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L’Italia in Centroamerica per gestire le calamità

Parla il coordinatore del piano 'Riesca': "Così insegniamo a fare rete"

Pubblicato:24-02-2018 13:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:31

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ROMA – “Eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, frane, tempeste tropicali… i disastri naturali sono talmente frequenti che potremmo definirli una costante nei Paesi dell’America Centrale. L’Italia qui non interviene per risolvere i problemi, ma per condividere conoscenze e strategie maturate nel tempo, con l’obiettivo di creare sostenibilità e resilenzia rispetto alla gestione del rischio”. Così alla DIRE Giuseppe Giunta, ordinario di Geologia strutturale all’Università di Palermo, nonché coordinatore Progetti pericolosità naturali e scenari di rischio in Centro America, finanziato dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo (Aics).

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Sintetizzato nell’acronimo ‘Riesca‘, il piano lanciato nel 2015 mette in collaborazione a partire dall’ateneo di Palermo anche il Cnr di Pisa e di Napoli e l’Osservatorio geofisico sperimentale di Trieste, con gli Atenei e le Protezioni civili di quattro Paesi: El Salvador, Nicaragua, Guatemala e Honduras. In una regione dove circa ogni anno avviene almeno un terremoto catastrofico – l’ultimo domenica scorsa in Messico, di magnitudo 7.2, “stranamente non si è consolidato un certo modus operandi a livello regionale”, spiega il docente. Altra stranezza, “è che le città più popolose sorgono proprio nelle zone più ad alto rischio”. Qui “si costruisce secondo i criteri antisismici – assicura l’esperto – ma come tutte le metropoli esistono rioni antichi e periferie non a norma per sostenere l’impatto di terremoti o inondazioni. E l’assenza di adeguati piani d’emergenza fa sì che come spesso accade a farne le spese siano i più poveri”.


“Le università, i centri di ricerca e le protezioni civili pur avvalendosi di professionisti di alto livello, finora non avevano mai lavorato insieme”, sottolinea il docente, secondo cui l’Italia può aiutare “a trasmettere una certa cultura che preveda la creazione di un archivio storico degli eventi, di un sistema di monitoraggio congiunto del territorio e della gestione coordinata del rischio”. “L’ottima rete informativa di cui si avvale ad esempio la Protezione civile italiana – prosegue Giunta – manca in questi Paesi. Ecco perché considero un successo essere riusciti a coordinare un’equipe di 40 tecnici per la stesura di un report delle prime attività comuni, elaborato il mese scorso in una sessione plenaria in Centro America coordinata da Università di Palermo e da Aics”. Ma, chiarisce Giunta, “non vogliamo trasferire il prodotto finito, bensì condividere una metodologia di lavoro, per permettere a questi Paesi di avvalersi nel tempo di strategie e strumenti propri”. D’altronde, pur essendo un Paese ad elevata criticità, l’Italia non si può paragonare a queste aree: “noi ad esempio abbiamo al massimo due o tre vulcani pericolosi, qui ce ne sono a decine. Senza parlare degli eventi metereologici. Anche noi abbiamo tantissimo da imparare”. ‘Riesca’ punta anche ad informare le comunità locali, “affinché sviluppino metodi di prevenzione attraverso la conoscenza scientifica del fenomeno, che scaturisca da una più stretta collaborazione tra Università, istituzioni di monitoraggio, Protezione civile, e territorio”.

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