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Bruxelles, Moni Ovadia: “Orrore sgomenta, ma no a follia delle discriminazioni”

Si deve evitare "la retorica" perché "cominciare a dire 'dobbiamo fermarli, cacciarli' sono stupidaggini che mirano a raschiare voti

Pubblicato:23-03-2016 17:14
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:26

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ROMA  – “Siamo tutti sgomenti di fronte alla morte, all’orrore insensato, alla violenza brutale, però bisogna cercare di capire i fenomeni al di là della retorica e della falsa coscienza. L’idea di ergere steccati, muri, di pensare che queste questioni si risolvono con le guerre, con i bombardamenti, con le discriminazioni, è da pazzi furiosi”. Moni Ovadia, attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore e cantante, e soprattutto riferimento culturale, lo dice a margine della presentazione di un emendamento al ddl Concorrenza sui ‘diritti connessi’ degli interpreti e dei musicisti, oggi al Senato.

“Nel mondo ci sono 1,5 miliardi di musulmani, in Europa sono 20 milioni, il 99,9% di loro sono persone pacifiche, con le quali possiamo anche avere differenze di visione, per l’amor di Dio“, dice Moni Ovadia parlando con la DIRE, “con la stragrande maggioranza dei musulmani noi possiamo convivere in pace discutendo, confrontandoci, costruendo percorsi di integrazione”. Però, avverte, “integrazione non è solo ‘ti faccio entrare e ti metto da una parte’“. Di fronte ad atti terribili come quelli di ieri a Bruxelles Moni Ovadia ricorda che “il più grande principio della giustizia è che la responsabilità è individuale, e non si può fare di tutte le erbe un fascio. Io vengo da una famiglia ebraica, io so sulla mia pelle cosa significa, cosa vuol dire criminalizzare un’intera gente. Vogliamo farlo coi musulmani? Ma siamo pazzi furiosi?” .

Allora, in questo quadro terribile, dobbiamo “attivare processi di buon senso e insieme tenere forte la barra del senso della civiltà umana, l’accoglienza dell’altro, il confronto con l’altro- spiega Moni Ovadia- ricordiamocelo, l’accoglienza dell’altro è la casa della vita la guerra è la casa della morte. Non risolveremo le grandi questioni con la guerra” e semmai “le guerre da fare sono altre, la guerra alla povertà, la guerra al privilegio”. Quindi si deve evitare “la retorica” perché “cominciare a dire ‘dobbiamo fermarli, cacciarli’ sono stupidaggini che mirano a raschiare voti, ma noi dobbiamo pensare agli esseri umani, non ai piccoli interessi di bottega”. E allora, conclude Moni Ovadia, “i romani, che erano una potenza imperialista, dicevamo ‘si vis pacem, para bellum’, quella è la logica che ci fa stare in guerra. Vogliamo entrare nell’era che dice ‘si vis pacem, para pacem’?


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