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Dieci anni senza Enzo Biagi, Bologna lo ricorda: “Libero e scomodo”

Nella sala del Consiglio di Palazzo d'Accursio, oltre al sindaco Merola e alla vicesindaco Marilena Pillati, era presente una delle figlie di Biagi, Bice, insieme a Giandomenico Crapis, curatore del volume "Enzo Biagi"

Pubblicato:23-01-2018 08:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:23

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BOLOGNA – “Un uomo e un professionista che ha vissuto e ha lavorato bene perché ha tenuto sempre la rotta grazie alla bussola di un suo valore profondo: il rispetto di sé e degli altri“. Il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ricorda così il giornalista Enzo Biagi a dieci anni dalla scomparsa: la cerimonia, originariamente organizzata per lo scorso novembre e rinviata per neve, si è tenuta ieri in Comune.

Nella sala del Consiglio, oltre a Merola e alla vicesindaco Marilena Pillati, era presenti una delle figlie di Biagi, Bice, insieme a Giandomenico Crapis, curatore del volume “Enzo Biagi. Lezioni di televisione”.

Assenti, in un’aula non particolarmente affollata, le rappresentanze di centrodestra a Palazzo D’Accursio: tra i banchi si sono visti solo i consiglieri di Pd, Coalizione civica e M5s.


Biagi “è stato protagonista di un giornalismo sincero- sottolinea Merola- perché libero e coraggioso, sempre ispirato dai fatti“: e dunque è stato “anche scomodo, mai supino, in gioventù come nella maturità”.

Se è vero che “è la qualità dell’informazione a determinare anche la qualità di una democrazia, allora- afferma Crapis- è certo che l’apporto di Biagi alla crescita democratica del nostro paese è stato certamente rilevante. E il vuoto da lui lasciato nel giornalismo italiano ci sembra che ancora oggi non sia stato, ahimè, ancora riempito”.

 

Biagi, intorno all’età di sette o otto anni, “arrivò in questa città da un piccolo villaggio dell’Appennino che si chiama Pianaccio. Qui- ricorda la figlia Bice- andò a scuola, imparò a tifare il Bologna calcio andando allo stadio con suo padre, qui si fidanzò e fece i primi passi nel mondo del giornalismo”.

E poi: “Questa è la città in cui entrò nell’aprile del 1945- continua Bice- con l’esercito di Liberazione. Era qui, dalla radio della V Armata, quando annunciò che la guerra era finita”.

Una frase che ripeteva spesso era “mi piace tanto l’umanità della mia gente”, ricorda Bice, aggiungendo anche che Biagi “ci parlava della grande tradizione dell’Università di questa città. Era molto orgoglioso dell’Ateneo che, tra l’altro, gli ha dato la prima delle tre lauree honoris causa”. E oggi, a dieci anni dalla morte, resta “il ricordo di un padre che a me e alle mie sorelle ha dato tanto e ci ha insegnato certi valori, certi principi, certe idee. Oggi è una giornata bellissima, perché c’è il ricordo di quella che è stata la sua città, Bologna, quindi un ricordo veramente molto, molto gradito”.

Cosa penserebbe Biagi dell’Italia e della politica di oggi? “Credo che una certa Italia non gli piacerebbe. Certi politici che non gli piacevano- risponde Bice- continuerebbero a non piacergli e altri che gli piacevano, invece, continuerebbero a piacergli”. Sulla scena, intanto, sono apparsi nuovi esponenti politici. “E’ difficile dire quello che penserebbe dei nuovi politici”, conclude Bice: “Credo che rimarrebbe legato alle sue idee”.

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