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25 aprile, il rabbino capo di Roma: “Ebrei dalla parte della festa di liberazione”

Intervista a Riccardo Di Segni, che sull'antisemitismo dice: "La situazione in Italia non è ai livelli di gravità di altri Paesi europei"

Pubblicato:24-04-2018 17:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:48

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ROMA – “Il 25 aprile non può essere una festa di tutti, magari lo fosse” risponde Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma intervistato dall’agenzia Dire. D’altronde, prosegue Di Segni, “il fascismo non era una creatura estranea in Italia e la liberazione dal nazifascismo ha comportato una guerra civile in questo Paese. Noi come ebrei italiani siamo chiaramente dalla parte del 25 aprile, personalmente sono figlio di perseguitati e di un partigiano decorato e quindi so da che parte stare“.

Durante le partite di calcio negli stadi molte volte ci sono state manifestazioni contro gli ebrei…

“Quello che succede durante le partite di calcio– sottolinea il rabbino capo di Roma- è l’espressione di dove può arrivare l’ignoranza e la diffusione delle parole comuni che feriscono, non c’è alcuna vigilanza, in qualsiasi campo di calcio si pensa di insultare l’avversario chiamandoli ebrei o evocando i fantasmi della Shoah, sono cose francamente orribili rispetto a cui non dovremmo mai abbassare la vigilanza”.


ANTISEMITISMO? DI SEGNI: IN ITALIA SITUAZIONE DIVERSA DA ALTRI PAESI UE

L’omicidio di Mireille Knoll in Francia e le aggressioni in strada a Berlino sono gli ultimi casi di antisemitismo che continuano a registrarsi in Europa. C’è paura, cresce la tensione e in questi anni molti cittadini ebrei sono emigrati in Israele.

I movimenti di ebrei non sono di massa– risponde Riccardo Di Segni rabbino capo della comunità di Roma intervistato dalla Dire- e non sono diretti soltanto verso lo Stato di Israele. Ci sono molte persone che si sentono a disagio, poco tranquille, in alcuni Paesi sono vivamente preoccupati”.

E nel nostro Paese che succede?

“In Italia- dice ancora Di Segni- ci sono dei movimenti migratori di ebrei, ma sono abbastanza contenuti e non sono di natura politica, piuttosto nascono da altre motivazioni come il disagio economico. Qui la situazione non è ai livelli di gravità di altri Paesi europei, ma noi siamo in continuo monitoraggio e vigilanza, anche se nessuno ci può garantire che da un momento all’altro il vento possa soffiare in altre direzioni”.

I rapporti con Papa Francesco?

“Sono buoni- risponde Di Segni- cordiali, di comunicazione in caso di necessità, abbiamo i canali di confronto regolarmente aperti e fecondi”.

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