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Troppa luce fa male, ecco i danni dell’inquinamento luminoso VIDEO

In Europa ben sei persone su dieci non possono più vedere la Via Lattea

Pubblicato:24-02-2017 14:06
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

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ROMA  – Per secoli sono stati ispirazione per poeti, letterati e filosofi, ma oggi i cieli stellati non godono più di buona salute. Alzare gli occhi è un’abitudine ormai desueta nelle grandi città e in Europa ben sei persone su dieci non possono più vedere la nostra Galassia, la Via Lattea. Lo rende impossibile l’inquinamento luminoso, cioè la diffusione verso l’alto di luce artificiale, principalmente sopra le grandi città, che rende i nostri cieli anche 50 volte più luminosi, tanto da nascondere quasi tutte le stelle.


Non è solo l’ispirazione poetica a risentirne: l’inquinamento luminoso crea problemi professionali agli astronomi, disorienta gli animali, influisce sul ciclo delle piante e altera la produzione di melatonina nell’uomo. In Italia la situazione è particolarmente grave: il ‘New World Atlas of Artificial Night Sky Brightness’ cataloga il nostro Paese come il più inquinato nel gruppo del G20, insieme alla Corea del Sud. Eppure per evitare di ‘nascondere’ il cielo basterebbero degli accorgimenti che la tecnologia attuale consente. A frenare questa possibilità è anche l’assenza in Italia di una legge nazionale. Ne abbiamo parlato con Raffaella Schneider, per anni Astrofisica all’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e attualmente docente presso il dipartimento di Fisica dell’Università ‘Sapienza’ di Roma.

L’inquinamento luminoso crea un problema per gli astronomi, innanzitutto?


“Crea un problema per tutti. Non ci si può limitare a considerare il problema come un problema dell’astronomia professionale, che naturalmente c’è- spiega Schneider-. Più noi cerchiamo oggetti deboli, cioè oggetti antichi, più lontani da noi, più cerchiamo di esplorare le frontiere dell’universo osservabile, più abbiamo bisogno di un cielo buio. I siti per l’osservazione astronomica sono ormai limitati sulla nostra superficie terrestre a pochi siti che sono davvero incontaminati. C’è addirittura una commissione dell’Unione astronomica internazionale che vigila sul livello di contaminazione, proprio per cercare di proteggerli. Io credo che, allargando un po’ il nostro sguardo, il problema sia di tutti noi perché quando noi alziamo gli occhi sulle nostre città ci rendiamo conto che non vediamo più le stelle. Ne vediamo pochissime, le più brillanti, e credo che questa vada considerata una perdita culturale importante. I bambini che crescono nelle città non hanno l’abitudine neanche di alzare gli occhi al cielo…”.

Per diminuire l’inquinamento luminoso possono essere utilizzati degli accorgimenti. In Italia, però, manca ancora una regia nazionale che permetta di sfruttare su tutto il territorio le tecnologie più moderne per il risparmio energetico e il rispetto dell’ambiente.

Nel nostro Paese, “che io sappia, non esiste una legge nazionale che contrasti l’inquinamento luminoso- spiega Schneider-. Ci sono delle leggi regionali, ma non c’è ancora un vero coordinamento a livello nazionale, che sarebbe auspicabile”. In Francia e in Germania “sono state approvate leggi che hanno stabilito dei criteri restrittivi sul tipo di illuminazione perché molto si può fare da questo punto di vista. La tecnologia ci aiuterebbe, ad esempio, a immaginare un sistema di illuminazione stradale adattivo, cioè che si adatti alle condizioni meteorologiche, alle condizioni di luce naturale. Che, alla presenza di persone, con dei sensori sia in grado di valutare se è il caso di illuminare quell’area o no”.

C’è chi sostiene che diminuire la luce artificiale comporti una considerevole diminuzione della sicurezza. Esiste un dialogo tra la comunità scientifica e  la politica per dirimere la questione? Sarebbe auspicabile?

