NEWS:

Il paesaggio francese dopo lo tsunami Macron

di Marco Michieli per www.ytali.com Emmanuel Macron non finisce di stupire. In due mesi ha

Pubblicato:21-06-2017 15:22
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:27

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

di Marco Michieli per www.ytali.com

Emmanuel Macron non finisce di stupire. In due mesi ha fatto saltare il sistema politico bipartitico che governava la Francia da quasi quarant’anni. Tanto che un avversario politico come Sarkozy, ne ha sottolineato le doti con le parole sopra riportate.
Un’elezione storica anche per altre ragioni. Grazie alle candidature di En Marche! l’Assemblea Nazionale viene rinnovata per il 75 per cento. Le donne elette sono 223 (il 39 per cento dei deputati): un record storico. L’alleanza tra la République En Marche (LREM) e il Mouvement démocrate (MoDem) ottiene 350 seggi: 308 per il movimento di Emmanuel Macron e 42 per il partito centrista di François Bayrou.

Si tratta di una delle più grandi maggioranze parlamentari della Quinta Repubblica. A Parigi Emmanuel Macron conquista 14 delle 18 circoscrizioni. L’opposizione è divisa in più gruppi. A destra, l’alleanza tra Les Républicains (LR) e i centristi dell’UDI (Unione dei Democratici e degli Indipendenti) ottiene 137 seggi. I socialisti e i loro alleati ottengono 44 deputati, di cui solo 29 sono deputati del Parti Socialiste (PS). La sinistra radicale raggiunge i 27 seggi: 17 La France Insoumise (LFI) di Jean-Luc Melenchon e dieci il Partito Comunista Francese. Il Front National ottiene il migliore risultato della sua storia in termini di presenza all’Assemblea nazionale: otto deputati, non sufficienti tuttavia a formare un gruppo parlamentare (ne servono almeno quindici). Infine, per la prima volta i nazionalisti corsi entrano in parlamento. L’astensione raggiunge livelli molto alti e preoccupanti (57 per cento). Vero è che le elezioni legislative mobilitano meno persone rispetto alle presidenziali: il quaranta per cento nel 2007, il quarantacinque nel 2012.


Si tratta tuttavia di numeri di rilievo e si tratta di capirne le ragioni. Il risultato per certi versi scontato delle ultime settimane ha probabilmente influito, poiché la probabilità di incidere sul risultato elettorale ha diminuito l’interesse per la partecipazione. C’è stata anche una sequenza elettorale molto lunga. In otto mesi i francesi sono stati chiamati molte volte al voto: primarie della destra, primarie della sinistra (entrambe di due turni), i due turni delle presidenziali, i due turni delle legislative.

Per Emmanuel Macron comincia adesso una fase (di governo) difficile ma relativamente tranquilla. Può godersi il recente successo. Almeno lui.

Les Républicains, il partito di Nicolas Sarkozy e François Fillon, rappresenta ormai l’opposizione principale al movimento politico di Emmanuel Macron. Il successo relativo dei Repubblicani non deve trarre tuttavia in inganno. Sotto la guida di François Baroin, ex ministro dell’economia del governo Fillon, LR fallisce l’obiettivo che si era posto: costringere il nuovo presidente a venire a patti, negandogli la maggioranza assoluta. E le divisioni interne cominciano a pesare tra i deputati Macron compatibles e quelli più desiderosi di intraprendere un’opzione dura e radicale. Magari spostando il baricentro del partito più a destra. Per sfidare il Front National.

Se Atene piange, Sparta non ride

I socialisti sono stati brutalmente decimati. Passano da 290 deputati a 29. Si tratta del peggiore risultato di sempre. In molti resteranno fuori dall’Assemblea Nazionale, alcuni già dal primo turno. Fuori il candidato alle presidenziali, Benoît Hamon. Fuori il segretario del partito, Jean-Christophe Cambadélis, che si è dimesso ieri, sconfitto da Mounir Mahjoubi, giovane imprenditore e segretario di stato al digitale. Fuori molti altri nomi storici dell’apparato socialista e dei governi del quinquennato di Hollande.

Il partito si avvia verso una fase nuova, molto difficile, con un abbassamento drastico dei finanziamenti pubblici (dovrebbero perdere circa 17 milioni di euro). Meno personale, meno sedi e probabilmente uno snellimento del partito locale. Qualcuno ipotizza anche la vendita della sede storica in Rue de Solférino, nel settimo arrondissement, quartiere chic di Parigi (pare possano ottenere circa sessanta-settanta milioni di euro dalla vendita).

