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Come riconoscere i bimbi plusdotati? Sono curiosi, creativi e sensibili

I consigli di una mamma e di una maestra

Pubblicato:21-06-2017 10:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:26

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ROMA  – Dal gruppo Facebook che ha creato (“Bambini plusdotati: riconoscerli e capirli”), luogo di incontro e confronto per genitori, insegnanti e psicologi, Marzia Gianotti lancia spesso il messaggio che anche Marina di Venosa, da dietro la cattedra, cerca di diffondere tra i docenti: se c’è riconoscimento, informazione e formazione, la plusdotazione potrà essere finalmente vista non più come un problema, ma come una risorsa per l’intera società.

MARZIA GIANOTTI, LA MADRE

“Quando mi venne comunicata la plusdotazione di mio figlio ricordo di essere rimasta senza parole. Mi ero ormai abituata all’idea che fosse particolarmente ‘attivo’, vivace, con la testa fra le nuvole, infantile e spesso inopportuno, come mi era stato riferito. Da quel momento ho iniziato a documentarmi e ad avere più chiara la spiegazione dei suoi atteggiamenti e delle sue reazioni. Ho capito però che almeno all’inizio io e mio marito, da soli, non potevamo farcela. Avevamo bisogno di un supporto, di una figura esperta che ci guidasse e ci desse gli strumenti giusti per vivere serenamente, noi e lui”.


Ma come accorgersi di avere un figlio plusdotato? Per Marzia Gianotti basta osservare attentamente un bambino con alto potenziale cognitivo (Apc) mentre gioca o si relaziona con i suoi coetanei, per rendersi conto che è ‘diverso’. “Diciamo che ha una marcia in più. Essendo estremamente curioso- sottolinea- si pone tanti interrogativi sulla nascita dell’uomo, sull’universo e sul funzionamento delle cose. Ama approfondire le questioni, ha una buona memoria e non sopporta la ripetizione delle cose. Comprende ed esegue molto rapidamente”.

“Il modo di ragionare e’ diverso”

Curiosità, creatività, sensibilità sembrano essere altre caratteristiche che accomunano i bambini ad alto potenziale. “Rispetto ai coetanei- aggiunge Marzia Gianotti- mio figlio ha la fortuna di capire più in fretta e di fronte a qualsiasi tipo di problema si mette immediatamente all’opera senza perdere tempo. Ha un modo di ragionare diverso, non sequenziale, per cui se gli viene chiesto com’è arrivato a quel risultato, può non sapertelo spiegare”.

In ogni caso, la mamma consiglia di rivolgersi a strutture affidabili per procedere a una valutazione sull’alto potenziale.

Le differenze con gli altri bambini

La plusdotazione è una dote che porta con sé anche degli svantaggi, specie nel rapporto con gli altri bambini: “Lorenzo preferisce parlare di batteri, di Dna, piuttosto che di supereroi. Capita che mentre gioca a pallone si ferma a osservare una cavalletta o un lombrico, e viene spesso deriso per il suo comportamento strano. A volte per far ridere e farsi accettare dagli altri si trasforma in un ‘pagliaccio’. Ma allo stesso tempo ha un elevato senso di giustizia, per cui se qualcuno fa qualcosa che lui reputa ingiusta la memorizza e la rammenta ogni volta che si presenta l’occasione”.

Risulta molto difficile, per un genitore, assecondare le continue richieste, dettate da curiosità e dalla pretesa di non fermarsi al primo ‘perché funziona così?’

“Capita che mio figlio mi chieda con naturalezza se prima di andare a scuola può costruire un’astronave, oppure se può fare un esperimento con agrumi per inventare un profumo. E se ti fa una domanda sulla quantità di acqua che contiene una goccia di pioggia e pensi di cavartela con una risposta approssimativa, ti sbagli. Da quella goccia puoi arrivare a sera passando dalla chimica, alla fisica, alla geografia fino a terminare con l’astronomia. È il cosiddetto pensiero ‘arborescente’, ramificato”.

Perfezionista e intransigente, soprattutto con se stesso, ogni giorno Lorenzo si immerge con dedizione nei suoi progetti e nelle sue idee.

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Complicato, invece, il rapporto con la scuola. “In classe ha problemi comportamentali causati dalla noia. La mancanza di stimoli lo porta a disturbare e a non rispettare le regole, rifugiandosi durante le spiegazioni nel mondo della fantasia e dei sogni. La sua difficoltà principale- aggiunge la madre- è l’asincronia tra l’aspetto emotivo-comportamentale e quello cognitivo. Ragiona da adulto ma emotivamente si comporta come un bambino piccolo, risultando molto infantile”.

