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“Così abbiamo salvato i bambini”, parla il pompiere che è entrato nella sala biliardo dell’hotel Rigopiano

Fabrizio Cataudella è stato tra i primi ad arrivare all'albergo: "Siamo partiti all’una da Teramo e siamo arrivati all’hotel verso le nove di mattina"

Pubblicato:22-01-2017 13:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:49

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ROMA – Lui è Fabrizio Cataudella, vive a Latina, è un Vigile del Fuoco e fa parte della squadra specializzata Usar (Urban Search And Rescue) e nello specifico nella componente cinofili. Era all’hotel Rigopiano, tra le persone che hanno estratto i primi due superstiti, la madre e il figlio, ed era nel team che è riuscito ad entrare nella sala da biliardo per raggiungere gli altri tre bambini e portarli in salvo.

Ma non chiamatelo eroe, angelo, superuomo: “In queste cose non c’è il merito di un singolo: è stato un lavoro di squadra con il nostro team e con gli altri enti impegnati. Sembra una cosa eclatante, ma per noi è lavoro di routine”.


Fabrizio era a Rigopiano, “in mezzo alle macerie dell’albergo”, anche quando lo abbiamo raggiunto telefonicamente e, in una breve pausa dall’estenuante lavoro che va avanti da mercoledì notte, ha risposto a qualche nostra domanda.

Lei è stato tra i primi, con la sua squadra, ad arrivare all’hotel di Rigopiano.

Sì, eravamo in uno dei veicoli che aspettavano la turbina per farsi strada nella notte. Siamo partiti all’una da Teramo e siamo arrivati all’hotel verso le nove di mattina, perché dovevamo aspettare la tempistica della turbina che era di 20 metri al minuto.

Era lì anche quando sono state trovate le prime tracce di vita sotto le macerie e la neve?

Sì, il giorno successivo abbiamo estratto fuori mamma e figlio con tutto il team. Poi, io e i miei colleghi siamo entrati nella stanza e siamo riusciti a raggiungere i tre bambini che abbiamo tirato fuori vivi dalla sala biliardo.

Quindi lei, con i colleghi, è riuscito ad introdursi nella sala biliardo?

Io fisicamente li ho presi in braccio e li ho passati ai colleghi che mano mano li hanno poi portati fuori. Però, ripeto, sia per ciò che riguarda l’identificazione, la penetrazione eccetera è stato tutto un lavoro in sinergia con la squadra.

Quale è stata la reazione dei bambini quando vi hanno visto?

I bambini si erano già tranquillizzati perché comunque eravamo riusciti ad avere un contatto vocale. Quindi li avevamo già rassicurati che stavamo per raggiungerli e noi avevamo capito che stavano bene. Poi ci hanno chiesto se era giorno o notte, ci hanno detto che avevano fame e sete perché, giustamente, sono stati due giorni in un posto buio senza mangiare e bere.

Mentre i suoi colleghi mantenevano il contatto vocale, come avete proceduto per arrivare fino ai piccoli?

Noi lavoravamo da una parte, i colleghi invece dall’altra avevano fatto un foro di ispezione dal quale sono riusciti ad introdurre una telecamera che serve, appunto, per ispezionare i locali angusti. Quando i bambini hanno visto la telecamera sono esplosi di gioia. Poi noi, dall’altra parte, avevamo continuato a fare la penetrazione, quando siamo riusciti a rompere il muro, i bambini piangevano sotto e noi piangevamo da sopra. Poi siamo andati giù, li abbiamo fatti bere e mangiare e, una volta tirati fuori, sono stati dati in consegna al presidio medico.

Un vero e proprio miracolo.

Sembra una cosa eclatante perché lo scenario non prevedeva questa possibilità, però è un lavoro di routine che abbiamo fatto anche ad Amatrice e nei vari crolli anche a Roma. È il nostro lavoro: cercare di entrare, individuare le eventuali vittime, fargli un primo trattamento sanitario e poi portarli il prima possibile fuori dal luogo. Tutto qua.

Adesso siete ancora a Rigopiano?

Io adesso sono praticamente in mezzo alle macerie dell’albergo, stiamo continuando con gli altri enti a fare il lavoro e stiamo aspettando che ci diano il cambio: rientriamo noi e arrivano altri colleghi al nostro posto.

Quanto dura un turno?

Non sono turni, dipende da quello che c’è da fare. Adesso, siccome il lavoro è abbastanza intenso, le varie squadre si alternano, alcuni fanno la logistica, altri la penetrazione e viceversa. Il lavoro è abbastanza h24.

C’è ancora speranza?

La speranza non c’era nemmeno il primo giorno, poi invece è successo quello che è successo. Per cui finché c’è speranza noi lavoriamo. Ovviamente tempo permettendo, così come le temperature e le avversità della valanga, perché noi siamo proprio sotto al costone che è franato quindi dobbiamo tenere in considerazione la sicurezza degli operatori. Però assolutamente sì, c’è speranza. È come con il terremoto di Amatrice, abbiamo trovato gente dopo 7/10 giorni. Finché c’è speranza noi siamo qua.

Allora non voglio disturbarla ulteriormente, buon lavoro a lei e a tutte le squadre impegnate.

A proposito di questo le voglio chiedere di esaltare, più che altro, il lavoro del team, dei Vigili del Fuoco che hanno lavorato insieme al Soccorso Alpino, Forestale, Protezione Civile e tutti gli enti coinvolti. Per piacere non fate emergere il singolo, ma il lavoro di gruppo. Il nostro team Usar Lazio è composto da 21 persone, di queste io e altri 4 colleghi lavoriamo anche con i cani da maceria. E il tutto è partito proprio da una segnalazione del cane che, il giorno prima, aveva dato indicazione in quella zona. Da lì abbiamo circoscritto l’area e siamo stati fortunati di aver ritrovato le persone vive.

(fonte Latinaquotidiano.it)

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