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La piadina? E’ solo quella romagnola, lo ha deciso Corte giustizia Ue

Per i giudici europei c'è "un legame tra la reputazione del prodotto, anche industriale, e la sua origine geografica"

Pubblicato:23-04-2018 15:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:48

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ROMA – Si può chiamare piadina, industriale o artigianale che sia, solo quella prodotta in Romagna. Lo ha deciso una sentenza della Corte di Giustizia Ue del Lussemburgo respingendo il ricorso della Crm, un’azienda italiana di produzione di prodotti da forno (tra cui piadine) che si trova a Modena, quindi al di fuori dell’area indicata dal disciplinare della ‘Piadina Romagnola/Piada Romagnola‘ a tutela Igp europea.

PRODOTTO LEGATO A LUOGO, ANCHE PER FATTORI UMANI

Il Tribunale conferma, in accordo con quanto deciso dalla Commissione Ue, “un legame tra la reputazione del prodotto, anche industriale, e la sua origine geografica” e “sottolinea, a questo proposito, che tale legame esiste in ragione di fattori umani“.

TECNICHE TRASMESSE DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE

Infatti, “grazie alle tecniche di fabbricazione della piadina, trasmesse in Romagna di generazione in generazione, inizialmente per il consumo immediato e poi per la consumazione differita, e grazie agli eventi socio-culturali organizzati dalla popolazione romagnola, il consumatore associa l’immagine della piadina romagnola, a prescindere dalle modalità artigianali o industriali di realizzazione, al territorio della Romagna“.


La Corte Ue osserva poi che “non è stato violato, nella specie, il fondamentale diritto di difesa della società ricorrente, la quale ha potuto fare valere le proprie ragioni sia davanti ai giudici nazionali sia davanti al giudice dell’Unione”.

IL RICORSO DI CRM, CHE PRODUCE PIADINA MA E’ DI MODENA

Ma ecco la vicenda. La Crm, che produce vari prodotti da forno tra cui varie tipologie di piadine romagnole, aveva chiesto l’annullamento del regolamento Ue (n. 1174/2014) che prevedeva la creazione di una nuova denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette, e cioè quella della ‘Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP)’.

La Crm temeva che riservare l’uso della denominazione ‘romagnola’ alle piadine/piade prodotte nell’area geografica protetta rendesse impossibile l’esercizio della propria attività economica ordinaria, in quanto il proprio stabilimento di produzione si trova al di fuori di questa area.

LA RICHIESTA DI ‘REGISTRARE’ LA PIADINA RISALE AL 2011

La domanda di registrazione della ‘Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP)’ è stata proposta alle autorità italiane, nel 2011, da un consorzio per la promozione di tale prodotto (proposta di registrazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana del 28 gennaio 2012). Tale pubblicazione ha dato luogo a numerose opposizioni da parte di organizzazioni rappresentative dei produttori artigianali di piadine vendute in chioschi, che hanno contestato l’equiparazione, ai fini della IGP considerata, delle piadine prodotte industrialmente alle piadine di fabbricazione artigianale vendute in chioschi.

Ciononostante, le autorità italiane, l’11 dicembre 2012, hanno depositato presso la Commissione la dichiarazione di registrazione della IGP in questione, unitamente al disciplinare di produzione.

Nel 2013, la Crm ha impugnato davanti al Tar Lazio gli atti della fase nazionale della procedura di registrazione. Con sentenza del 15 maggio 2014, il Tar accoglieva il ricorso, imponendo alle autorità italiane di riformulare detto disciplinare.

TAR LAZIO AVEVA ‘BOCCIATO’ LA PIADINA INDUSTRIALE

Secondo il Tar, infatti, la reputazione meritevole di tutela poteva essere riconosciuta unicamente alla produzione artigianale, ad esclusione di qualsivoglia realizzazione industriale della piadina romagnola. Conformemente al diritto italiano, tale sentenza di primo grado era immediatamente esecutiva.

Qualche giorno dopo questa sentenza, la Commissione pubblicava la domanda di registrazione della IGP, indicando che tale pubblicazione conferiva il diritto di opposizione alla domanda medesima. La Crm Srl informava quindi la Commissione della sentenza del Tar e, sulla base di questa, chiedeva alla Commissione di annullare la pubblicazione della domanda così come effettuata.

COMMISSIONE UE ERA ANDATA AVANTI UGUALMENTE

Ciononostante, la Commissione adottava il regolamento impugnato, dal quale deriva, come conseguenza, che la Crm srl non è più autorizzata a utilizzare la denominazione ‘piadine romagnole’ per i suoi prodotti fabbricati a Modena, in quanto questa città si trova al di fuori dell’area geografica protetta.

E SENTENZA TAR ANNULLATA DA CONSIGLIO DI STATO

Con sentenza del 13 maggio 2015, il Consiglio di Stato, adito in appello, ha annullato la sentenza del Tar Lazio. Nel frattempo, però, la Crm Srl ha proposto il ricorso di cui trattasi al Tribunale Ue. Con la sentenza odierna, la Corte Ue respinge il ricorso della Crm, pur muovendo alla Commissione una serie di rimproveri. Il Tribunale rileva, innanzitutto, che la Commissione non ha commesso errori di diritto ritenendo che sussista un legame tra la reputazione del prodotto, anche industriale, e la sua origine geografica. Il Tribunale sottolinea, a questo proposito, che tale legame esiste in ragione di fattori umani e alle tecniche di fabbricazione della piadina, trasmesse in Romagna di generazione in generazione. 

La Corte Ue ritiene, invece, che la Commissione, non avendo tenuto in considerazione l’avvenuto annullamento del disciplinare di produzione da parte del Tar Lazio, abbia svolto un’istruttoria incompleta e violato il principio di buona amministrazione. Tuttavia, poiché la sentenza del Tar Lazio è stata annullata dal Consiglio di Stato, i suddetti profili di illegittimità restano, per così dire, “virtuali”, sicché il Tribunale conclude che essi non possono condurre all’annullamento della decisione della Commissione. 

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