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Il Sudafrica vuole abbandonare la corte di L’Aia

Dopo il Burundi, ora anche Johannesburg valuta di avviare la procedura di uscita dalla Corte penale internazionale

Pubblicato:23-10-2016 15:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:12

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ROMA – Dopo il Burundi, ora anche Johannesburg valuta di avviare la procedura di uscita dalla Corte penale internazionale (Cpi), con sede nella cittadina olandese di L’Aia.

Il governo ha spiegato – secondo quanto riferisce l’emittente araba ‘Al-Jazeera’ – che i suoi obblighi sono incompatibili con la legge sudafricana, che riconosce l’immunità per i propri politici.


Pertanto il ministro della Giustizia Michael Muasutha ha annunciato che sarà presentato al vaglio del parlamento una legge con cui stabilire l’uscita dall’organizzazione di giustizia, rompendo quindi la sua adesione agli Accordi di Roma, che ne sanciscono l’istituzione.

Negli ultimi tempi molte proteste sono giunte da diversi stati africani, che si sentirebbero “presi di mira” dalla Cpi molto più di tanti altri paesi. Questo comportamento ‘discriminatorio’ mirerebbe a destabilizzare determinati governi. La frizione tra il Sudafrica e la Corte risale allo scorso anno, quando varie critiche vennero mosse dalla società civile contro il governo di Johannesburg per non aver arrestato il Presidente sudanese Omar Al-Bashir, accusato dalla Corte dell’Aia di crimini contro l’umanità. Da allora, i politici stanno valutando tale ipotesi.

La scorsa settimana già il Burundi ha avviato la procedura di uscita. Anche in questo caso si tratta di un gesto di protesta seguito alla decisione di aprire un’inchiesta contro il governo di Pierre Nkurunziza, accusato di orribili crimini contro i civili a partire dal 2015. Quello di Bujumbura è il primo governo al mondo a intraprendere questa strada.

La procedura da adottare prevede due step: prima il Parlamento è chiamato a discutere e quindi approvare la legge che sancisce la volontà dello stato di uscire dalla Corte, poi si notifica tale decisione al Segretario generale delle Nazioni Unite che formalizza il ‘divorzio’ dopo un anno. Tuttavia, tale provvedimento non interrompe le inchieste già in corso intraprese dalla Cpi.

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