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L’intelligenza? Spesso sinonimo di solitudine

Nuova ricerca scientifica affonda le radici nella storia dell'uomo

Pubblicato:24-03-2016 16:45
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:27

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intelligenti esseri umaniROMA – Intelligenti e felici? Forse. Intelligenti e ‘amiconi’? Certo che no. Questo in estrema sintesi il risultato di una nuova ricerca scientifica – pubblicata sulla rivista British Journal of Psychology – condotta da Satoshi Kanazawa della London School of Economics e da Norman Li della Singapore Management University, due psicologi evoluzionisti, su un campione di quindicimila soggetti volontari compresi tra i 18 e i 28 anni.

Uno studio approfondito che ha dimostrato come le persone intelligenti tendano ad avere pochi amici e anche a frequentarli poco. Un gruppo consistente di amici per loro si tradurrebbe in un calo della stessa sensazione di felicità. I motivi di questa particolare tesi sono da ricercare, addirittura, nelle radici della storia dell’uomo e spiegati con quella che Kanazawa chiama la ‘teoria della savana’ secondo la quale il comportamento umano rimasto ancorato all’ambiente ancestrale dei primi Homo Sapiens tende ad entrare in conflitto con quello moderno.

In particolare i nostri antenati primitivi tendevano, per avere una maggiore possibilità di sopravvivere, a unirsi in gruppi numerosi in modo da facilitare operazioni come la caccia, la difesa e la procreazione della specie. Gli esseri però maggiormente ‘dotati’ – cioè con un quoziente intellettivo alto – potevano bastare a loro stessi e quindi tendevano ad isolarsi o a vivere in piccoli gruppi.


È indubbio che avere molti amici può rendere felici ma, di contro altare, è anche vero che chi abita in zone ad alta densità abitativa è meno soddisfatto, in generale, della propria vita. Questo principio si sposa alla perfezione con le persone particolarmente intelligenti che dinanzi ad un’interazione sociale frequente si dicono poco soddisfatte preferendo concentrarsi su ciò che hanno da fare anziché perdersi nella coltivazione di rapporti sociali. I due ricercatori ritengono, quindi, che il modo in cui ci siamo evoluti e la vita frenetica che conduciamo oggi ha fatto sì che la nostra mente e il nostro corpo si trovassero e si trovino ancora in lotta costante per tenere il passo con i tempi. Gli individui più intelligenti sentono di potersi adattare meglio alle sfide della vita moderna e per farlo si lasciano alle spalle con più facilità le proprie radici sociali ancestrali.

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