“Sarebbe auspicabile un dialogo. Che io sappia non esistono veri studi che effettivamente le zone più buie siano le più pericolose. Bisogna agire con buon senso e cercare un compromesso tra le illuminazioni di zone importanti, per esempio gli ospedali” e tener presente “anche il rispetto il più possibile dell’ambiente che ci circonda. Questo la tecnologia ormai ce lo consente. Ci consente di utilizzare delle strutture di illuminazione che dirigano il più possibile la luce dove serve e limitino il più possibile la dispersione di luce, quindi verso l’alto. Questo aiuta anche dal punto di vista del risparmio energetico. Serve che utilizzino un tipo di luce che non inquini troppo alle lunghezze d’onda dove questa è più pericolosa, per noi, per i sistemi, che è più nociva, più inquinante dal punto di vista della sua dispersione in atmosfera. Lampade che abbiano un colore più caldo, che non abbiano molto colore sul blu, bianco, che sono invece le luci più inquinanti”.

Per quanto riguarda l’uso del led, invece, è senz’altro importante per il risparmio energetico, però bisogna concordarne la tipologia con i produttori, e in questo ci vorrebbe proprio una legge con delle indicazioni chiare che favoriscano alcuni tipi di led che abbiano un indice di colore più adatto al rispetto dell’ambiente.

L’inquinamento luminoso, d’altronde, riguarda tutti. Dalle piante agli animali, fino all’uomo.

“Ci sono molti studi che dimostrano che purtroppo le luci artificiali confondono gli uccelli migratori, ad esempio. Vengono dirottati e a volte vicino agli aeroporti e si ha un incremento notevole della mortalità”. Di fatto, bisogna pensare a tutti i sistemi biologici che si sono sviluppati e adattati a un ritmo giorno notte. “Questo ritmo quando viene alterato ha delle conseguenze. Anche su altri animali, animali notturni, insetti, piante, la presenza di luce artificiale ha un impatto importante”. Questo accade anche per l’uomo.“Leggevo una ricerca fatta all’Università di Boulder, in Colorado– racconta Schneider-. Hanno monitorato i livelli di melatonina prodotta in una serie di giornate in alcune persone durante la loro attività quotidiana, e quindi sottoposte alle luci artificiali, alle luci dei monitor, ai ritmi della vita moderna, contemporanea. Poi li hanno portati in un campeggio sulle Montagne Rocciose, dove non avevano luce artificiale, e hanno registrato un improvviso cambiamento nella capacità di produrre melatonina, che influenza moltissimo anche il nostro sistema immunitario. Anche noi siamo degli animali cresciuti sulla Terra, abituati a un ritmo giorno notte che dovremmo cercare il più possibile di rispettare”.

Inquinamento luminoso non significa solo danno ambientale, ma anche spreco energetico. Il 24 febbraio è la giornata dedicata a ‘M’illumino di meno’, l’iniziativa della trasmissione Caterpillar di Radio 2 nata per sensibilizzare proprio sul tema dello spreco di energia e arrivata alla tredicesima edizione. Simbolicamente verranno ‘spenti’ i principali monumenti italiani. L’invito di quest’anno è a compiere un gesto di condivisione contro lo spreco di risorse. A ‘M’illumino di meno’ aderisce anche l’Istituto nazionale di Astrofisica, con una serie di iniziative, che vanno “dall’apertura dei telescopi al pubblico, come sull’altopiano di Asiago. A Trieste ci sono delle conferenze programmate con il tema dell’inquinamento luminoso, a Roma, all’Osservatorio di Monteporzio ci sarà una conferenza in cui un collega, Adriano Fontana, cercherà di spiegare proprio perché gli astronomi hanno bisogno dei cieli bui per riuscire ad osservare le galassie più lontane”.

di Antonella Salini, giornalista professionista

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