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Hanno truffato Barilla, Parmalat e Ferrero per 23 milioni di euro, scatta maxi sequestro a Forlì

FORLI' - Una gigantesca truffa da 23 milioni di euro in cui sono caduti dei colossi alimentari del

Pubblicato:23-12-2015 09:28
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:44

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FORLI’ – Una gigantesca truffa da 23 milioni di euro in cui sono caduti dei colossi alimentari del calibro di Parmalat, Vincenzi, Ferrero, Barilla e Granarolo. Il raggiro, messo in atto da imprenditori e dipendenti di società della grande distribuzione, consisteva nell’inscenare degli ingenti acquisti da parte di due società estere, una tedesca e una olandese, che in realtà non esistevano. La merce venduta a queste società-schermo figurava alla voce ‘esportazioni’ (e quindi aveva prezzi notevolmente inferiori a quelli diretti al mercato italiano) ma di fatto non lasciava mai l’Italia e dietro questo raggiro c’era in realtà una società di import/export con sede in provincia di Cesena, che poi la rivendeva ad altri grossisti italiani. Il ‘dominus’ della frode, L.J., ha 54 anni ed è di Cesena. L’indagine, che già nel 2012 aveva fatto scattare sei obblighi di firma, oggi è arrivata ad uno step importante: il sequestro preventivo, disposto dal gip di Forlì, per una cifra di 23 milioni di euro (tra case, auto e terreni), ovvero la cifra a cui ammonterebbe il raggiro, nei confronti di sei persone e tre società.

pastaQuesta storia parte cinque anni fa, nel 2010, quando una denuncia presentata dalla Parmalat dà il via alle indagini della Guardia di Finanza di Pozzuoli, coordinate della Procura di Napoli. Venne individuata un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa ed alla frode fiscale di ben 38 persone, tra cui imprenditori e dipendenti di società della grande distribuzione. Dagli accertamenti della Gdf emersero una serie indeterminata di truffe ai danni di Parmalat, Vincenzi, Ferrero, Barilla e Granarolo, tutte realizzate tramite queste due società estere fittizie. Alle vendite si accompagnavano fatture per operazioni inesistenti oltre a finte bolle di accompagnamento e trasporto, per un totale di oltre 92 milioni di euro.

Le Fiamme gialle hanno dimostrato che gli indagati, grazie a raggiri contabili e documentali, acquistavano i prodotti alimentari facendo finta che fossero destinati all’estero, con due vantaggi: in primis il prezzo notevolmente inferiore che le società italiane praticano alle società straniere rispetto agli acquirenti italiani, in secondo luogo la possibilità di aggirare il pagamento di tasse e Iva. E’ stato accertato che la merce non usciva mai dall’Italia: la società cesenate provvedeva a consegnarla infatti ad imprese di distribuzione operanti sul territorio italiano che poi, a loro volta, le cedevano ai commercianti al dettaglio.


GdfLa documentazione necessaria a perfezionare gli acquisti veniva inviata via fax dagli uffici della società cesenate, ma il fax era ‘truccato’ in modo che non si fosse potesse risalire dove si trovava. Anche per pagare veniva utilizzato un conto corrente tedesco, intestato ad una società di Brema, su cui – tuttavia – il denaro veniva girato on line dai conti correnti della società cesenate, una volta che questa aveva ricevuto i pagamenti dagli effettivi acquirenti (italiani) della merce.
Ricevuto il denaro, i fornitori avvisavano la ditta tedesca che avrebbe potuto inviare il corriere a caricare la merce. A sua volta l’imprenditore cesenate contattava con le proprie utenze telefoniche italiane il corriere di volta in volta incaricato, cui forniva le istruzioni per non farsi scoprire: sia quando prelevava la merce (per evitare che emergesse il nome della società cesenate con i fornitori), sia quando la consegnava, stando attenti a rilasciare solo le fatture emesse dalla società di Cesena.

Questo appunto, che si trovava su un documento di trasporto ed è stato sequestrato dagli investigatori, la dice lunga: “L’autista deve dire che deve caricare per conto della ditta tedesca. Se lo chiedono, la merce ha destinazione Olanda. L’autista non deve per nessun motivo mostrare il presente fax al personale, non deve mai menzionare la società di Cesena, non deve menzionare altra destinazione al di fuori di Rotterdam, si prega di seguire scrupolosamente le nostre istruzioni e di contattarci qualora ci fossero dei problemi al momento del carico”.
Se qualcosa andava male, ad esempio qualche fornitore aveva dei dubbi, entrava in scena la mamma dell’imprenditore cesenate che, essendo di madre lingua tedesca, riusciva a parlare coi fornitori, fugando i dubbi. In alternativa, le dipendenti della società di Cesena inviavano fax scritti in tedesco e poi si firmavano con nomi di fantasia. La vicenda giudiziaria è arrivata a Forlì nel marzo di quest’anno, dopo che il Tribunale di Napoli si è dichiarato territorialmente incompetente. Il gip di Forlì, su proposta della Procura, ha accordato un decreto di sequestro preventivo per equivalente delle somme sottratte alle tasse. Al termine delle operazioni di polizia giudiziaria di questa mattina, eseguite dalla Guardia di Finanza di Cesena e di altri 18 reparti del territorio nazionale, saranno sottoposti a sequestro 15 autoveicoli, 11 immobili e otto terreni e conti correnti personali e societari fino al raggiungimento della somma di oltre 23 milioni di euro.

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