Molti socialisti si sono tuttavia salvati, perché candidati sotto il simbolo di En Marche!. Altri, troppo scomodi per essere candidati di LREM!, ma compatibili con il programma di Macron, non si sono trovati di fronte candidati del movimento del presidente della repubblica. Una gentile concessione a personalità vicine. Anche a scapito di una certa confusione.

A Parigi, ad esempio, Myriam El Khomri, ex ministro del lavoro e autrice della Loi Travail (il Jobs Act francese), era sostenuta da Macron e ha perso contro un candidato dei Repubblicani… sostenuto dal primo ministro Eduard Philippe (e pertanto ascrivibile alla maggioranza presidenziale). Dei 29 eletti del PS, circa dieci sono stati eletti poiché non avevano di fronte alcuna candidatura di LREM!. Manuel Valls su tutti, eletto col 50,3 per cento dei voti (elezione tuttavia che sarà oggetto di ricorso da parte dell’avversario della France Insoumise).

Il rosa del Partito Socialista è stata sostituita dai colori di LREM!. La contrapposizione tra riformisti e sinistra interna, esplosa drammaticamente durante gli anni della Presidenza Hollande, sembra essersi aggravata. Una ricomposizione sembra oggi molto difficile. Anche se alcuni ci credono ancora. Tre donne per l’esattezza: Anne Hidalgo (sindaco di Parigi), Martine Aubry (Madame 35 ore ed ex segretario del PS) e Christiane Taubira (ex ministro della Giustizia ed esponente della sinistra del partito). Hanno creato un nuovo movimento che forse diventerà corrente. Al momento, il destino del PS sembra quello di essere assorbito a destra da En Marche ! e a sinistra da La France Insoumise di Jean-Luc Melenchon.

Le estreme verso una rifondazione?

Jean-Luc Mélenchon ha contribuito a distruggere il PS, un suo obiettivo nel tempo nemmeno molto celato. Appena eletto deputato di Marsiglia, Mélenchon ha fatto appello alla resistenza contro la maggioranza presidenziale. Con 17 deputati La France Insoumise può formare un gruppo parlamentare, anche senza l’aiuto dei comunisti (dieci deputati): significa posti chiave nelle commissioni e nell’organizzazione dell’Assemblea, più tempo di parola, più collaboratori e facilità materiali. Il suo partito è ormai la quarta forza del paese in termini di voti (circa 800 000 in più del PS ma dodici deputati in meno). Certamente non riesce a trasformare il consenso personale delle presidenziali in un risultato simile alle legislative.

Durante la campagna elettorale Mélenchon sembra essersi più interessato ad attaccare il PS e i suoi dirigenti, che avevano un posto centrale nelle sue filippiche. Come sempre in maniera molto eccessiva, nello stile del leader della France Insoumise. E tra il primo e il secondo turno ha cominciato a tessere la sua tela per i futuri progetti: nei collegi in cui LFI non era al ballottaggio ha invitato a sostenere solo quei candidati socialisti che avevano votato la mozione di censura nei confronti del governo di Manuel Valls. Una sorta di campagna acquisti. Perché La France Insoumise oggi ha bisogno di consolidarsi.

Secondo le indagini degli ultimi mesi, LFI ha infatti avuto un elettorato tra i meno stabili: solo il 66 per cento dei suoi elettori erano molto sicuri della scelta. Poco prima delle elezioni presidenziali, circa il venti per cento dei suoi elettori era ancora indeciso tra Mélenchon e… Macron, nonostante la differenza tra i due progetti politici.

In scienza politica si usa il termine volatilità elettorale per indicare la percentuale di elettori che da un’elezione all’altra ha cambiato voto: una buona parte degli elettori di Mélenchon si sposta da un campo all’altro. Non soltanto tra partiti di sinistra – dal PS a LFI – ma anche verso il centro e la destra. Certo è che è il partito che attira le più alte percentuali tra i disoccupati e i giovani. Un dato che deve spartire con il Front National.

Il partito di Marine Le Pen ha ancora una volta subito i meccanismi di un sistema elettorale che non lo favoriscono. Non potrà nemmeno creare un proprio gruppo parlamentare. Il Nordest, l’ex bacino minerario della Francia, dona cinque deputati su otto al FN.

Molte delle personalità di punta del partito sono state tuttavia sconfitte. Marine Le Pen entra all’Assemblea Nazionale dopo quattro tentativi finiti male: per la prima volta sarà deputato, in rappresentanza di quello che ormai è il suo feudo, Hénin-Beaumont, nel Pas-de-Calais. Florian Philippot e Marion Marechal-Le Pen (che ha deciso di non candidarsi), le due personalità più note del FN dopo l’ex candidata alle presidenziali, non saranno in Parlamento. Una sconfitta pesante per un gruppo dirigente che tuttavia ha portato il FN a un passo dalla conquista della presidenza della repubblica.

