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Lite tra avvocati della Sacra Rota sul Congresso delle Famiglie a Verona

Ieri l'avvocatessa Michela Nacca aveva stroncato il Congresso mondiale giudicandolo portatore di "un modello sociale chiuso e arretrato"

Pubblicato:21-03-2019 18:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:16
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ROMA – Sul Congresso mondiale delle famiglie è scontro anche tra avvocati della Sacra Rota. “L’avvocata Nacca non si riferiva alla dottrina della Chiesa ma un’idea politica… Da avvocato rotale- spiega Jacques-Yves Pertin, della Sacra Rota in Francia- frequentando molto la giurisprudenza della Chiesa, penso di poter dire che l’avvocata Nacca mischia insieme due cose che sono diverse”. Si accende il dibattito in vista del Congresso mondiale sulle famiglie che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo.

Ieri l’avvocatessa Michela Nacca, interpellata dalla Dire, aveva stroncato il Congresso mondiale giudicandolo portatore di “un modello sociale chiuso e arretrato” da cui i cattolici dovevano stare allla larga. Il collega francese la riprende e ribatte in punta di Concilio: “Primo, sul modello sociale chiuso e arretrato richiamato da Nacca- sottolinea Pertin- in passato, è comprovato, nella società costruita dalla Rivoluzione francese la donna godeva di pochissima libertà sociale. E secondo, la dimensione procreatrice e specialmente la vocazione alla maternità che non si può considerare come una restrizione di libertà per la donna ma piuttosto, per il Magistero della Chiesa, come un regalo da parte del Creatore”.

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Alla donna dagli organizzatori del Congresso mondiale che si terrà a Verona, a parere dell’avvocata della Sacra Rota, Michela Nacca, “verrebbe riconosciuto esclusivamente un ruolo secondario e funzionale, sussidiario ad una tipologia di uomo dominante, sordo e cieco ai diritti essenziali altrui, misogino ed omofobo, dunque maltrattante. L’unico ruolo ammesso per la donna sarebbe quello procreativo”.

Se la ride il collega della Sacra Rota di Francia: “A me sembra che nell’ottica cristiana si possa sempre parlare e dibattere purché riferendosi sempre ai testi magisteriali della Chiesa senza sorpassarli, essendo avvocati rotali”. E da cattolico, testi alla mano, aggiunge: “Il Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, 48,1), proprio nel momento in cui si discuteva della dimensione personalistica del matrimonio ha riaffermato chiaramente la ‘traditio iurium’ ovvero la dimensione procreatrice del matrimonio. Ricordo a proposito che questo diritto non è un diritto alla prole in quanto tale ma un diritto ai soli atti coniugali. Il grande cardinale Pompedda, già decano della Rota Romana diceva che queste due dimensioni – dimensione personalistica e dimensione iuscorporalista – non si devono mai opporre o separare (Adnotationes circa impedimentum impotentiae, 1979, p.7). La stessa giurisprudenza della Rota posteriore al Concilio (mi viene in mente una coram Raad del 14 avril 1975, n. 7), e più tardi il canone 1055 del Codice di diritto canonico in vigore, tengono questi due rovesci di una stessa medaglia”. A questo punto, chiosa Pertin “se per l’avvocata Nacca salvaguardare anche la dimensione procreatrice della donna e lottare per proteggerla è una cosa arretrata, forse non si riferiva alla dottrina della Chiesa quando parlava, ma a un’idea, politica o sociale che sia. Non entro poi su altri aspetti del suo intervento, perché non attengono alla nostra attività ma ad opinioni”.

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