Per aiutare Lorenzo e gli altri bambini Apc nel loro percorso di crescita, Marzia Gianotti suggerisce: “Servirebbe una normativa per il riconoscimento e il sostegno dei plusdotati. A ciò va aggiunta una efficace politica di formazione dei docenti che coinvolga tutte le scuole d’Italia, non solo al Nord ma anche al Centro-Sud. Molti insegnanti -conclude- non conoscono l’argomento e non sanno come relazionarsi con questi bambini. Continuano ad adottare solamente metodi standard – punendoli con note e trascurando la loro sensibilità – invece di pensare ad un salto di classe o a un piano didattico personalizzato studiato insieme da maestri, genitori e psicologi”.

MARINA DI VENOSA, LA MAESTRA

“Mi sono affacciata al mondo dell’alto potenziale cognitivo da una manciata di anni, ovvero da quando l’Istituto di Ortofonologia (IdO ) è entrato nella nostra scuola e ci ha illustrato questa condizione. Attualmente nella mia classe ci sono 4 bambini plusdotati, e fino a poco tempo fa non avrei mai pensato che lo potessero essere. Quando è arrivata la certificazione mi sono detta: ‘Allora nella mia carriera ne ho avuti tantissimi di bambini Apc”.

Marina Di Venosa insegna all’Istituto comprensivo Alessandro Magno. Fa la maestra da 27 anni e pensa spesso agli alunni plusdotati, ma non riconosciuti come tali, che ha avuto durante la sua carriera. “L’errore più grande che noi insegnanti facciamo- sottolinea- è quello di pensare che il bambino ad alto potenziale è quello che ti fa la verifica in maniera perfetta. La realtà, invece, è diversa: molto spesso fa errori, sbaglia molto, e il 10 che potrebbe ottenere come voto per le sue qualità è molto lontano. Ciò capita soprattutto quando è sotto pressione, oppure se ha dormito male o ha bisticciato con qualcuno. Anche un piccolo elemento esterno lo può condizionare e fare così la differenza”.

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La maestra Di Venosa afferma che non esiste un alunno ad alto potenziale uguale a un altro. Per individuarli, ci si deve basare sull’esperienza e su quelle caratteristiche che li differenziano dal resto della classe: “Quando vedo che un bambino fa un ragionamento estremamente creativo, se trova una soluzione non scontata o magari mi pone delle domande senza fermarsi a quello che sto spiegando, allora è lì che cerco di osservarlo con maggiore attenzione. E lo faccio quando non sa di essere al centro dell’attenzione, per evitare di costringerlo alla difensiva”.

È quello che ha fatto con Daniele, che a 9 anni è riuscito a capire da solo come Leonardo da Vinci e Steve Jobs fossero particolarmente vicini nell’approccio con cui hanno guardato il mondo. “Questi bambini- aggiunge Di Venosa- hanno la capacità di prendere uno stimolo e di ragionarci sopra, di darti una risposta che non è la somma delle considerazioni che uno normalmente può fare, ma ne diventa la moltiplicazione. Mentre parlo è come se loro collegassero i punti delle stelle per fare una costellazione”.

E quindi: come conciliare queste attitudini con le esigenze – e le possibilità – del resto della classe?

“La mia tecnica di sopravvivenza -racconta la maestra- è questa: quando devo proporre qualcosa, la penso come se i destinatari fossero solo i bambini Apc. La organizzo per loro e poi nella richiesta di esercitazione la modulo al ribasso per tutti gli altri. In questo modo sono tutti sottoposti allo stimolo per l’alto potenziale. Io non credo infatti nei programmi personalizzati. È corretto farli quando si temono possibili ricadute sugli altri alunni”.

All’interno del suo istituto, anche per questioni di praticità, è Marina Di Venosa a curare i rapporti con l’Ido per segnalare e monitorare i casi di plusdotazione. Ma ci sono altri suoi colleghi che, grazie alle giornate di formazione, cominciano a dare peso alla questione e ad avere strumenti per affrontarla.

I bambini vanno coinvolti direttamente

“Uno dei segreti- continua Di Venosa- è quello di assecondare le passioni di questi bambini. Se amano le ricerche di tipo scientifico, gli pongo quesiti scientifici, oppure gli chiedo di preparare delle lezioni su alcuni temi, coinvolgendoli direttamente. Ma è sempre un po’ come camminare tra le uova. Da una parte, infatti, si gasano, dall’altra temono il giudizio altrui e si arrabbiano se non riscuotono il plauso che si erano immaginati”.

di Niccolò Gaetani, giornalista professionista

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