macerie e voglia di rinascere

Il Vescovo di Rieti: "La ricostruzione è vera quando evita frasi fatte"

Pubblicato:24-08-2017 17:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:37

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AMATRICE – La paura è quella dell’essere abbandonati, dell’oblio. Ad Amatrice, come ad Accumoli e come in tutti quei paesi del centro Italia, quelli di Marche, Lazio, Abruzzo e Umbria, colpiti un anno fa dal terremoto, c’è voglia di rinascere, di ridare speranza alle giovani generazioni, di cambiare lo stato delle cose perché se oggi Sergio Pirozzi dice “Amatrice non è un paese per bambini” lanciando l’ennesimo, disperato grido di allarme, non va bene. Non va bene per i tantissimi giovani che oggi hanno riempito l’area degli impianti sportivi ad Amatrice per assistere alla cerimonia di commemorazione delle vittime del terremoto di 12 mesi fa officiata dal Vescovo di Rieti Domenico Pompili a cui hanno assistito anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il Commissario alla ricostruzione Vasco Errani, il capo della Protezione civile attuale Angelo Borrelli, il suo predecessore Fabrizio Curcio, la sindaca di Roma Virginia Raggi.

Non va bene perché oggi, fa sapere Save The Children, “il 34% delle strutture scolastiche è inagibile” e questa, sempre secondo l’associazione umanitaria, ha pesato “sugli 84mila bambini e adolescenti residenti nelle aree colpite”.

Ad un anno dal sisma, secondo sempre Save The Children, “su 2.409 edifici scolastici con più di 84mila studenti e alunni iscritti, solo 1.585 sono stati dichiarati completamente agibili”, mentre 824 sono “le strutture non agibili delle quali 146 totalmente inagibili”.


E questo solo parlando dell’anello debole della comunità tutta, colpita dal sisma. Perché girando per Amatrice e per le frazioni limitrofe è vero, la vita sta andando avanti, si tenta di proseguire tra mille difficoltà. Ovunque sono macerie, che restano un problema serio (“Mortale”, come ha detto lo stesso Pirozzi), le attività commerciali a fatica provano a riprendersi.

“E ora voglio vedere se gli ridai il voto!”, urla un uomo, anziano, a quella che presumibilmente dovrebbe essere la moglie. La coppia, come moltissime altre persone, non ha voluto mancare alla messa del Vescovo di Rieti, sfidando il caldo torrido.

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“La ricostruzione è falsa quando procediamo alla giornata, senza sapere dove andare- ha detto Monsignor Pompili durante il rito, rivolgendosi, evidentemente, soprattutto alle istituzioni presenti- Rinviare non paga mai, neanche in politica, il tempo è una variabile decisiva”. Invece “la ricostruzione è vera quando evita frasi fatte, ‘ricostruiremo com’era e dov’era”. Per il vescovo bisogna “ricostruire l’autentico, non l’identico. La storia non torna mai indietro, ricostruire vuol dire andare avanti. Amatrice, si augura Pompili, “rinascerà ma conservi anche le ferite, le generazioni apprenderanno che le città sono fatte dall’ingegno di chi la edifica”.

di Adriano Gasperetti, giornalista professionista

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