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Ricerca. Giannini: “Serve l’impegno pubblico ma anche privato”

Il ministro dell'Istruzione: "Il piano nazionale per la ricerca può contare su 12 miliardi di euro per il prossimi 7 anni"

Pubblicato:22-02-2016 14:08
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:01

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stefania giannini

ROMA – “Se vogliamo una società migliore, non abbiamo alternative se non capire che l’investimento nella ricerca non è soltanto compito del settore pubblico, ma va condiviso”.

A dirlo è Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, intervenuta oggi agli Stati generali dell’industria, in corso alla facoltà di Economia di Roma Tre. “Bisogna fare una doverosa riflessione su quanto e come rifinanziare il sistema della ricerca”, ha aggiunto il ministro che ha ricordato come sul lato pubblico “l’obiettivo italiano nella strategia Europa 2020 era di un investimento pubblico dell’1,53 sul Pil. Siamo all’1,26, che è già un delta minimo in più rispetto al 2010, quando eravamo all’1,21, ma che è ancora lontano rispetto ai 4,5 miliardi per raggiungere l’obiettivo”.


Tuttavia, ha tenuto a dire il ministro rivolgendosi agli imprenditori presenti, “non posso tacere che il settore privato in Italia non è più ambizioso nell’investimento e nelle azioni di stimolo alla ricerca valorizzata in campo industriale. Abbiamo molto meno dell’1% delle imprese che investono in ricerca, contro l’1,96 della Germania. L’obiettivo- ha detto- deve essere quello di una crescita inclusiva che si raggiunge se riusciamo a mettere insieme forze e politiche sulle ricerca e mondo dell’industria e della produzione. Dobbiamo stimolare il collegamento tra libri e cantiere. Se non ci sarà personale qualificato, le vostre aziende resteranno dove sono”.

“Lo strumento immediato, più importante che il Governo ha per le mani è il piano nazionale per la ricerca, che tra i 2,5 miliardi di fondi nazionali e i
fondi europei può contare su 12 miliardi di euro per il prossimi 7 anni” ha affermato Giannini. Questi fondi, ha specificato, “saranno in gran parte dedicati al capitale umano, ma anche al rapporto tra pubblico e privato, perché si tratta di una convenienza comune: investire nella possibilità di innovare il sistema. Altrimenti sarà molto difficile recuperare competitività”.

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