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Mani bioniche come vere, primato della ricerca italiana

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Pubblicato:21-02-2019 18:31
Ultimo aggiornamento:21-02-2019 18:31

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ROMA – Il completo recupero delle sensazioni della mano dopo l’amputazione grazie a un arto bionico capace di comunicare col cervello, di inviare e ricevere impulsi. È oggi possibile grazie ai progressi della ricerca italiana, in particolare da due studi che sono stati presentati all’Accademia dei Lincei di Roma, durante un convegno al quale ha preso parte anche il ministro della Sanità, Giulia Grillo, assieme ai protagonisti delle innovazioni e ai pazienti che hanno partecipato alle sperimentazioni. Il primo, condotto dalla Scuola Superiore di Sant’Anna di Pisa con l’Istituto di Bio Robotica e della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs, Università Cattolica, si serve di una mano bionica di nuova generazione e permette di percepire l’ambiente esterno attraverso un feedback sensoriale e tattile. Il secondo è un lavoro coordinato dagli ingegneri dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, in collaborazione col Centro Protesi Inail, e permette di usare le protesi in maniera più naturale,restituendo la capacità di sentire se si sta perdendo il contatto con un oggetto afferrato e di calibrare la forza di presa delle dita robotiche. Entrambe le ricerche sono state pubblicate sulla rivista “Science Robotics”, a coronamento di dieci anni di esperienza scientifica sulla mano robotica e del primato dell’Italia in questo campo. 

“Nel nostro studio- spiega il professor Silvestro Micera della Scuola Superiore di Sant’Anna – abbiamo dimostrato che la sostituzione sensoriale basata sulla ‘stimolazione intraneurale‘ è in grado di fornire un feedback propriocettivo in tempo reale e in combinazione con un feedback tattile sensoriale. Il cervello riesce facilmente a combinare le informazioni in maniera efficace ed i pazienti riescono ad utilizzarle in tempo reale con ottime prestazioni”.


Con la stimolazione intraneurale il normale flusso di informazioni che giungono dall’esterno viene ripristinato tramite impulsi elettrici inviati da elettrodi inseriti direttamente nei nervi dell’arto superiore amputato; il paziente dopo un apposito training impara progressivamente a tradurre questi impulsi in sensazioni di natura tattile e/o propriocettiva. Questo approccio ha permesso a due soggetti amputati di riguadagnare un’elevata ‘acuità propriocettiva’, con risultati paragonabili a quelli ottenuti in soggetti sani. La simultanea presenza di un feedback propriocettivo e di uno tattile ha consentito ad entrambi gli amputati di discriminare le dimensioni e la forma di quattro oggetti con un importante livello di accuratezza (75,5%).

“Questo importante risultato segue di poco il nostro recente studio pubblicato su Annals of Neurology dove abbiamo dimostrato nei pazienti coinvolti che è possibile utilizzare a lungo termine (molti mesi) questo tipo di tecnologia esplorandone anche la valenza clinica. Inoltre, nei pazienti con dolore da ‘arto fantasma’ (dolore percepito nella mano amputata) la mano robotica sensorizzata ha determinato un sensibile miglioramento della sintomatologia”, spiega il professor Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area Neuroscenze del Gemelli e responsabile clinico degli studi.

“L’obiettivo che ci siamo posti per questa sperimentazione – sottolinea Loredana Zollo, professore associato di Bioingegneria e responsabile ingegneristica del progetto del Campus Bio-medico- è stato quello di sviluppare e rendere fruibile in 36 mesi un sistema protesico che avesse una capacità di controllo sensori-motorio basato sulla comunicazione bidirezionale con il sistema nervoso e la sensibilità tattile, tale da consentire il riapprendimento delle abilità manuali fini e la manipolazione degli oggetti, nonché la possibilità di restituire il senso del tatto al paziente attraverso le interfacce neurali impiantate nei suoi nervi. Il risultato finale ci sembra positivo e schiude nuovi scenari nelle prospettive di impianto di arti bionici, probabilmente anche attraverso nuove tecnologie non invasive, per tanti pazienti del Centro Protesi INAIL come Clara”.

“Per raggiungere gli obiettivi del progetto Sensibilia – precisa Rinaldo Sacchetti, direttore tecnico e ricerca del Centro Protesi INAIL – sono stati approfonditi gli avanzamenti scientifici, tecnologici e clinici sui sistemi protesici per l’arto superiore, concentrandosi sullo sviluppo di soluzioni avanzate di interfacciamento e controllo avanzate per rendere tali sistemi più accessibili e migliorare le prestazioni nelle attività della vita quotidiana. La più importante novità del nuovo studio sta nell’essere riusciti a sviluppare tre sottosistemi paralleli di controllo della mano protesica, di sensorizzazione tattile e di interfacciamento verso il sistema nervoso periferico, consentendo così di ottenere una maggiore destrezza nell’utilizzo della protesi. Dal punto di vista tecnologico, è stata necessaria un’intensa attività di miniaturizzazione dei componenti protesici e di sviluppo di algoritmi in grado di decodificare il segnale elettromiografico espresso dalla giovane donna e di tradurlo in feedback e movimento”.

