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All’Umberto I di Roma Emergenza codice rosa contro la violenza sulle donne

E' un percorso all'interno del Pronto soccorso dedicato alle donne vittime di violenza: operativo dal 2008 ha accolto, negli ultimi 4 anni, 348 donne.

Pubblicato:23-03-2017 18:46
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:02

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ROMA  – Si chiama Ecr, Emergenza codice rosa, ed è un percorso all’interno del Pronto soccorso del Policlinico Umberto I di Roma dedicato alle donne vittime di violenza: operativo dal 2008 ha accolto, negli ultimi 4 anni, 348 donne. Un numero che, come ha ricordato Domenico Alessio, direttore generale del Policlinico Umberto I, rappresenta le donne che hanno avuto il coraggio di chiedere aiuto per uscire da una situazione violenta, anche se forse un numero maggiore di loro si nasconde nel silenzio. L’occasione per discutere di di questo e di molto altro, è stato il convegno presso l’aula magna di Odontoiatria del Policlinico Umberto I, dal titolo ‘Violenza contro le donne: Il codice rosa buona pratica di integrazione socio sanitaria’, organizzato dall’associazione Differenza Donna guidata dalla presidente Elisa Ercoli.


“Questo convegno organizzato insieme al Policlinico Umberto I- ha spiegato all’agenzia DIRE- nasce per confrontare le nostre esperienze sul ‘percorso emergenza codice rosa’, cioè l’accoglienza presso il pronto soccorso di donne vittima di violenza, all’interno di una metodologia integrata tra gli operatori medico sanitari e le operatrici dei centri antiviolenza di Differenza Donna. Per noi un è obiettivo importante questo appuntamento perché ci dà l’opportunità di capire quali sono i passi che abbiamo fatto in avanti e quali sono invece le criticità nell’emersione della violenza contro le donne nel contrasto di questo fenomeno”.

Il convegno si è aperto con i saluti di Alessio, che ha voluto sottolineare come “il Policlinico Umberto I sia sempre stato in prima fila per quanto riguarda l’assistenza alle donne vittime di violenza. È una struttura di riferimento a livello romano, una presenza costante per le donne e le famiglie attraverso interventi dal punto di vista sanitario con percorsi preferenziali e riservati. Una cura anche dal punto di vista psicologico- ha concluso Alessio- perché non ci dobbiamo dimenticare che la violenza non è solo fisica, ma può anche essere psicologica e creare ulteriori danni”.


L’Ecr è stato sperimentato per la prima volta dall’azienda sanitaria del Policlinico Umberto I, diventando una prassi soltanto nel 2010 grazie al Progetto Strega (Strumenti efficaci di genere antiviolenza), realizzato da Differenza Donna con i finanziamenti del Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Una buona pratica su cui la Regione Lazio lavora da tempo come ha ricordato Cecilia D’Elia, responsabile della cabina di regia contro la violenza sulle donne: “Stiamo lavorando per potenziare la capacità di accoglienza dei pronto soccorsi, sappiamo che è un luogo strategico. Al pronto soccorso si rivolgono anche donne che non hanno ancora maturato una richiesta di fuoriuscita dalla violenza- ha spiegato- che è una cosa difficile: vanno rispettati il loro tempo e la loro elaborazione. Però dobbiamo offrire una possibilità, quindi una capacità di ascolto, di riconoscere la violenza e di costruire una rete che poi, una volta fuori dall’ospedale, riesca ad accogliere queste donne. Ci sono realtà molto diverse, grandi ospedali romani che hanno delle buone esperienze e ospedali più piccoli delle province: noi stiamo lavorando perché questa eterogeneità non significhi una diversa presa in carico delle donne nel territorio regionale. Utilizzeremo i nuovi fondi del piano nazionale- ha concluso- per lavorare su questo”.


La capacità di intercettare situazioni di violenza domestica non dichiarate ha permesso una massiccia emersione del fenomeno.

