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In Angola luci e fantasmi sul Marginal, sognando Dubai

Una diga da cinque miliardi può riaccendere il lungomare di Luanda

Pubblicato:24-03-2017 11:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:02

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LUANDA (Angola) – Dopo il tramonto, ragazzini in ciabatte si lanciano tra la Forteleza di Sao Miguel e la Baia. Inseguono, spingono, bloccano il traffico, urlano ai Suv. Poi ridono e scompaiono tra il mare e le palme, lungo la ciclabile disegnata sette anni fa, simbolo di Luanda che sogna di diventare la nuova Dubai. Eppure il Marginal, il lungomare più ricco e scintillante d’Africa, ha perso molte delle sue luci.

Grossi generatori, cubi di grate e cemento a pochi metri dall’Oceano, ne tengono accese solo alcune. Viene e va in cima al grattacielo la scritta rossa e bianca di Sonangol, la compagnia petrolifera di Stato, snodo della ricostruzione economica dell’Angola dopo 27 anni di guerra civile.

Accanto ai neon, però, si indovinano sagome scure che sembrano fantasmi. Come uno dei grattacieli più alti, uno scheletro di cemento piazzato a metà dei due chilometri e mezzo di passeggiata di fronte all’Atlantico.


“Dovrebbe venir su tutto uffici ma i lavori vanno avanti piano, non è più come qualche anno fa” dice Vicente Cabral, avvocato nella “cidade baixa” e jogging lungo il Marginal.

Non abita lontano: sta nel quartiere di Alvalade, dove di sera le lampadine sono accese. Lunedì e mercoledì per la verità non è andata così, ma vuoi mettere rispetto alle “mosseques”, gli slum di Luanda.

“Lì ci vivono i figli dei profughi arrivati dalle campagne durante la guerra” spiega José Lukamba, che lavora come guardia privata sul lungomare ma nelle baracche di legno e lamiera c’è nato: “Nelle periferie la corrente e pure l’acqua mancano da tre settimane”.

Le luci che non si riaccendono, i grattacieli che restano cantieri, l’acqua e l’elettricità con il contagocce sono l’altra faccia dell’Angola tigre africana. Dopo la guerra civile, con il petrolio e i diamanti al servizio di un progetto di sviluppo, il Paese aveva cominciato a cambiare e preso velocità.

Il Prodotto interno lordo era cresciuto ogni anno con tassi a due cifre, sia pur partendo da un livello tra i più bassi al mondo. Poi però c’è stato il crollo del prezzo del greggio, passato da oltre 100 ad appena 55 dollari al barile. Della prima crescita vorticosa trainata dalle esportazioni di petrolio, guidata sempre dal Movimento popular de libertacao de Angola (Mpla), sono rimasti progetti imponenti e costosi. Come la diga idroelettrica di Lauca, 400 chilometri a est della capitale lungo il Kwanza, l’opera di ingegneria civile e meccanica più grande nella storia dell’Angola. Per realizzarla sono stati preventivati investimenti per cinque miliardi di dollari. Joao Lourenco, il generale che ad agosto dovrebbe succedere al presidente José Eduardo dos Santos, ha promesso di portare l’elettricità nelle case di cinque milioni di angolani.

Accanto al suo volto sorridente sulle pareti dei palazzi, stella gialla in campo rosso e nero, c’è il logo Mpla e la scritta “Com o povo, rumo a vitoria”. Tradotto: con il popolo fino alla vittoria, ripartendo dalle dighe. Oltre a Lauca, quelle di Cambambe e di Capanda, parte di un piano da 20 miliardi che entro il 2025 mira a garantire una potenza installata di 9000 megawatt. Eppure il problema, ora, potrebbero essere proprio i soldi. Lo schema prevede partnenariati pubblico-privato e finanziamenti con buoni del tesoro. “L’obiettivo è riaccendere l’Angola, cominciando dal Marginal e dall’Ilha do Cabo, con le discoteche dei vip dall’altra parte della Baia” dice Lukamba: “Prima o poi magari toccherà anche alle ‘mosseques’”.

di Vincenzo Giardina, giornalista

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