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Napoli. Opere incompiute, l’università dove c’erano le vele di Scampia: ‘lavori in corso’ dal 2006

NAPOLI - La scommessa si chiama Scampia.

Pubblicato:24-07-2017 12:43
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:33

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NAPOLI – La scommessa si chiama Scampia. Quel quartiere e quegli abitanti coraggiosi che sul futuro di una delle periferie più degradate d’Italia sono riusciti a far puntare perfino il governo. Restart Scampia è il progetto, finanziato dall’esecutivo nazionale, che prevede l’abbattimento di tutte le Vele, salvo una che da residenziale diventa sede degli uffici della Città Metropolitana di Napoli. Ma Restart significa Ripartire, trasformare Scampia da margine urbano a centro metropolitano.

Una riqualificazione complessiva che passa dalla realizzazione di una piazza ‘viva’ a pochi passi da metropolitana e parco pubblico, e da spazi aperti, bike sharing, wifi gratuito. Un rione a misura di studente. Sì perché la rinascita di Scampia parte da un progetto che dal 2006 è nei cassetti di Comune di Napoli, Regione Campania e Università degli studi di Napoli Federico II.


Il futuro del quartiere è ScampiSan, il nome del nuovo dipartimento di Scienze infermieristiche dell’ateneo federiciano. Il complesso architettonico si trova nell’area della vela H, abbattuta in un caldo pomeriggio dell’aprile 2003. Una torre a pianta circolare di 6 piani per una superficie totale di 15 mila metri quadrati con 48 aule per 330 posti complessivi, un’aula magna da 600 posti, una biblioteca, studi medici, uffici e servizi alla didattica, e ancora attività ambulatoriali, day hospital, consultori, laboratori diagnostici, alla riabilitazione e allo studio dei docenti e, naturalmente, servizi per gli studenti. Un polo universitario con 2500 alunni dei corsi di laurea nelle professioni sanitarie ad elevato tasso d’occupazione. Sono 35 milioni di euro i fondi stanziati per la realizzazione della facoltà, 22 per gli edifici e 13 per le attrezzatture.

“Il progetto è rimasto sostanzialmente invariato – assicura Gaetano Manfredi, presidente Crui e rettore della Federico II, intervistato dalla Dire -. Abbiamo fatto un lavoro di approfondimento con l’Asl Napoli 1 in modo che le attività del nuovo dipartimento fossero complementari dal punto di vista sanitario a quelle del poliambulatorio già presente nella zona. Così da massimizzare l’impatto sulla popolazione di Scampia”.

I lavori dovevano essere terminanti entro il 2008, pena la revoca dei finanziamenti. Ma al 2017, la situazione è quella di un cantiere ancora aperto, sempre attivo, ma che procede a singhiozzo. L’ultima delibera del Comune che dà il via libera al completamento della struttura risale all’agosto 2015 ma una serie di intoppi burocratici ha rallentato ulteriormente la fine dei lavori.

La Regione Campania, ente erogatore, ha infatti chiesto al Comune di Napoli, l’ente beneficiario, ulteriori approfondimenti relativi ad alcune delibere approvate dall’ex giunta Iervolino. Un cavillo tecnico di cui si è discusso la scorsa settimana a palazzo Santa Lucia nel corso di un incontro tra i due enti.

Dalla Regione abbiamo avuto delle rassicurazioni – spiega alla Dire Carmine Piscopo, assessore comunale al Diritto alla Città – e c’è stata ampia disponibilità da parte loro a valutare il lavoro fatto in precedenza. I settori tecnici sono al lavoro”.

In sostanza, si va avanti anche perché la copertura finanziaria c’è: “è solo un problema di spesa – continua Piscopo – ma c’è la volontà politica di procedere. Quel dipartimento è uno dei progetti prioritari di quest’amministrazione, un lavoro molto importante a cui tiene tutta la collettività di Scampia che unito a ‘Restart’ permetterà al quartiere di acquisire una nuova centralità”.

La promessa di Comune e Ateneo è che Scampisan apra i battenti già nel 2018. “E’ la nostra aspirazione – dice il rettore Manfredi -. Da parte nostra c’è ampia disponibilità, ora dipende tutto dai tempi di completamento della struttura perché su questo siamo nelle mani del Comune. Ci teniamo tantissimo ad aprire quel dipartimento e siamo pronti a partire il prima possibile. A confermarlo, l’atto aziendale siglato di recente con la Regione Campania per il nostro policlinico: il polo di Scampia è previsto”.

La data del 2018 viene confermata anche dal Comune di Napoli “ma ci siamo dati un altro impegno anche con la Regione – afferma l’assessore Piscopo -. E’ quello, già a fine 2017, di organizzare un incontro pubblico molto importante nel nuovo dipartimento, con tutta la collettività”.

Un lieto fine, si spera, per l’università di Scampia che serva da buon esempio per tante altre opere incompiute, a Napoli e in provincia, ancora bloccate da rimpalli di competenze e cavilli burocratici.

A Portici, il waterfront doveva essere il simbolo della riscossa del mare vesuviano, balneabile dopo anni di inquinamento da record. Rischia di trasformarsi nell’emblema dell’incapacità italiana nella spesa dei fondi europei. Oppure a Nola, dove lo stop di erogazioni da parte della Regione Campania ha mandato in soffitta il progetto di costruire una Cittadella della Cartapesta, opera unica in Italia, al posto del degrado dell’ex stadio della città.

Nello scenario di una grande opera incompiuta, la metanizzazione di Ischia, si inserisce perfino una delle vicende giudiziarie che ha visto implicato un sindaco del Pd, il renziano Giosi Ferrandino. Il sospetto della procura è che dietro l’affidamento dell’appalto alla Cpl Concordia ci sia un “asservimento” del primo cittadino ad alcuni uomini della cooperativa. Il risultato tangibile è il completo abbandono dell’opera pubblica e un grande spreco di denaro.

La metanizzazione di tutta la Penisola doveva essere una grande opera da completarsi in tutto il Paese, un po’ come la connessione Nord-Sud su ferro tramite l’Alta Velocità. Dalla “Porta del Sud” di Afragola, la futuristica stazione che connetterà Milano a tutte le città del Mezzogiorno, partono e si fermano oltre 30 treni al giorno ma l’assenza di servizi e di un trasporto con il centro cittadino e con Napoli fa di quella bella struttura un’incompiuta in un deserto al centro anche di indagini della magistratura.

Sulla Tav di Afragola è in primis il governo nazionale ad averci scommesso e premier e ministri ci hanno messo la faccia anche su un altro grande progetto, quello del risanamento di Bagnoli, quartiere occidentale di Napoli che da più di 20 anni aspetta una bonifica e una rigenerazione urbana e per cui lo scorso 19 luglio si è firmato l’atteso accordo fra governo, Regione e Comune.

La stessa bonifica che chiedono i cittadini di Napoli Est, una periferia che è ancora una bomba ecologica. Cittadini, comitati e movimenti, però, sembrano gli unici a non arrendersi di fronte alla storia di un destino già scritto. Un po’ come il fato ha voluto per una delle residenze più belle di Napoli, palazzo Donn’Anna, incompiuta dal 1600 per la rivolta di Masaniello.

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