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25 aprile: Le polemiche e l’Anpi. Parla lo storico Massimo Storchi

di Claudio Madricardo per www.ytali.com

Pubblicato:21-04-2017 17:39
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:08

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di Claudio Madricardo per www.ytali.com


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Il 25 aprile romano ancora una volta nella bufera per le scelte dell’ANPI che al corteo della capitale ha invitato le associazioni palestinesi. Una scelta difesa dal presidente Carlo Smuraglia che l’ha giustificata con la volontà dell’associazione di aprirsi al confronto senza nessuno escludere.


Ma fortemente criticata da Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica romana, che afferma di non sentirsi più rappresentata dall’associazione dei partigiani, accusata di non riconoscere il contributo degli ebrei e della Brigata Ebraica alla lotta al nazifascismo. E che ha sfilato per l’ultima volta in un corteo unitario nel 2014, quando si registrarono momenti di tensione provocati da manifestanti filo palestinesi.

Di quanto sta accadendo in queste ore, ne abbiamo parlato con Massimo Storchi, storico e direttore del Polo archivistico di Reggio Emilia gestito da Istoreco. Autore di diversi volumi sulle vicende della guerra e della Resistenza, (ultimo suo lavoro nel 2016 “Anche contro donne e bambini. Stragi naziste e fasciste nelle terre dei fratelli Cervi”) Storchi per anni ha condotto una minuziosa ricerca lavorando sui documenti custoditi in varie istituzioni. Contribuendo a restituire quegli elementi che consentono di sottrarre il passato a ogni rischio di negazionismo.

Professor Storchi, che idea si è fatta della vicenda dell’ANPI di Roma?
Temo che questo sia uno di quei tormentoni che avvengono ogni 25 aprile di cui si farebbe volentieri a meno. Non mi stupisce, però mi sembra una cosa molto triste. In generale mi dispiace parlare in maniera critica dell’ANPI verso la quale sento un legame ideale (e sono socio dal 1992). Però, a parte l’occasione della polemica di queste ore, questa mi sembra la conseguenza di una serie di scelte fatte negli ultimi anni che portano poi a queste situazioni contraddittorie.

Si spieghi meglio.
Voglio dire che non è tanto la vicenda di Roma, dove oggettivamente la comunità ebraica (che ha pagato un prezzo altissimo alla lotta contro nazismo e fascismo) è stata sottoposta ad attacchi, quanto la conseguenza delle scelte che ha fatto l’ANPI sul piano generale in questi anni.

Guido Crainz ha recentemente osservato che l’ANPI è nata come associazione di partigiani e che lo scorrere del tempo l’ha trasformata in qualcosa d’altro. Che ne dice?
È un’osservazione che condivido al cento per cento. È quello che appunto le dicevo. Se si fanno nel tempo alcune scelte politiche e associative di un certo tipo, peraltro del tutto legittime, alla fine si arriva a queste situazioni. Quando l’ANPI cambiò lo statuto alcuni anni fa rendendo possibile l’iscrizione all’associazione anche a chi non era stato partigiano, personalmente ero abbastanza favorevole. Devo dire che è stato un errore. Nel senso che l’ANPI avrebbe dovuto mantenere lo stesso statuto e andare orgogliosamente a estinzione, e fondare a lato un’altra associazione, tipo “Amici dell’ANPI” o qualcosa del genere, che avrebbe avuto l’autonomia per fare le sue scelte. Aprendo invece l’associazione, ha inevitabilmente trasformato l’ANPI in qualcos’altro, che è appunto quello che vediamo. L’ANPI “dei partigiani” aveva una sua intrinseca autorevolezza che oggi l’associazione non può più rivendicare.