Ma non basta. Se incuti paura nelle persone, non puoi sperare di fare il cinquanta per cento dei voti. I cittadini francesi hanno ancora paura del Front National. Quale è il progetto futuro di questo partito? Alcuni pensano che si debba compiere l’ultimo passo: cambiare nome poiché quel nome rinvia a una retorica politica reazionaria e a un’immagine pubblica minacciosa. Dopo averlo fatto politicamente, riuscirà Marine Le Pen a uccidere l’ultima eredità paterna? Di sicuro non sarà semplice. Le divisioni interne non mancano e si sono rivelate durante la campagna elettorale per le legislative, con posizioni diversificate sull’Unione Europea.

In assenza di un “dispositivo” proporzionale, per il Front National e La France Insoumise l’unico modo per sperare di vincere è costruire delle alleanze. Molto difficile, almeno oggi, per Marine Le Pen. Più semplice per Jean-Luc Mélenchon, soprattutto oggi che il PS si trova in una posizione di estrema debolezza.

Emmanuel Macron ora non ha più scuse. Come governerà il paese? Quali politiche farà?
La composizione della maggioranza non assicura da possibili future difficoltà. Uno dei problemi è comprendere come quest’enorme e composita maggioranza si comporterà di fronte al governo di Edouard Philippe. Il risultato ottenuto rende più libero Macron anche da eventuali condizionamenti degli alleati, dato che il suo movimento politico ha la maggioranza assoluta anche senza i centristi di MoDem.
Sarà un’Assemblea Nazionale diversa da quelle che l’hanno preceduta. Sociologicamente diversa. Quasi il settanta per cento degli eletti di LREM! appartiene a classi sociali superiori alla media; il venti per cento appartiene alla classe media; solo il dieci per cento viene da classi popolari. C’è una sovra-rappresentazione dei dirigenti del settore privato, dei professionisti e degli imprenditori. Ed è forse una delle novità maggiori.

Se consideriamo che nel 2012 circa il 55 per cento degli eletti veniva dal settore pubblico ed erano per lo più funzionari, oggi circa il sessanta per cento viene dal settore privato. Un piccolo sisma. Molti sono anche i giovani militanti di EM! eletti dopo un percorso molto attivo nella società civile. Pochi di questi eletti sono stati formati alla grandi scuole dell’élite francese (ENA, l’Ecole normale supérieure, l’École polytechnique), la maggior parte ha una formazione commerciale, molti escono da Sciences Po e hanno seguito un percorso di attività professionale privato.

Certo accanto a questo gruppo di novizi, vi sarà una parte della maggioranza con più esperienza. In primis, gli eletti di Modem, il partito di François Bayrou, attuale ministro della Giustizia. Gli eletti provenienti dal PS sono circa un terzo (contro il quindici per cento provenienti dalla destra e il quaranta per cento senza alcuna collocazione politica precedente). Come sarà gestita questa maggioranza? I gruppi avranno una certa indipendenza? Come si comporteranno i non-professionisti della politica?

Molto dipenderà dai temi. Un assaggio delle difficoltà a gestire slancio innovativo e politica del passato lo si è avuto in questi giorni su un tema chiave della campagna elettorale per le presidenziali: la “moralizzazione” della vita politica. Era una promessa del neo-Presidente della Repubblica ed uno dei primi provvedimenti ad essere presentati: il divieto per i parlamentari di assumere i familiari come assistenti parlamentari. Il progetto di legge, presentato da François Bayrou, sta creando notevoli problemi. C’è un’inchiesta in corso su eventuali irregolarità commesse dal partito di Bayrou nell’assunzione dei propri collaboratori: il Modem avrebbe assunto del personale a carico del parlamento europeo.

Non un buon inizio per un progetto di legge che intende avvicinare i cittadini e la politica. L’altro grande intervento è sulla riforma del diritto del lavoro per realizzare quello che, a suo dire, non è stato possibile fare sotto la presidenza di François Hollande. All’epoca la Loi Travail suscitò notevoli proteste e manifestazioni, pur nella sua versione edulcorata.

Che cosa accadrà? Per molto tempo Emmanuel Macron è stato sottovalutato. Una buona dose di fortuna lo ha certamente aiutato ma ha dimostrato di avere carattere e coraggio. Ecco quella che inizia è una prova per testarne la capacità di resistenza.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it