Le donne che hanno scelto di proseguire nel percorso presso gli spazi Codice Rosa sono state 297, di età compresa fra i 22 e i 65 anni, prevalentemente italiane e solo nel 17% dei casi straniere. C’è ancora molto su cui lavorare, ma per riuscire a raggiungere tutti gli obiettivi ci vuole una collaborazione da parte di tutti gli enti impegnati, come ha sottolineato l’assessore alle Politiche sociali della Regione Lazio, Rita Visini: “In questi 4 anni abbiamo lavorato tantissimo per integrare la rete antiviolenza. Per fare un esempio: in due province non avevamo alcun servizio di accoglienza per le donne vittime di violenza. Abbiamo implementato questa rete e oggi in ogni provincia della regione abbiamo sportelli, centri e case rifugio. Ad oggi- ha aggiunto Visini- noi abbiamo un bando aperto per 11 nuove strutture, 8 centri e 3 case rifugio, assumendoci anche l’onere e la responsabilità di alcuni centri dell’ex provincia di Roma che rischiavano di chiudere. L’impegno è quello di impostare le politiche di contrasto alla violenza di genere come politiche integrate, intese come una risposta integrata ai bisogni che sono diversi per ogni vittima. Significa lavorare insieme non più a compartimenti stagni, ma mettere insieme le politiche sanitarie, sociali, per la casa e per il lavoro, per la formazione. Ma anche cercare di dare un’unica risposta ai tanti bisogni di una donna che vive questo dramma. Oggi si presenta il percorso del codice rosa che mi sembra essere una delle buone pratiche presenti in questa regione: credo che sia una pratica che possa diventare standard in tutta la regione- ha concluso Visini- anche perché questo ci garantisce che tutte le donne di questa regione possano avere un servizio uguale in ogni punto del nostro territorio”.


 L’impegno però non deve essere solo delle istituzioni, ma deve essere trasversale e comprendere anche i media che, da questo punto di vista, hanno una grossa responsabilità nel contrastare o veicolare messaggi sbagliati, cliché desueti che fanno parte di quella cultura patriarcale che lega ancora oggi l’Italia al passato. Come ha ricordato Elisa Ercoli “ormai sappiamo tutte e tutti che questo fenomeno ha un’origine culturale e che siamo molto più vicini alla violenza di quello che pensiamo. Servono strumenti integrati e anche sistemici che possano invece scalfire la cultura patriarcale che sottende alla violenza contro le donne”.


Avanti dunque con “azioni diverse, prevenzione, formazione, interventi di accoglienza omogenei in tutto il territorio italiano e unione tra le istituzioni e l’associazionismo per mettere a punto delle buone pratiche”. L’obiettivo, ha continuato Ercoli, “è fare quella differenza, quel salto di qualità che serve perché l’Italia è ancora molto indietro, troppo indietro: abbiamo avuto moltissime norme approvate dal nostro Parlamento che ci garantiscono una teoria normativa, ma nonostante questo abbiamo ancora dei percorsi a ostacoli per le donne che vogliono uscire dalla violenza. Queste leggi in realtà non riusciamo ad applicarle come vorremmo, ma sopratutto non abbiamo una partecipazione omogenea di tutte le istituzioni per un cambiamento culturale indispensabile a modificare le basi culturali delle nostre organizzazioni sociali”.

E qui Ercoli ha preso ad esempio il programma di Raiuno su cui si sono scatenate numerose polemiche. “Ultimamente è stato interrotto un programma sulla Rai che veicolava contenuti che rafforzano questa disparità di potere fra uomini e donne, alla base della violenza contro le donne. Nessun corso di formazione organizzato dal Miur o dal dipartimento Pari Opportunità può contrastare la potenza di un canale mediatico come quello della Rai. Questo significa- ha concluso Ercoli- che non solo le istituzioni tradizionali devono partecipare a questo finanziamento ma, in maniera capillare, lo devono fare tutti, soprattutto i media e ovviamente il web nel suo ruolo di agenzia culturale più pervasiva”.

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