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Bersani, Pisapia e l’anaffetività bigotta di certa sinistra

L'abbraccio di Pier Luigi con Angelino Alfano, nel 2013, e quello di Giuliano con Maria Elena Boschi. Quando linguaggio del corpo fa scandalo

Pubblicato:24-07-2017 17:39
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:33

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di Guido Moltedo* per www.ytali.com


Un abbraccio è già inciucio? Chiedetelo a Pier Luigi Bersani. Segretario del Pd, di questo fu accusato, quando le immagini del suo lungo braccio poggiato disinvoltamente sulla spalla di Angelino Alfano, e il loro parlottare, furono interpretati come un gesto politico inequivocabile: il battesimo del “governissimo”.

Erano i giorni dell’elezione del successore di Napolitano, 2013, Franco Marini era stato lanciato in corsa, mentre 5 stelle e sinistra tifavano per Stefano Rodotà. Dopo cinquanta giorni di stallo, trattare con Berlusconi poteva sembrare l’unica via d’uscita, ma non per i nemici di Bersani, tra i quali già si notava Matteo Renzi. Poi, come si sa, non se ne fece nulla. Ma l’abbraccio con l’allora scudiero del cavaliere fotografava il patto col diavolo, e fu una delle ragioni della successiva debacle politica di Bersani.


Ora, chiunque conosca solo un po’ Bersani (ma basta averlo visto in televisione) sa quanto l’uomo sia espansivo, gioviale e affabile, anche col linguaggio del corpo, e l’idea che un innocuo e spontaneo abbraccio con un avversario potesse essere letto come il segno di un’intesa “strategica” faceva semplicemente ridere i polli. Fu volgare e ingiusta, la reazione nevrastenica nei suoi confronti.

Ed è di questi giorni il replay – in un certo senso – di quella scena di quatto anni fa, reazioni comprese, questa volta con gli amici di Bersani nelle vesti di chi sbraita e vede chissà quali manovre in un gesto normalmente affettuoso.

“Giuliano, quella foto con Maria Elena Boschi a un pezzo del nostro mondo ha fatto storcere il naso”, dichiara Roberto Speranza senza tema del ridicolo, commentando le immagini di Pisapia che abbraccia la sottosegretario alla Festa dell’Unità di Milano, e dando voce alla valanga d’improperi piovuti sull’ex-sindaco da militanti e sostenitori di Articolo1/Mdp.

Dopo la discussione sull’odio nei confronti su Renzi, se ne potrebbe aprire un’altra sull’anaffettività bigotta e ottusa di certa sinistra.

La verità è che episodi come gli abbracci di Bersani e di Pisapia vanno annoverati tra i frutti velenosi dell’ibridazione di politica, media e intrattenimento, un intreccio che condiziona e annebbia sia i protagonisti della scena politica sia i giornalisti. E sia gli elettori ridotti a spettatori passivi e arrabbiati di un mediocre teatrino di psicopolitica.

Ma è diventato talmente ingombrante, questo teatrino, da dover essere paradossalmente considerato, da chi si occupa di politica, un pezzo rilevante della realtà stessa. E quindi, purtroppo, ne va tenuto conto.

Nel caso di Pisapia, la linea del dialogo con il Pd, che ha caratterizzato fin dall’inizio il suo cantiere politico, cozza con quella della competizione all’ultimo sangue con il partito di Renzi, la linea scelta da Bersani e D’Alema in vista delle prossime elezioni. Il nemico da battere sarà Renzi e il “suo” Pd, non quella che dovrebbe essere il nemico “naturale”, la destra, anzi l’avversario comune del centro e della sinistra, da battere unendo le forze. Di conseguenza pontieri (come Andrea Orlando e Gianni Cuperlo) e aperturisti come Pisapia sono automaticamente anch’essi nemici potenziali, se non pericolose quinte colonne del duce Matteo.

L’odio per Renzi, le reazioni bigotte a Pisapia riflettono dunque, e svelano, questa intenzionalità, che è tutta politica. Perché in ballo ci sono interessi, non passioni. In questo D’Alema e Bersani sono del tutto speculari a Renzi, che vuole esattamente la stessa cosa: la loro eliminazione o, almeno, la loro riduzione all’inessenzialità.

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