Questi studi aprono alla realizzazione di arti bionici in grado di dare al paziente informazioni che giungono dal mondo esterno e contemporaneamente di reagire in risposta agli stimoli ricevuti (protesi bidirezionali), e in grado di trasmettere sensazioni più ricche e comparabili a quelle percepite da un arto in carne ed ossa. I risultati ottenuti complessivamente depongono a favore di un futuro utilizzo in ambito clinico delle protesi bidirezionali.

GRILLO: MANO BIONICA GRANDE CONQUISTA DELLA NOSTRA SCIENZA

“La mano bionica è una delle più grandi conquiste della nostra scienza. Dobbiamo essere orgogliosi: la grande ambizione dal punto di vista politico è poter dare questo tipo di protesi a tutti i cittadini che ne hanno bisogno”. Lo ha detto il ministro della Salute, Giulia Grillo, durante la presentazione dei progressi della ricerca sulla mano bionica, che si è svolta oggi all’Accademia dei Lincei a Roma. Il ministro ha aggiunto che per fare ciò “ci saranno dei costi importanti, quindi sarà necessario pianificare e capire come arrivare a questo risultato. Ma il nostro obiettivo deve essere ambizioso”.

CARROZZA: CON MANO BIONICA PAZIENTI RITROVANO ARTO PERDUTO

“Sentire la protesi come parte del proprio corpo, connetterla al sistema nervoso centrale e stabilire quel dialogo di scambio sensoriale, sia di intenzione motoria ma anche di percezione. In altre parole, come dicono i pazienti, ritrovare la mano perduta”. I traguardi della ricerca condotta dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa sulla mano bionica li spiega Maria chiara Carrozza, bioingegnere e già rettore dell’importante istituzione italiana.

La mano bionica perfezionata dal Sant’Anna rappresenta un avanzamento unico al mondo. Per ora i pazienti non la possono utilizzare permanentemente ma per un tempo definito.

“Un limite- spiega Carrozza- che si supera con la ricerca traslazionale, che significa avere sempre più possibilità di impiantare su diversi soggetti, quindi sperimentare clinicamente, migliorare nei materiali e in tutti quegli aspetti tecnologici che sono relativi all’impianto di elettrodi. Per fare questo, l’unico modo è sperimentare, sviluppare, avere risultati e dati da analizzare. Presentarli scientificamente, come abbiamo visto fare oggi, e poi andare avanti. Come abbiamo detto al ministro- conclude Carrozza- noi ci aspettiamo di sperimentare il più possibile queste tecnologie nei nostri centri di ricerca e nei nostri centri clinici”.

MANO BIONICA, MICERA (SANT’ANNA): TROVATO MODO PER PARLARE A SISTEMA NERVOSO

La mano bionica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è capace di restituire non solo sensibilità e tatto ma anche propriocezione, ossia la capacità di avvertire anche al buio o a occhi chiusi la posizione del proprio braccio.

“Un’innovazione- spiega Silvestro Micera, professore di Bioingegneria alla Superiore Sant’Anna di Pisa- resa possibile primo perchè abbiamo potuto collegare in maniera efficace il nervo periferico alla mano esterna, secondo perchè abbiamo scoperto come farlo con algoritmi di traduzione. E’ come parlare io cinese e tu italiano- spiega il professore- serve una traduzione fra la mano artificiale e il sistema nervoso e serve un metodo per inviare le informazioni, quindi in qualche maniera siamo riusciti a ottenere risultati combinando sia una tecnologia innovativa sia un metodo di stimolazione innovativo”.

Fondamentale, in questa sperimentazione, è stata la risposta del cervello umano, che si è dimostrato capace di apprendere il nuovo linguaggio.

“Il cervello umano è una macchina veramente straordinaria- commenta Micera- perché è capace di apprendere e riapprendere in maniera velocissima ed efficace. Quello che noi cerchiamo di fare è di aiutarlo il più possibile dandogli delle informazioni che lui riconosca quasi simili a quelle naturali. Più si fa così più il cervello impara in fretta. E’ certo che senza la capacità plastica del cervello tutto questo non potrebbe accadere”.

Alla presentazione dei risultati della ricerca, oggi all’Accademia dei Lincei, assieme gli scienziati hanno parlato anche molti dei pazienti che hanno partecipato alla sperimentazione.

“Facciamo tutto questo per i pazienti- dichiara il bioingegnere- e sentirli parlare e commuovere, vedere le loro emozioni, e’ il motivo per cui continuiamo a fare questo lavoro con l’idea davvero di aiutarli nella loro vita di tutti i giorni. Dico sempre che loro sono i pionieri, sono loro che rischiano parte della loro vita per aiutare noi e sono loro gli eroi che dobbiamo celebrare”.

Altra nota positiva è il possibile trasferimento di tale tecnologia ad altri campi della medicina. “Quello che noi stiamo già cominciando a fare- dichiara Micera- e’ utilizzare la stessa tecnologia per altre applicazioni, ad esempio per le persone non vedenti, stimolando il nervo ottico. O per persone tetraplegiche che non muovono più la mano per ridare la capacità di manipolazione. Quindi l’idea è: trovata una enabling technology, cioè una tecnologia capace di essere utile, poi si può applicare anche in altri ambiti”.

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