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Parla il dg del San Camillo: “Richiesti ginecologi per interruzione di gravidanza, nessuna discriminazione”

Fabrizio D'Alba: "Una procedura finalizzata ai medici che devono andare a lavorare nell'unità operativa della legge 194 è una cosa 'forte', ma allo stesso tempo è anche la forza di questa procedura"

Pubblicato:23-02-2017 13:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:56

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Foto d’archivio

ROMA – “Noi abbiamo fatto un concorso finalizzato all’assunzione di due ginecologi per l’unità operativa di interruzione di gravidanza, pertanto questo presuppone che il candidato potenziale, nel rapportarsi con se stesso rispetto alla decisione se partecipare o meno alla procedura, il tema dell’obiezione di coscienza se lo sia posto a monte, quindi evidentemente risolvendolo. Naturalmente nessun bando di concorso avrebbe potuto prevedere una clausola espressa esclusiva tendente ad escludere i medici obiettori. Certamente una procedura finalizzata ai medici che devono andare a lavorare nell’unità operativa della legge 194 è una cosa ‘forte’, ma allo stesso tempo è anche la forza di questa procedura”. Lo precisa il direttore generale dell’ospedale San Camillo di Roma, Fabrizio D’Alba, intervistato dall’agenzia DIRE.

Il ministro Lorenzin e la Cei sono contrari a questo concorso e per alcuni la Regione Lazio discriminerebbe addirittura gli obiettori. Lei come replica? “La discriminazione sarebbe stata palese laddove la procedura avesse qualificato quale criterio di ammissione, ovvero di valutazione, l’essere obiettori. Questo non c’è e non ci sono elementi di discriminazione, ma c’è un elemento certo: si tratta di una procedura finalizzata a coprire il bisogno di una certa tipologia di personale. Rispetto a questo bisogna però essere anche consequenziali, cioè rispetto ai bisogni di un’organizzazione è necessario rispondere con soluzioni che vadano a coprire quel bisogno. In questo senso credo ci sia bisogno di guardare a questa procedura con un occhio un po’ più distaccato e valutare ‘come e se’ questa abbia leso qualche diritto. A mio avviso assolutamente no”.

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Quindi, aggiunge D’Alba, “c’è timore sul fatto che questi medici poi prospetticamente non abbiano la possibilità di fare obiezione, ma non c’è scritto da nessuna parte, nel loro contratto individuale non ci sarà nessuna clausola che glielo inibisce. Certamente sorgerà un problema: queste persone, come succede nella pubblica amministrazione in tutti gli ambiti, sono stati assunti per fare delle cose e se nel tempo ci saranno condizioni ostative che non li metteranno più nelle condizioni di farle, l’azienda, come in altri casi, si dovrà porre la domanda su come utilmente utilizzare queste persone, eventualmente attivando tutti gli istituti del caso. Ma io credo che la scelta di questo tipo di procedura dovrebbe scongiurare il fatto che nel futuro nascano queste fattispecie, perché oggi chi ha partecipato e chi ha vinto lo ha fatto scientemente valutando quello che doveva andare a fare, ponendosi le questioni professionali e di coscienza all’inizio, nel momento in cui ha fatto la domanda di partecipazione al concorso”.


di Carlotta Di Santo, giornalista professionista

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