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A sette mesi da Dacca il ricordo del ministro degli Esteri bengalese: “Una doccia fredda”

"Nessuno poteva credere che ragazzi tanto giovani avessero portato a termine un lavoro tanto terribile"

Pubblicato:23-02-2017 17:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

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DACCA –  “Nadia per noi era più bengalese che italiana. Era qui da 30 anni, parlava la nostra lingua perfettamente. È stato un momento molto triste”. Dell’attentato terroristico di luglio scorso a Dacca il ministro degli Affari esteri del Bangladesh, Shahriar Alam, ha “un ricordo personale”: come spiega all’agenzia DIRE si tratta di Nadia Benedetti, managing director di un’azienda di tessuti, anche lei tra le 22 vittime – di cui nove italiane – dei terroristi che assaltarono il ristorante Holey Artisan Bakery, nel quartiere diplomatico della capitale. Il recupero dei cadaveri rivelò anche torture e mutilazioni.

Ad attendere l’arrivo delle famiglie delle vittime, accompagnate dell’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni per il rimpatrio delle salme, anche il ministro Alam: “è stato un evento particolarmente difficile– osserva- Ho trascorso la notte a parlare coi membri del team di funzionari e giornalisti giunti assieme a Gentiloni”.


Poi ricorda ancora: “quando abbiamo visitato l’Holey Artisan Bakery, il ministro Gentiloni ha detto alla stampa: queste morti rendono i nostri paesi ancora più vicini”, a dimostrazione di quanto profondi siano i legami.


“Sfortunatamente- aggiunge- oggi siamo tutti minacciati dal terrorismo, tuttavia immediatamente dopo quella strage la nostra premier, Sheikh Hasina ha adottato delle misure volte prima di tutto a catturare questi terroristi islamisti”. Si è trattato di misure a breve termine, chiarisce il ministro Alam, ricordando che “è stato necessario un gran lavoro di coordinamento tra le agenzie di Intelligence per ottenere le informazioni, ma alla fine siamo riusciti a catturarli tutti”.

Quindi osserva: “il loro arresto per noi è stata una doccia fredda”. Le indagine portarono alla scoperta dei responsabili dell’attentato: erano per lo più ventenni provenienti dalla ricca borghesia, tutti iscritti ad ottime università e probabilmente con una brillante carriera ad attenderli. Ciò non gli impedì di unirsi ad una cellula radicalista locale che però nulla aveva a che fare con il sedicente Stato islamico – come si pensò in un primo momento. “Nessuno poteva credere che ragazzi tanto giovani avessero portato a termine un lavoro tanto terribile. Questo ci ha fatto capire- non esita a spiegare il rappresentante del governo- che c’era molto lavoro da fare sul lungo periodo. Prima di tutto, contro il radicalismo abbiamo coinvolto le comunità rurali: non solo la polizia ma anche le amministrazioni locali e le persone  Una persona che si radicalizza va  deradicalizzata, quindi le va detto qual è il vero spirito dell’islam, che cos’è la pace e l’armonia. Poi abbiamo fornito nuovi libri di testo per le scuole e nuove risorse per i giovani, al fine di evitare che cadano in quella trappola o lo prendano per un passatempo”.
L’approccio adottato è stato quindi a 360 gradi, “anche grazie al supporto fornito dai paesi amici. Siamo stati molto felici di notare che dopo quell’attacco non ne sono seguiti altri. Ma noi da quel Primo luglio  continuiamo a non abbassare la guardia”.

Infine, un grazie speciale a Papa Francesco, che ieri in Vaticano ha accolto i familiari delle vittime dell’attentato, “e per la nomina di un primo cardinale del Bangladesh, omaggio a un Paese che persegue la pace e l’armonia”. Per Alam la nomina di monsignor Patrick D’Rozario nel novembre scorso è importante “perche’ ai cardinali spetta scegliere il futuro Pontefice”, infine “è un riconoscimento per il Bangladesh e per la sua comunità cristiana, la testimonianza che nel Paese prevalgono pace e armonia”.


dalla nostra inviata a Dacca Alessandra Fabbretti

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