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Ilva di Taranto, manifesto shock delle associazioni contro l’acciaieria

Un enorme manifesto funebre, affisso su una delle strade del quartiere Tamburi di Taranto.

Pubblicato:21-08-2018 16:28
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:28
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BARI – Un enorme manifesto funebre, affisso su una delle strade del quartiere Tamburi di Taranto. La scritta recita: “Quanti altri bambini devono morire affinché l’Ilva possa raggiungere il pareggio di bilancio?”. In basso, due righe che tuonano come un suggerimento a chi deve decidere del futuro dell’acciaieria e della salute dei tarantini. “No Ilva. Chiusura, bonifiche, reimpiego dei lavoratori, riconversione economica”.

Questa la ricetta che le dieci associazioni tarantine ideatrici della nuova campagna di comunicazione propongono. A sostenerle, però, ci sono anche cittadini di Taranto che non vivono nel quartiere adiacente lo stabilimento siderurgico. “La cosa che più ci ha colpito è l’appoggio ricevuto da tutta la città. E ci fa piacere”, spiega alla Dire Massimo Castellana, portavoce di ‘Genitori tarantini’, una delle associazioni firmatarie.

“Questo nuovo manifesto- continua Castellana- nelle intenzioni delle associazioni firmatarie e dei cittadini che hanno voluto sostenerlo, dovrebbe arrivare come un pugno nello stomaco ai vertici della politica italiana che da troppi anni relegano Taranto e i suoi abitanti a vittime sacrificali per la ricchezza nazionale, seppellendo il territorio ionico sotto un insopportabile numero di ingiustizie, nel più gretto disprezzo dei dettami della Costituzione”.


“Qui, la sublime bellezza del territorio viene sacrificata a favore di industrie altamente inquinanti che minano in modo irreparabile ambiente e salute”, prosegue Massimo Castellana, portavoce di ‘Genitori tarantini’, una delle associazioni firmatarie che continua: “Ci chiediamo quanti altri bambini, quanti altri tarantini devono morire affinché l’Ilva possa raggiungere il pareggio di bilancio?”.

Il prezzo pagato “e che ancora paghiamo è insopportabilmente alto, per malattie, morti, disoccupazione, per non parlare dei giovani costretti a lasciare questa terra. Ci negano un futuro ecosostenibile. Il nostro è un territorio offeso e ferito”, evidenzia Castellana, “Taranto continua a essere trattata come un possedimento dello Stato e non come parte di uno Stato in cui i diritti e la dignità vengono riconosciuti in maniera uguale a tutti i cittadini”.

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