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Caso Lambert, Mina Welby: “Vogliono tenere vivo un corpo”

La Corte d’appello di Parigi, interpellata dai genitori dell’infermiere francese, ha ordinato di riprendere le procedure di alimentazione e idratazione per mantenerlo in vita

Pubblicato:22-05-2019 08:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:29
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ROMA- Caso Vincent Lambert: la Corte d’appello di Parigi, interpellata dai genitori dell’infermiere francese, ha ordinato di riprendere le procedure di alimentazione e idratazione per mantenerlo in vita fino a quando sul caso non si sarà pronunciato il comitato dell’Onu.

“E’ un caso molto difficile. Il caso di Piergiorgio era molto diverso, perché tutta la famiglia era d’accordo, lui con la sua voce fino all’ultimo aveva chiesto di sospendere la ventilazione artificiale e quando è successo lui è morto felice. Il caso di Lambert invece somiglia a quello di Eluana Englaro. Però nel caso di Englaro tutta la famiglia era d’accordo con la sua volontà. Nel caso di Lambert invece i genitori sono contrari, vogliono ancora il corpo vivo“. Così Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, è intervenuta ai microfoni de ‘L’Italia s’è desta’ condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

“In queste condizioni possiamo dire che è vivo soltanto un organismo. Tuttavia- prosegue Mina Welby- capisco le ragioni dei genitori di Lambert, perché vedono i suoi gesti, gli sguardi, che però potrebbero essere riflessi neurologici che si rispecchiano sul viso, ma non sono sentimenti che lui esprime. Questa non può essere una certezza, anche perché gli stati vegetativi sono ancora sotto ricerca. Uno avrebbe sempre la voglia di far stare meglio la persona cara, ma con Piergiorgio sapevamo che non c’era più speranza. Provava dolori pazzeschi per la ventilazione che gli pompava dentro l’aria. Credo che ci saranno sempre dei casi molto difficili“.


“Adesso noi abbiamo una buona legge sulle disposizioni anticipate sui trattamenti e anche il consenso informato, dove il medico sa che cosa vuole il malato, che cosa accetto e cosa non accetta. Sarebbe utile che i medici di famiglia, che conoscono il malato, gli indichino di fare le disposizione anticipate sui trattamenti con il loro fiduciario. In questo modo si ha un documento scritto, che vale quando una persona non è più in grado di parlare”, ha concluso il co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

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