Ma non le sembra che l’ANPI di Roma, invitando tutti alla manifestazione, compresi i palestinesi, abbia fatto uno sforzo per rendere attuale quella che invece può essere vissuta come una commemorazione?
La Resistenza è stata usata in tutti i settant’anni della vita repubblicana in tutti i modi possibili e immaginabili. Ed è stata perfino tirata in ballo dal terrorismo rosso. La Resistenza è cominciata l’8 settembre ed è finita il 2 maggio del 1945. Punto. Il 25 aprile facciamo memoria di quel fenomento storico. Pensare di “rivitalizzare” la Resistenza inventandoci “nuove” resistenze costituisce un anacronismo storico. Siamo arrivati al punto che l’ANPI è impegnata in una “nuova resistenza” nella lotta contro la mafia. Cosa c’entra la Resistenza con la lotta contro la mafia? Una lotta che è un dovere di uno stato democratico e dei suoi cittadini, stato democratico in tempo di pace. O scegliamo altre parole, oppure tutto diventa resistenza. E se tutto diventa resistenza, nulla è più resistenza. Se chiamiamo i palestinesi, perché non i curdi, perché non chiamiamo i ceceni, i Saharawi, perché non chi si oppone ad Assad, perché non ogni popolo in lotta contro qualcuno? Capisce?

Non la finiamo più. E si mette in secondo piano il fatto che il 25 aprile è il fondamento della nostra democrazia, che non va sterilmente commemorato. Giustamente. Ma se noi non teniamo fermo che la Resistenza è quella cosa lì, che ha liberato tutta l’Europa insieme agli Alleati dal progetto nazista e fascista, mettendo le basi della nostra Europa odierna, finiamo per fare dei corti circuiti che non servono a niente. Oggi come oggi nell’ANPI i partigiani, per motivi biologici, sono ormai il due, tre per cento. Che superiore autorevolezza ha quindi quest’associazione fatta da persone che sono venute dopo? Se si chiamasse Amici dell’ANPI o Amici della Resistenza potrebbe organizzare, scegliere, chiamare tutto quello che vuole nel modo che preferisce. In questa situazione l’ANPI da qualche anno, e in particolare con la vicenda del referendum dello scorso dicembre, si è messa in una situazione molto scomoda, muovendosi a volte, per ricordare proprio Crainz, come “un organismo politico di una sinistra che non c’è più. E, talora di una sinistra sbagliata”.

Cioè lei mi sta dicendo che l’ANPI è oggetto di una strumentalizzazione politica di una certa parte che nulla ha a che fare con i suoi principi ispiratori?
Io le dico che l’ANPI di oggi è diventata qualcosa di diverso dall’ANPI originaria perché non ci sono più i partigiani. Gli attuali dirigenti, che sono certamente persone di valore, non sono più partigiani e vivono questa loro associazione in altro modo. Le faccio un altro esempio, anche se so che scatenerò una polemica e mi dispiace.

Scateni.
All’interno dell’ANPI alcune componenti si definiscono comuniste. Allora io mi chiedo, come si fa a essere antifascisti e comunisti, oggi? Sono anni che suggerisco di passare al termine “antitotalitario”, perché se abbiamo combattuto allora il fascismo, rimpiangiamo poi una dittatura com’è stato il comunismo realizzato?

Ma storicamente i comunisti hanno rappresentato la spina dorsale della lotta al nazifascismo.
Certamente, hanno dato un enorme contributo a costruire la democrazia in Italia. Qualcuno ha detto che l’Italia aveva avuto la fortuna di avere avuto i comunisti senza avere il comunismo. Ma l’Unione Sovietica dal ’46 in poi era una dittatura, e lo era anche prima. Come possiamo quindi essere antifascisti e poi fare riferimento all’ideologia che reggeva e guidava l’Unione Sovietica? Vede? È questa una delle questioni. La Resistenza è finita in Italia il 2 maggio del ’45. Ma dopo il 1989 e il crollo di quel comunismo che ha devastato una parte dell’Europa, la storia è andata avanti e non possiamo far finta di nulla.

Quindi se lei fosse a Roma a quale corteo parteciperebbe?
Senza alcun dubbio a quello della Comunità Ebraica. A Reggio Emilia andrò al corteo unitario, pur sapendo che all’interno dell’ANPI e di altre associazioni si usa strumentalmente anche questa festa per una lotta contro Israele. Che non c’entra nulla, perché la lotta contro Israele è legittima e si può fare, ma non il 25 aprile, non in piazza insultando le bandiere della Brigata Ebraica, non confondendo il popolo ebraico con uno Stato nazionale. Una cosa assolutamente pretestuosa che a Roma purtroppo è accaduta.

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